interviste

Passato e Presente: intervista a Gianni Cardinali

giovedì 24 gennaio 2008
di Davide Orsini
La raccolta differenziata rappresenta il futuro. I termovalozzatori sono il passato. Gianni Cardinali parla delle polemiche attuali e sollecita le nostre coscienze di cittadini ad una riflessione su una gestione responsabile e virtuosa del problema rifiuti. In questi giorni ad Orvieto si parla di nuovo di rifiuti, un tema che sembra tornare ciclicamente alla ribalta della cronache cittadine. Nel 1997 l’ipotesi di costruire un termovalorizzatore avanzata dall’allora sindaco Cimicchi scatenò una reazione inaspettata che di fatto pose fine ai sogni di un impianto industriale che avrebbe rimpinguato le casse comunali nei decenni a venire. Un’altra marcia indietro si verificò nel 2002, quando l’ex sindaco DS propose un piano per la costruzione di una discarica di tipo 2B per rifiuti speciali non pericolosi. Anche allora non se ne fece nulla, salvo apprendere recentemente che alcuni rifiuti speciali verranno comunque immessi nella discarica de “Le Crete”. ACEA lo ha sottolineato in un comunicato stampa rilasciato ieri, ricordando che la Provincia di Terni ha concesso l’autorizzazione per l’immissione di rifiuti speciali non pericolosi nella discarica orvietana. Nello stesso comunicato si forniscono rassicurazioni sui controlli riguardanti la tipologia di rifiuti (piuttosto delimitata) e la loro messa a dimora. L’agitazione intorno alla gestione dei rifiuti nel Comune di Orvieto è cominciata qualche settimana fa. Alcune associazioni politiche ed ambientaliste avevano allestito un tavolo per sollecitare la cittadinanza ad informarsi sull’attuale sistema di smaltimento e sui possibili scenari futuri, che a parer loro non farebbero presagire nulla di buono. La bozza di accordo fra il Comune di Orvieto e la società A.C.E.A., presentata dalla giunta Mocio ad Agosto, ha animato il dibattito politico. Alcune forze di opposizione, più recentemente Forza Italia, hanno manifestato forti perplessità sul contenuto del possibile accordo, che secondo gli azzurri orvietani ridurrebbe l’amministrazione comunale al ruolo di “ostaggio” di S.A.O., ora controllata da A.C.E.A. A dar fuoco alle polveri della polemica ci si è messa anche “La Repubblica”, il secondo quotidiano italiano, con una inchiesta intitolata “Orvieto, l’ombra della camorra sulla discarica dei veleni”, in cui Carlo Bonini ripercorre le vicissitudini della discarica orvietana negli ultimi dieci anni. La risposta del Sindaco Mocio non è tardata. Il primo cittadino ha ribadito che l’amministrazione comunale non considera i rifiuti un business attraverso cui ripianare il bilancio ed ha rassicurato tutti sul futuro della gestione delle “Crete”. Intanto oggi il tribunale di Orvieto ha sentenziato che il processo nel quale sono coinvolti tra gli altri l’ex sindaco Cimicchi e l’ex assessore regionale Monelli si dovrà celebrare presso il tribunale di Perugia (vedi nostro approfondimento). In questo contesto in cui i comunicati stampa, le posizioni politiche, e le polemiche sbocciano come fiori a primavera, ho pensato di intervistare Gianni Cardinali, la voce storica più autorevole dell’ambientalismo orvietano, con la speranza di mettere ordine su un tema complesso, in cui demagogia e superficialità fanno spesso da padroni. Vista la nostra più che decennale amicizia, io e Gianni Cardinali abbiamo deciso di evitare inutili formalismi e di darci del tu. Prima di parlare della gestione dei rifiuti in generale, parliamo della cronaca di questi giorni. Che ne pensi dell’inchiesta uscita su La Repubblica a proposito della discarica delle “CRETE”? Qual è l’immagine di Orvieto che emerge? È un’immagine accurata? L’inchiesta è un prodotto di un serio professionista che non scrive a vanvera. E’ stato informato bene: più di quanto non lo siamo noi che pure cerchiamo di seguire i fatti. Ha descritto l’”era” Cimicchi con la pura e semplice verità. Sull’immagine di Orvieto preferisco non pronunciarmi. Posso solo dire che, in poco tempo, La Repubblica ha modificato una sua linea: per questo giornale, solo tre anni