opinioni

La Piave mormora... sfilare il problema dalle mani di politici autoreferenziali e incompetenti per riportare la discussione su altri seri livelli di fattibilità e di gestione

giovedì 23 novembre 2006
di Davide Orsini
La vicenda Piave è il simbolo della fase che sta attraversando la città di Orvieto. L’ennesimo fallimento annunciato e portato a termine con ostinazione e poco realismo. Iniziamo da qui, il realismo. Questo ingrediente fondamentale è scarsamente distribuito all’interno della classe politica locale. Come si poteva pensare che Orvieto avesse le risorse materiali e quelle umane per affrontare un compito tanto arduo? Bisogna essere umili e capire che la nostra piccola realtà non può sostenere uno sforzo come quello del recupero e della rifunzionalizzazione della Piave, neanche in sede progettuale. Il Prof. Barbabella è persona intelligente e seria, ma non si è accorto, se non in grande ritardo, di essersi prestato ad un gioco tutto politico, basato sull’accordo fra l’ex Sindaco Cimicchi e lo SDI. Un patto interno alla maggioranza per tenere tutto in casa e cercare di far diventare Risorse per Orvieto una sorta di “Risorse di consenso per noialtri” con la vecchia tecnica della distribuzione di incarichi, e la spartizione dei “lotti” ai gregari. Così Barbabella, che sognava di diventare l’alter ego del principe e di essere nuovamente lui il timoniere delle sorti orvietane, ha capito di essere una vittima sacrificale, un utile paravento che avrebbe dovuto dare un manto di serietà ad una operazione che aveva quantomeno fini paralleli a quelli ufficiali. Tutto sommato quell'accordo vecchio stile avrebbe anche potuto funzionare con il nuovo Sindaco Mocio, se nel frattempo non fossero cambiate le carte in tavola all’interno dei DS. Spodestata la guardia Cimicchiana nel partito, Capoccia ha iniziato la sua opera di bonifica (una volta si sarebbe chiamata purga). Lo ha fatto scientificamente e applicando il metodo che gli è stato inculcato dai suoi predecessori. Capoccia si è tolto di mezzo l’ombra ingombrante di Cimicchi, contribuendo a segarlo alle elezioni regionali, e ha poi provveduto a marcare una linea netta di discontinuità nei confronti del suo operato. È chiaro che questo ha coinvolto l’attuale Amministrazione. Mocio, preso nella morsa delle scelte fra il rinnovamento e la continuità, avrebbe (demo)cristianamente optato per quest’ultima, ma non ha calcolato l’impatto di due variabili. La prima è il grande ammasso di problemi irrisolti lasciati dall’ex sindaco. Tutti i nodi di una città che viveva al di sopra delle sue possibilità sono venuti al pettine, dolorosamente. Il secondo fattore è la violenta rappresaglia del nuovo segretario DS, che in virtù di una rinvigorita verve di partito ha cominciato a fare la voce grossa, reclamando il diritto di dirigere la cabina di regia con la bilancia dei voti in mano. Qui andrebbe aperta una piccola parentesi politologica, che accennerò soltanto. Con questo indirizzo politico Capoccia e i DS (ma alcuni non se ne sono accorti o lo concepiscono come un processo naturale) hanno stabilito che il voto diretto del Sindaco da parte dei cittadini conta relativamente poco nella gestione della giunta. La volontà degli elettori è passata in secondo piano. I partiti, o meglio le segreterie, decidono l’indirizzo amministrativo del Comune, in virtù della dote di consenso di cui dispongono e lo fanno nell’interesse dei propri associati. Per questo suggerii a Mocio, che di dote ne ha poca, di aprire le finestre e le porte della sua stanza per far circolare aria e per cercare sostegno fra gli orvietani di buona volontà. Non lo ha fatto, e ora fa la parte del topo in trappola, salvo per alcuni scatti di orgoglio come quello del consorzio universitario e la ricerca di alleanze in Provincia. Mi verrebbe da dire che la situazione della Piave non può essere analizzata se non tenendo conto di questo contesto. È chiaro, dunque, come sia poco realistico pensare ad una svolta rapida, seria ed efficiente se gli attori principali di questa partita puntano ad obiettivi incompatibili con il benessere ed il rilancio generale della città. Bene ha fatto Barbabella ad uscire dalle quinte di questo teatrino. Bene per lui, e bene per la città, che ora deve cominciare a pretendere chiarezza. Questa volta condivido i toni dell’opposizione e mi sentirei di partecipare, come cittadino, a tutte le forme di protesta pacifica per manifestare il più assoluto dissenso per come l’amministrazione comunale sta dissipando il patrimonio. Per andare al concreto vorrei proporre una lista di possibili forme di lotta politica. 1) Chiamare la redazione della Gabanelli (Report) e chiedere di fare un’inchiesta su quanto avvenuto e quanto sta avvenendo in merito alla Piave. 2) Iniziare un procedimento di raccolta di firme per un referendum cittadino (ora regolato dallo Statuto comunale) sulla Piave (modi e soluzioni tecniche da studiare) 3) Promuovere, attraverso associazioni, partiti, gruppi imprenditoriali, una operazione di informazione sulla Piave. Organizzare un sito Web (anche in inglese) sulla Piave per far vedere in che stato versa, ma anche per portare a conoscenza il mondo esterno delle potenzialità di investimento per eventuali acquirenti, anche stranieri. Il concetto fondamentale è che bisogna sfilare il problema dalle mani di una cricca di politici autoreferenziali ed incompetenti, per riportare la discussione su altri livelli di gestione improntati a serietà, competenza, fattibilità. Sarà mai possibile?