interviste

Vita privata e pubbliche virtù: intervista all’Assessore Pier Paolo Vincenzi

mercoledì 21 novembre 2007
di giulia
A sei mesi dalla nomina ad Assessore allo Sviluppo economico e del commercio, dell'industria e artigianato intervistiamo il giovane Pier Paolo Vincenzi divenuto assessore presso il Comune di Orvieto a soli 26 anni. Così giovane e già ricopri un ruolo così importante e impegnativo, quali sono state le ripercussioni sulla tua vita privata? Credevi potesse essere così impegnativo, ma soprattutto quali sono i vantaggi e gli svantaggi di essere diventato personaggio pubblico? Ho sempre pensato alla politica come momento attivo, come governo delle cose e dei processi. Tuttavia, un conto è vivere tutto ciò da militante, seppur fortemente impegnato, altro è ricoprire un ruolo istituzionale con i suoi ritmi, le sue tensioni, le sue responsabilità. Ti cambia la vita. Perdi la leggerezza dell’età giovane ed entri nella “sala delle macchine” nella quale dovremmo esercitare quel mimino di saggezza e intelligenza che ci è stata concessa. Per quel che mi riguarda, la sfida è molto stimolante. Spero di poter fare bene… Secondo te sono giuste le polemiche dei commercianti sull'immissione dei varchi elettronici ZTL? Quali ripercussioni avranno? A questo proposito ho una domanda con la quale rispondere: un esercizio commerciale acquista o no un valore aggiunto se inserito in un ambiente cittadino in cui la vivibilità, la tranquillità e l'arredo urbano sono tutelati con efficacia? Fermo restando la volontà di ragionare su suggerimenti, puntualizzazioni, osservazioni da parte degli operatori commerciali, è indubbio che il progetto di riqualificazione del centro storico non possa prescindere da una razionalizzazione del traffico urbano. Il progetto di IV fase di mobilità alternativa va in questa direzione, e a trarne beneficio saranno i cittadini come i commercianti! Finalmente un assessore così giovane che può portare la nostra "parola": hai in mente di fare qualcosa, proporre iniziative, avviare progetti per questa categoria, i giovani? I giovani non sono una categoria ma una colossale opportunità per la città e per il territorio. Lo sono perché spetta a loro, a noi, di riaprire un futuro in cui non regni solo l’incertezza o la conservazione ma il progetto, la speranza e il sogno. Da questo punto di vista Orvieto dovrebbe avere più coraggio, la politica dovrebbe avere più coraggio. C’è molta retorica sui “giovani” tanto da diventare, spesso, una foglia di fico usata per coprire intenzioni “pudibonde”… Noi giovani dovremmo osare di più ed esercitare anche in politica la creatività e quella leggera forma di sapiente iconoclastia tipicamente dell’età più giovane senza attendere il plauso di mentori o tutori. Osservo con soddisfazione alcune belle iniziative imprenditoriali e commerciali nate dall’entusiasmo dei giovani e penso che un po’ di “rock” messo a fianco allo “slow” non sia poi così male. La questione oggi è quella di allargare la “piazza” per far posto ai giovani: nell’imprenditoria, nel commercio, nella formazione, nelle professioni. Ci troviamo nel periodo delle opportunità “contratte” e di una mobilità sociale molto meno fluida: questa situazione colpisce anzitutto i giovani. Non possiamo quindi far finta di nulla… Cosa fare? Anzittutto capire, ascoltare e offrire strumenti per cogliere delle opportunità. Poi, progettare con loro. Ci sono bravissimi giovani artigiani, imprenditori e professionisti in gamba che hanno idee e proposte. La politica non fa miracoli e nemmeno il mio assessorato. Mi piacerebbe lavorare per un evento sulla creatività giovanile nell’artigianato e sulle esperienze più interessanti nell’agricoltura di qualità. Inoltre vorrei proporre, concordandola con gli assessori al turismo e ai grandi eventi, la realizzazione di una guida alla città fatta dai giovani per i giovani. Potrebbero essere coinvolte le scuole, le associazioni culturali, le organizzazioni di categoria. Una piccola esperienza per conoscere e conoscersi. Quali ripercussioni ha avuto il turismo sul commercio negli ultimi anni anche secondo il Bollettino Economico che avete presentato una settimana fa? Diciamo che ai fini della stesura del bollettino economico non vengono fatte rilevazioni sui flussi commerciali come nelle analisi nazionali. Non abbiamo, per intenderci, dati riferiti al nostro territorio sulle esportazioni o le vendite al dettaglio. Abbiamo tuttavia dati sul turismo, i quali evidenziano come questo settore continui ad essere un pilastro della nostra economia. Credo vada fatta una riflessione, a questo proposito, non solo su quanto il turismo possa trainare l’economia del territorio, ma anche su quanto debba essere integrato nelle varie economie del territorio. Sappiamo che non esiste un solo tipo di turismo sul quale possiamo puntare, ma il concetto stesso di turismo si articola in varie forme: ve ne è uno di tipo monumentale, uno di tipo eno-gastronomico, c’è un turismo legato agli eventi, e un turismo di tipo commerciale. Ora, nessuno pensa di trasformare il centro storico in una boutique a cielo aperto, tuttavia è innegabile che anche innalzare la qualità dell’offerta commerciale nella città contribuisce ad alimentare questo tipo di economia del turismo. Giungiamo quindi alla conclusione che non è solo il turismo che fa bene al commercio, ma il commercio stesso, qualificato e valorizzato, fa bene al turismo. A che punto è il progetto del mercato coperto? E quello delle filiere corte come interferirà sul mercato tradizionale? Il progetto relativo al mercato coperto è in fase di studio ed approfondimento, e per nulla accantonato, come qualcuno ha voluto farmi dire. Il progetto del mercato delle filiere corte è un’altra idea che sto sviluppando e spero possa vedere la luce in tempi brevi. Risponde ad altre esigenze e non va ad interferire col mercato tradizionale. Diverso il target, differenti le modalità, due progetti assolutamente complementari e per nulla in concorrenza. Come tanti fra noi orvietani anche tu ancora vivi con i tuoi genitori, commentami l'affermazione di Padoa Schioppa sui "bamboccioni". Io credo che la questione in oggetto sia più seria e complessa di quanto non sia emerso a seguito del dibattito sulla frase del ministro Padoa Schioppa. A questa situazione concorre sicuramente, da un lato, un fattore, diciamo così, culturale. Non posso però non vedere come la mancanza di tutele e sostegno per i giovani che entrano nel mondo del lavoro condizioni in maniera determinante certe scelte di vita. Non credo che un contratto a progetto di durata annuale con un compenso di 600/700 Euro mensili sia il punto di partenza migliore per costruirsi un futuro indipendente dalla famiglia. Sono convinto che un giovane che non ce la fa a uscire di casa per questioni oggettive non possa essere liquidato come “bamboccione”.