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"La collezione ceramica della Fornace di Via della Cava: un patrimonio orvietano da salvare": un intervento della Dott.ssa Antonella Travaglini

martedì 4 maggio 2010
di Dott.ssa Antonella Travaglini - studiosa di ceramiche antiche

Sulla questione del Museo della ceramica medievale e rinascimentale del collezionista orvietano Marco Marino, dopo l'appello del Prof. Timothy Wilson, ordinario di Western Art presso l'Ashmolean Museum di Arte e Archeologia dell'Università di Oxford, perché si mantenga nella città di Orvieto questo rilevante patrimonio, un altro ne arriva, sempre dall'esterno della città, da parte di una nota studiosa di ceramiche antiche, la Dott.ssa Antonella Travaglini, che da tempo collabora con la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Di seguito il suo interessante intervento, che mostra quanta sensibilità ci sia al problema anche da fuori Orvieto.

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Una vita trascorsa prima negli studi accademici, e poi nella ricerca e nell'analisi scientifica dedicata alle ceramiche, sono per me motivazione, cui non posso moralmente sottrarmi, per intervenire nella questione dell'eccezionale patrimonio costituito dalla collezione di Marco Marino, e altresì del contesto, pressoché unico, in cui si inserisce. La collezione getta una luce del tutto nuova sulla produzione vascolare orvietana a proposito della qualità, della tipologia e, non per ultimo, della durata dell'arco cronologico lungo il quale si è esplicata.

Scendendo più nel particolare, si tratta del materiale ritrovato presso due fornaci attigue ritrovate in via della Cava, ma che probabilmente costituivano un unico complesso. Queste furono attive tra la fine del XIV e i primi decenni del XVI secolo, e furono rimesse completamente in luce tra il 1984-85 e il 1988. La modalità dei ritrovamenti non ha consentito rilievi stratigrafici utili alla datazione dei siti, tuttavia l'analisi tipologica ha fornito valide indicazioni per la classificazione dei pezzi. Poiché ho da tempo ricevuto i graditi e stimolanti incarichi, da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, dello studio della collezione e della pubblicazione relativa, mi è possibile fornire ai lettori ulteriori informazioni. Un aspetto molto rilevante e singolare è l'imponenza quantitativa del materiale ceramico restituito da questi due ambiti. Esso è testimoniato da reperti integri, da scarti di fabbrica e frammenti in cui la maiolica rinascimentale appare predominante nel rapporto con le altre tipologie, come quella arcaica.

Questa presenza viene a costituire il valido punto di riferimento di un traguardo fondamentale per la storia dell'artigianato della città, testimoniando una piena continuità produttiva, parallela al mantenimento di una tradizione di elevata qualità, che va ben oltre l'ambito temporale che si era fin qui ritenuto. Si pensava infatti che la produzione orvietana fosse cessata con il XIV secolo, tanto che i pezzi riconducibili a cronologie posteriori venivano molto spesso attribuiti ad altri centri di produzione, quali Gubbio o Deruta. L'esistenza in Orvieto invece di officine dotate di fornace non lascia dubbi circa la provenienza. Il materiale inoltre mostra un apparato strutturale e stilistico riconducibile alla peculiare e caratteristica produzione artigianale di Orvieto.

Il museo di proprietà di Marco Marino, ha offerto un panorama dettagliato, e forse più completo, della storia artigianale del nostro centro. Infatti il complesso di reperti conservato testimonia una produzione che si avvicina a quello di una vera e propria fabbrica . Aggiungo che l'importanza del patrimonio ceramico proveniente dalla fabbrica della Cava è stata autorevolmente confermata il 18 dicembre 1990, dal Decreto di notifica emanato da parte della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali dell'Umbria, che ha dichiarato il repertorio "di eccezionale interesse artistico e storico".

È possibile quindi affermare che nel Medioevo in Orvieto si origina una produzione ceramistica altamente qualificata, per l'alto grado tecnologico e decorativo e che, successivamente, si evolve e progredisce in un'estrosa maturità creativa artigianale che si protrae ed è produttiva fino al pieno Rinascimento.

In questo quadro appare necessario, oltre che salvare la collezione, provvedere al recupero e alla conservazione dei siti di provenienza che, con la presenza delle fornaci, contestualizzano i reperti ponendoli con assoluta certezza in Orvieto, e formano con essi una unità culturale archeologica medievale e postmedievale inscindibile.

Le collezioni artistiche possiedono un'antica storia e un'antica tradizione. La passione di riunire oggetti affascinanti e rari, formalmente anche i più diversi, siano essi antichi o contemporanei, fa parte dei concetti di bellezza e conservazione che ogni individuo porta dentro di sé, per naturale inclinazione e per la cultura di cui la sua anima è pervasa, suscitando emozioni visive. Tali espressioni accompagnano il cammino della civiltà fin dalle origini e sono testimonianza della dimensione creativa e della libertà espressiva dell'essere umano.

La passione di custodire reperti si unisce con il profondo legame per il proprio territorio, o meglio, per il luogo delle proprie radici. Non è quindi possibile rimanere indifferenti di fronte alle recenti scoperte archeologiche, considerando, in particolare, che esse riguardano il cuore, antico e moderno al tempo stesso, della città.

Colgo inoltre in questa sede l'occasione per ringraziare e sottolineare i meriti della Fondazione di Orvieto, nelle persone dell'architetto Torquato Terracina (ex Presidente) che mi ha affidato sia il primo incarico (2004) riguardante la produzione arcaica, sia il secondo (2009) riferito proprio a questa scoperta, e del successore, tuttora in carica, Enzo Fumi, che ha confermato gli incarichi. In questa mia, ormai lunga, presenza nella città ho avuto modo di sperimentare la sensibilità degli orvietani che ha permesso a me, non residente anagrafica, di lavorare su un territorio ricco di tradizioni e di cultura e che profondamente amo da molto tempo.
Aggiungo infine che, da studiosa e amante dell'arte, fortemente mi auguro che il patrimonio del Museo non vada disperso e sia invece mantenuto e valorizzato a tutto vantaggio della città. Sono a questo proposito ottimista, in quanto mi pare di avvertire (spero di non ingannarmi) segnali positivi a tutti i livelli.

Ringrazio per l'ospitalità.

Antonella Travaglini