fa eravamo una cittadina al centro del mondo. In risposta all’articolo apparso domenica su La Repubblica, Il sindaco di Orvieto Mocio ha ribadito alcuni punti. In particolare Mocio ha affermato che non è intenzione dell’amministrazione comunale “fare il bilancio con i rifiuti”. Negli ultimi dieci anni mi pare che il Comune di Orvieto abbia tentato in vari modi di trarre profitto dalla gestione dei rifiuti con diversi piani industriali. Nel 1997 con la proposta avanzata dal sindaco Cimicchi di costruire un termovalorizzatore e nel 2002, sempre nell’era Cimicchi, con il piano per la costruzione di una discarica per i cosiddetti rifiuti speciali non pericolosi, che poi non andò in porto. L’accordo con ACEA, che nel frattempo ha rilevato la SAO, costituisce un punto di rottura rispetto al passato, oppure risponde alle stesse logiche degli ultimi 10 anni? E perché? Non c’è dubbio che l’ACEA perseguirà gli stessi obbiettivi industriali che, come multi-utility, persegue nel Lazio dove copre moltissimi spazi: acqua, idroelettrico, solare, eolico, rifiuti, ecc. In tempi non sospetti, mi sono permesso di affermare che se l’area orvietana, ricca di argille profonde, si fosse fatta carico di una discarica di servizio, anche per tutta la Regione, non ci sarebbe stato nulla di strano. Se poi avesse anche guadagnato il dovuto sarebbe stato legittimo. Però in una ottica di raccolta differenziata molto spinta che solo un ente pubblico ha interesse a fare. I fatti hanno dimostrato che si è voluta intraprendere la strada industriale con tutte le conseguenze che stiamo pagando. Premesso che il binomio gestione dei rifiuti e ricavi economici non è da criminalizzare pregiudizialmente, potresti spiegare brevemente quali vantaggi economici derivano oggi dalla gestione dei rifiuti? E che tipo di vantaggi economici offrirebbe la discarica delle “Crete” ad una società come ACEA? Alcune esperienze di gestione diretta di discariche da parte di qualche Comune, farebbero presupporre una fortuna per la comunità che le ospiti. Con una amministrazione capace ed oculata i vantaggi per i cittadini sarebbero innegabili. Immaginiamo il Comune di Orvieto che gestisca direttamente l’attuale discarica come una volta, anche solo a carattere regionale, facendo pagare il conferimento dei rifiuti. Può essere questa una prospettiva, visto che in tutto il mondo civile, l’obbiettivo è quello di produrre pochi rifiuti, di riciclarli e di riusarli? Con questo rispondo anche all’ultima parte della domanda, riguardo alle prospettive di guadagno di ACEA.. Si parla da tanto tempo di “ciclo completo dei rifiuti”. In questi giorni in cui la situazione drammatica della Campania è sotto gli occhi di tutti, molti giornali hanno parlato di “modello Brescia” o “modello Lombardia” dove i termovalorizzatori esistono da più di un decennio. Qualcuno ad Orvieto ha parlato di un’occasione persa in riferimento alla mancata costruzione del termovalorizzatore proposto 10 anni fa da Cimicchi. Insomma, sembrerebbe che il futuro della gestione virtuosa dei rifiuti sia rappresentato dai termovalorizzatori. Sei d’accordo? Mi risulta che a Novara, in soli 18 mesi, hanno messo in piedi il sistema di raccolta differenziata porta a porta, raggiungendo valori del 70%. Se tutta la regione dell’Umbria volesse, potrebbe raggiungere gli stessi risultati e la discarica di Orvieto, da sola e per molto tempo, potrebbe svolgere quel ruolo di servizio per il 30% che rimane. La vicenda napoletana, con la grancassa mediatica strumentale, induce ad accettare queste grosse stufe chiamate termovalorizzatori come la soluzione ideale, sbrigativa e molto interessata del problema. Alcuni dicono che in paesi come l’Austria i termovalorizzatori vengono usati senza che questo crei degli scandali. Perché parlare di termovalorizzatori come la panacea di tutti i mali è secondo te sbagliato? E quali metodi alternativi sono praticabili? Intanto, proprio l’Austria, forse il paese più virtuoso, con un riciclo che raggiunge il 70%, possiede soltanto un paio di termovalorizzatori. Il fatto che ci affascina molto è che, uno di questi, funziona