opinioni

Riflessioni sul turismo che ad Orvieto c'è ma non tira

lunedì 28 agosto 2006
di Nadia Formiconi
Dice che ad Orvieto il turismo c’è ma non rimane, non spende e soprattutto, dico io, non sa perché e dove sta. Ieri su “Repubblica” c’era un articolo che illustrava la condizione della città di Venezia. C’era scritto che la città si spopola, neanche il ceto medio abbiente ce la fa a sostenere i costi di una città oramai senza case se non per i ricchissimi; piena di alberghi, affittacamere più o meno improvvisati; ristoranti e osterie dal salatissimo gusto; gondolieri ingordi, bancarelle furbe, vetri di Murano della Romania, maschere di Venezia fatte in Cina. È facile vedere come, togliendo i gondolieri e sostituendo ai prodotti tipici di quella realtà i nostri, si potrebbe cambiare il soggetto dell’articolo con il nome della nostra Città. Però di Venezia c’è una sola, e anche se sarà sempre di più “la seconda delusione della sposa”, ci andranno e ci torneranno un po’ tutti. Da noi se continueremo a fingersi quel paradiso che non siamo (ricordo con dolore che, sempre su “Repubblica” pochi mesi fa, Orvieto era un affresco bucolico, piena di artigiani con le loro casette intorno al Duomo, tutti con l’orto di famiglia), se faremo mercato e soldi tanto “nessuno ci capisce niente”, tanto “il prodotto centro storico caratteristico tira”, se continueremo a spacciare i girasoli per il simbolo di Orvieto (e tra poco ci inventeremo anche l’olio di semi tipico… e forse anche qualche frate che, girando fra le tante limonaie del nostro territorio, si inventò il limoncello), se niente e mai sarà fatto per tutelare, promuovere o anche solo raccontare la nostra storia… Perché, per esempio, la tradizione ceramica orvietana annovera fra i suoi decori qualcosa di simile ad una foglia d’ulivo... e perché nei nostri campi c’è, chissà come mai, qualche ulivo... e forse facciamo anche un certo olio d’oliva... Allora, io credo, che non serviranno trasferte costosissime in America o chissà dove a salvarci... da noi verranno solo una volta, non ci conosceranno, saranno confusi, frastornati e quei pochi, tra i tanti, che cercano qualcosa davvero…”la prossima volta andrò in Toscana anche se è più cara… ma poi mica tanto” Io personalmente non ho più speranze, mi chiedo solo perché seguito a leggere “Repubblica” e a fare ceramica… invece di mettermi a lavorare.