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Le associazioni ambientaliste sempre più impegnate per la tutela dell'Alfina: "Vogliamo che l ’acqua debba pesare più della pietra"

venerdì 19 marzo 2010

Si è tenuta nella mattina del 19 marzo 2010 la prevista conferenza stampa sulla situazione dell'altopiano dell'Alfina. Presenti giornalisti, cittadini e associazioni. Erano presenti inoltre esponenti del Consiglio di Frazione di Torre Alfina ed amministratori del comune di Acquapendente. Si è fatto il punto sullo stato della vertenza che da tempo vede schierati i cittadini che lottano per un diverso sviluppo dell'altopiano ed i cavatori. Hanno convocato la conferenza, ospitata nei locali della ex-agraria di Torre Alfina, le associazioni : Acqua di Porano, Altra Città di Orvieto, Amici della Terra di Orvieto, APE (per la tutela ambientale e lo sviluppo economico) di Orvieto, Associazione ASSAL ( per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia dell'Alfina) di Acquapendente, Centro di documentazione popolare di Orvieto, CISA (Comitato Interregionale Salvaguardia Alfina) di Orvieto, COCHIAMI (per la salvaguardia delle valli del Chiani e Migliari) di Ficulle, il Ginepro di Allerona, Italia Nostra di Orvieto, Proceno (per la tutela e lo sviluppo compatibile dell'Alta Tuscia) di Proceno, WWF Italia di Orvieto. Hanno aderito alla conferenza stampa: Costituente Ambientalista Verdi dell'Umbria, PdCI di Orvieto, Sinistra, Ecologia e Libertà di Acquapendente.

I comitati di cittadini e le associazioni ambientaliste che da anni lottano per la salvaguardia dell'Alfina hanno richiamato ancora una volta l'attenzione dei cittadini dell'altopiano residenti nei comuni di Orvieto, Porano, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Bolsena, Acquapendente, Proceno e San Lorenzo Nuovo sulla insostenibilità della continuazione della attività estrattiva del basalto con la tutela delle sorgenti e dei pozzi di acqua potabile che alimentano i pubblici acquedotti e garantiscono la necessaria alimentazione del Lago di Bolsena.

All'origine dello scempio del territorio, secondo il vasto cartello di associazioni ambientaliste, sono vari fattori:  carenze legislative nella Regione Lazio, una delle poche regioni senza un piano delle attività estrattive, preda pertanto di "cava selvaggia" da molti anni (oltre l'Alfina basta osservare, per rimanere nel viterbese, come è stato ridotto il territorio a fianco dell'autostrada verso Orte), una legge troppo permissiva della regione Umbria che permette ampliamenti incontrollati su vecchie cave non naturalizzate, compiacenza oltre il limite della "vista corta" di amministrazioni pubbliche che concedono con estrema facilità ampliamenti di decine e decine di ettari da sacrificare ad un dissesto irreversibile, sacrificando altre attività sui territori come l'agricoltura, il turismo, la conservazione del meraviglioso paesaggio dell'altopiano.

"Le possibili contaminazioni delle acque potabili da anni denunciate da ricercatori e associazioni ambientaliste e culturali che cominciano a manifestarsi - affermano le associazioni - la prima emergenza acqua a Porano ed Orvieto, la seconda ad Orvieto da poco rientrata solo grazie ad interventi sulla depurazione, sono lì a testimoniare che non si può più far finta di nulla: in attesa di scoprire le cause, cautela vorrebbe che si attivasse una moratoria sulla concessione di altre aree da destinare all'attività estrattiva, come da tempo le associazioni richiedono. E non solo le associazioni: anche il TAR Umbria si è recentemente espresso sulla giusta negazione di nuove concessioni di cava da parte del Comune di Orvieto. Come si ricorderà il Comune di Orvieto, pressato dai cittadini del comprensorio, negò la nuova concessione per salvaguardare la risorsa idrica dell'Alfina, una delle più importanti dell'Umbria. Va tuttavia ricordato che la stessa relazione scientifica citata dal TAR (redatta dai proff. Capelli e Mazza) si esprime anche sulla incompatibilità della esistente cava de Le Greppe di Torre Alfina, sul versante laziale, con i pozzi umbri di Castel Giorgio e Castel Viscardo".

"Ebbene - continua una nota delle associazioni - la Provincia di Terni ancora nel 2008 ha continuato a concedere la possibilità di ampliamento per ben 30 ettari (partendo da una "proposta" di ben 50 ettari approvata dal Comune di Castelviscardo) della esistente cava di Castel Viscardo della Basalti Orvieto e il 26 novembre scorso il servizio VIA della regione Lazio e, susseguentemente, la Commissione Regionale Cave (CRC) della stessa Regione esprimevano parere positivo all'ampliamento della cava de Le Greppe. Contro quest'ultimo ampliamento le associazioni e vari cittadini dell'Alfina hanno presentato ben 2 ricorsi al TAR Lazio, di cui uno ad adiuvandum dell'associazione nazionale CODACONS e l' udienza per la sospensiva del provvedimento è fissata per il prossimo 25 marzo. Come risposta, in questo scenario in cui la politica istituzionale è totalmente assente al di là di buone dichiarazioni verbali che tali restano, i cavatori scelgono la strada della intimidazione dando l'avvio a due citazioni al Tribunale di Orvieto per risarcimento danni nei confronti di Fausto Giori, il cittadino orvietano del Botto che si oppone all'ampliamento della cava di basalto (la prima di oltre 2.000.000,00 di euro, di cui 1,5.000.000,00 di euro per danni all'immagine della società SECE e la seconda di 325.000 euro per danni patrimoniali ed alla salute del signor Fiaschi!) ed una al Tribunale di Montefiascone contro Marco Carbonara, presidente dell'associazione ASSAL , per 500.000,00 euro da parte della ditta Gioacchini, cavatore de Le Greppe di Torre Alfina. Le udienze delle dette citazioni sono già state fissate rispettivamente i prossimi 24 maggio, 12 luglio e 25 giugno".