dentro la città di Vienna, e per questo sarebbe innocuo. I francesi, invece, molto razionali quanto sbrigativi, riciclano poco e bruciano molto. La verità non sta nel mezzo, ma in una Austria senza alcun termovalorizzatore, se possibile. La panacea è la raccolta porta a porta, senza più i bidoni della spazzatura in giro, con una tariffa che faccia pagare solo quello che effettivamente si produce. E’ solo un caso che in Italia la raccolta differenziata si faccia a macchia di leopardo, anche in alcuni comuni (puliti!!) del salernitano, dove si va in moto con il casco e in auto con le cinture allacciate? Intendi dire che la raccolta differenziata è più avanzata laddove c’è una più diffusa cultura ambientale? È dalla diffusione di principi e di pratiche quotidiane diversi che dovremmo ripartire? Io credo che la cultura ambientale è strettamente associata alla cultura in generale e all’educazione civica. Dove sono diffusi questi ingredienti è diffusa anche la democrazia e il buon governo. Sono convinto che da noi questi ingredienti ci siano: occorre solo il buon governo, che non c’è. Un tempo si parlava delle 4 ERRE, risparmio, riuso, riciclo, recupero. Ci vuoi spiegare in cosa consisterebbero le 4 erre e quali sarebbero i presupposti politico culturali da cui ripartire? Le quattro erre (risparmio, riuso, riciclo, recupero) sono i principi base a cui si ispira la soluzione del problema rifiuti in Europa. Questi principi sono alla base del decreto Ronchi del ’97. Purtroppo sembra che quel decreto sia rimasto lettera morta. Il decreto Ronchi è stato inglobato, con tutto il resto dei provvedimenti per l’ambiente, in un testo unico del 2006 che fece tanto discutere, anche perché, tra le altre cose prevede la possibilità (speculazione!) di utilizzare soldi per energie alternative (solare, vento, ecc) anche per i termovalorizzatori, considerando i residui dei rifiuti energia alternativa. Tornando alla questione delle 4 erre, il discorso è lungo ma provo a semplificare: cosa penseremmo se, improvvisamente, come consumatori di yougurt, per esempio, trovassimo contenitori solo in vetro, prevedendone la raccolta attraverso delle macchine raccoglitrici che, in cambio, ci dessero dei buoni acquisto? Insomma: risparmiare significa produrre meno e meno imballaggi, riusare significa separare per riutilizzare così come è stato costruito. Riciclare significa utilizzare un rifiuto come materia prima, recuperare significa bruciare la parte che rimane per produrre un po’ di energia. Qui entra in ballo la questione dei termovalorizzatori. Cosa significa recuperare? Questa quarta erre, oggi è in fortissima discussione: da due tonnellate di rifiuto si produce circa una tonnellata di cenere tossica; la combustione ad altissima temperatura, che dovrebbe evitare la produzione di diossine, in realtà produce delle polveri sottili e sottilissime (i pm10, 5, 2,5) che sono comunque dannose; la resa è scarsa; il macchinario ha bisogno di manutenzione attenta perché delicato. È chiaro che si tratta di un meccanismo molto complicato e non privo di rischi, per cui il sospetto che si tratti di una speculazione è fortissimo. Per chiudere, ti chiedo: Ti piace il dibattito che è emerso in questi giorni in città? Sembra che molti ambientalisti locali non siano intervenuti come ci si sarebbe aspettati. Forse perché la questione ambientale è ancora troppo strumentalizzata a fini esclusivamente politici? Può essere la “questione rifiuti” il cavallo di Troia da usare per scardinare l’attuale sistema politico orvietano? Non mi sembra che ci sia ancora un gran dibattito. C’è un po’ di superficialità nel ricordare la perduta occasione del ’97. Probabilmente stiamo sempre più zitti perché non vediamo scappatoie. Sicuramente la questione rifiuti è anche strumentalizzata. Non credo proprio che possa essere il cavallo di Troia per scardinare un sistema politico la cui cultura di fondo, ormai è chiaro, è terribilmente trasversale. Il termovalorizzatore, ormai, grazie a Napoli, lo vorrebbero tutti. E pensare che con la magia di internet, ci si potrebbe informare studiando solo un po’.