opinioni

Orazione civile per Luca, il figlio, e per Padre Giovanni Scanavino, il Padre

giovedì 2 dicembre 2010
di Loretta Fuccello

Questa non è la mia preghiera per Luca, che avverrà in Chiesa, questo è un piccolo contributo civile che vorrei porgere a tutti sperando che l'assunzione di parola, con tutti i suoi limiti, possa dare un contributo all'intera Comunità, anche a chi oggi non si troverà a pregare con noi.

"Si tratta di un sacramento e la Santa Sede non può dare spiegazioni sul perché venga dato o non dato. Noi non diciamo niente e non abbiamo niente da dire". Questo il commento della Santa Sede riportato dalle agenzie, questa la Pietà di Santa Madre Chiesa di fronte alla fine di una vita, quella vita così sbandierata tanto da dover essere custodita e protetta fin dal primo istante!

Mai come in questo momento appare difficile, quasi impossibile a un cittadino comune, sia esso credente o non credente, praticante o no, cattolico o di altra confessione, comprendere o anche solo avvicinarsi all'Istituzione Chiesa e metterla in relazione con la Ecclesia, l'Assemblea dei cristiani di cui essa dovrebbe sostanziarsi per aver ragione di continuare ad esistere; se la Chiesa non ha niente da dire di fronte ad un giovane che disperatamente vuole diventare sacerdote e pur consapevole della sua fragilità e della gravità del suo gesto arriva a togliersi la vita, se la Chiesa non sente di dover aprire le sue porte anche solo per spiegare ad un Vescovo e al suo diacono il perché di un rifiuto, e se ci fosse stato un errore la possibilità di valutarlo, di correggerlo, bene ci troviamo allora di fronte a una spietatezza, a una chiusura che nel 2010 fa rabbrividire: ci chiediamo cosa ci ha insegnato San Francesco, a cui pure le porte furono chiuse, cosa ci ha insegnato Carlo Borromeo sul perdono e sulla possibilità di redimersi, cosa ci ha insegnato Sant'Agostino sul predicato fondamentale dell'amore, cosa ci insegna il messaggio del Cardinale Martini che dal suo lungo "esilio" ci parla della necessità di pregare per la Chiesa?

Non sono abilitata a parlare di Santi, sono troppo grandi per me, ma una cosa la so, come tutti i viventi sono autorizzata a parlare di me stessa e della mia vita, di una persona che nel cuore non ha mai lasciato andare via Dio, che da Lui è stata ripescata dopo una vita trascorsa lontano dalla Chiesa, che ha potuto varcare quella soglia che per molte persone è inaccessibile solo ed esclusivamente in nome del Suo amore e della Sua parola, che spesso si fa carne in alcuni straordinari testimoni ed evangelizzatori: per me nella mia comunità e nella mia vita questi evangelizzatori hanno un volto e un corpo umano, sono i miei sacerdoti di riferimento, le suore di clausura, e primo tra tutti c'è il mio Vescovo, padre Giovanni Scanavino, colui a cui oggi è stato ucciso un figlio e che lotta nel silenzio, nella esemplare testimonianza di come si può rispondere all'odio e alla malafede senza mai assumerle per dare una risposta, senza mai scendere sullo stesso terreno cercando nelle pieghe del potere una qualche sponda per reagire, ma semplicemente proclamando con la vita e con le opere la propria innocenza: "Di cosa mi accusate? Cosa ho fatto di male ai vostri occhi? In che modo ho tradito la Chiesa?".

Se la Chiesa non è in grado di mettere in pratica il dialogo e la pedagogia dell'amore che Cristo ci ha insegnato, se non vuole farlo neanche con i suoi ministri, con quelli che sono cresciuti nel suo seno e hanno bevuto il suo latte, come può pensare di rispondere alle sfide del Terzo Millennio, alle domande di milioni di diseredati del mondo, a dialogare con altre confessioni religiose che le contrastano il passo, a proclamare l'amore e il perdono, a chiederci ogni domenica nella celebrazione eucaristica di praticare il Vangelo nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie, quando essa stessa nella propria famiglia non sa risolvere un conflitto o una divergenza se non organizzandosi con la calunnia, nascondendosi nell'anonimato, se invece di riunirsi in Assemblea e parlare o anche litigare, come avviene in qualsiasi famiglia, portando le proprie ragioni e cercando fraternamente di confrontarle con l'altro, pensa di ricorrere alle Istituzioni alte e blindate - di cui noi comuni mortali ignoriamo i nomi, le gerarchie, i luoghi, le segrete stanze inaccessibili, quindi ad essi non possiamo ricorrere anche se volessimo spiegare o capire - e si organizza nel corso di mesi e anni per presentare lettere di denuncia e dossier, per costruire istruttorie in base alle quali il nostro Vescovo martirizzato e la nostra Comunità sono state visitate e ispezionate, come se qui si fosse perpetrato qualche oscuro delitto di cui noi, Comunità né civile, né religiosa, non siamo a conoscenza?

Chi ha organizzato tutto questo, in nome di quali principi e di quali diritti il nostro Luca non era considerato degno del sacerdozio? Perché nessuno di questi sacri rappresentanti della Verità, che non vengono mai sfiorati dal dubbio, non ha almeno cercato di avvertire (magari anonimamente come sicuramente non è loro difficile) il povero Luca che era meglio aspettare, prima di stampare il suo biglietto di invito, di organizzare la sua bella Festa dell'incontro con il Signore, prima di crederci e di impegnare tutta la sua giovane vita? Forse noi tutti avremmo potuto aiutarlo a farsene una ragione, a trovare le strade della Pazienza, della Docilità, dell'Obbedienza, dell'Attesa?

Spero che non sfugga a nessuno che la Santa Sede ha avuto abili suggeritori e ha esaminato documentazioni fornite da personaggi che vivono in mezzo a noi e che si sono arrogati il diritto di giudicare al posto di tutti gli altri, dando forma e luogo ad una sola voce, ad un pensiero unico, senza possibilità di contraddittorio; è di questo squilibrio, di questa disparità che vorremmo ci fosse data una ragione, ci venisse fornita una risposta, la risposta che noi dobbiamo al sacrificio di Luca Seidita, alla sua famiglia che ce lo aveva consegnato vivo, radioso, e se lo riporta a casa in una bara, anche se sappiamo e crediamo che lo avrà sempre vicino. Nessuno di noi pensa di avere in assoluto la chiave per comprendere o giustificare, ma non veniamo aiutati ad alzare questo velo, che incombe sull'animo di tutta la città regalandoci notti insonni di pianto e di tormento.

Credo che questo non è solo il momento del dolore, ma anche il momento della giustizia e della verità: mi auguro e prego che tutti coloro che si troveranno ad amministrare oggi i Sacramenti, che mangeranno il Pane, che daranno la Pace, possano guardare negli occhi la madre e i fratelli di Luca, possano abbracciarli come farò io insieme a tanti altri semplici e increduli, di fronte all'enormità di questo evento; mi auguro anche che se non si trovino nella possibilità di farlo perché sul loro cuore pesa un fardello che solo loro possono conoscere, abbiano il coraggio di farsi da parte o di chiedere Perdono. Noi di fronte alla grandezza di questo valore ci inchiniamo sempre, perché lo abbiamo ricevuto da Dio e siamo consapevoli che solo Lui può amministrarlo attraverso vie che sono per noi imperscrutabili, la Misericordia di Dio è inimmaginabile agli uomini, ma noi, i viventi, piccoli e transitori nel mondo, abbiamo un'unica misura possibile, che ci è stata donata ed è per tutti gli abitanti del pianeta, per credenti e non credenti, per l'intera humanitas: l'amore e per quello e in quello saremo giudicati.