"Nel contempo le autorizzazioni continuano ad essere zeppe di omissioni e contraddizioni - continua la nota delle associazioni - al punto tale da spingere le associazioni a preparare un'esposto denuncia alle autorità competenti. Nel caso dell'ampliamento della cava de Le Greppe vi citiamo alcuni avvenimenti che chiamano in causa tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nei procedimenti autorizzativi:
- L'area VIA della Regione Lazio, il 26 novembre scorso, ha richiesto al Comune di Acquapendente di confermare o meno la presenza di un'area boscata all'interno della zona interessata per l'ampliamento : ebbene, se questa fosse risultata superiore a 5000 mq, sarebbe dovuta essere stralciata dall'autorizzazione: adesso ci troviamo di fronte alla paradossale situazione per cui l'ufficio tecnico del Comune di Acquapendente ha dichiarato che trattasi di un boschetto di 4300mq mentre il Corpo Forestale dello Stato -interpellato per ulteriori approfondimenti - ha lì riconosciuto un bosco di ben 3 ettari - 30 000 mq!- quindi quasi 8 volte più grande. Bosco che, guarda caso, si è cominciato a tagliare proprio in questi giorni da parte del cavatore!
- Sempre l'area VIA aveva richiesto anche che venisse fatta chiarezza sulla situazione del pozzo di acqua potabile che serve la frazione di Torre Alfina in quanto questo risulta ancora sprovvisto dell'area di salvaguardia, come richiesta dal Dlgs 152/06, nonostante l'area Conservazione Qualità dell'Ambiente della Regione Lazio abbia avviato da quasi 2 anni la procedura per l'istituzione di questa fondamentale fascia di rispetto e abbia più volte sollecitato il Comune di Acquapendente e la Talete ad ottemperare ai loro obblighi di legge. Rattrista ancora di più constatare che non vi sia la volontà di preservare la risorsa acqua pubblica se pensiamo che a poche centinaia di metri - in prossimità della località la Capannaccia- si trova persino un pozzo oggetto di una richiesta di sfruttamento per acque di qualità minerali da parte di privati.
- Nonostante in questi anni siano state riscontrate dal Corpo Forestale dello Stato almeno 2 gravi infrazioni all'interno dell'area di cava, per giunta in zona vincolata, non è stata disposta dal Comune o dalla Regione la revoca della concessione così come prevista dall'art.24 della legge regionale n 17 del 2004.
- Inoltre come abbiamo segnalato nei ricorsi al Tar Lazio di cui sopra, presso l'area VIA della Regione Lazio e presso il comune di Acquapendente sono stati presentati - e recepiti - documenti necessari ad ottenere il rilascio della proroga e dell'ampliamento della cava, attestanti una situazione palesemente difforme dalla realtà, e facilmente riscontrabile il loco, ad un esame meno distratto dato che dalle foto aree (anni 2006-2007 e 2008) risultano escavati circa 4000- 5000 mq di terreno agricolo, dove si trovavano anche 3 edifici storici, che ci risultano essere fuori dall'area autorizzata".

"Ad oggi - segnalano ancora le associazioni sopra citate - nonostante i nostri ripetuti solleciti, non ci risulta che sia stata fatta chiarezza dal Comune su queste allarmanti questioni. È anche importante notare che, nonostante da più di 3 anni sia il Comune che la Regione siano in possesso di documentazione attestante l'abbondante fuoriuscita di acqua dal fronte di scavo di le Greppe, nessun rappresentante delle istituzioni si sia peritato, in via diretta e tecnicamente ineccepibile, di definire se quella sia acqua proveniente dall' intercettazione di una falda superficiale, come da noi supposto, o quant'altro. In ogni caso nei prossimi giorni ci vedremo costretti ad integrare, con ulteriore documentazione, gli esposti pendenti presso le Procure di Viterbo e di Orvieto, la quale ha peraltro correttamente aperto una inchiesta sulle cause delle recenti emergenze acqua ad Orvieto".

Tra tanti disastri il cartello ambientalista segnala almeno una buona notizia : avvalorando le tesi proposte da anni dalle associazioni è stato pochi giorni fa avviato da parte del Ministero dei Beni Culturali il procedimento che sancisce ufficialmente il grande valore paesistico di questo altopiano vincolando una splendida area che include anche la cava de Le Greppe".

In ogni caso, continuano le associazioni, "l'Alto Lazio e l'Alfina umbra si stanno trasformando in un'area di estrazione mineraria: la mancanza di regole adeguate e la scarsità dei controlli ha creato cave selvagge che avviano pezzi di territorio verso un degrado irreversibile senza una gestione compatibile con il paesaggio, l'ambiente ed altre economie locali legate al turismo, all'agricoltura e al soggiorno (case di cura). Questo territorio è sempre più preda di interessi che non hanno niente in comune con il benessere di tutta la collettività. E' una questione di diritti collettivi, di salvaguardia e tutela delle risorse. L'acqua, il suolo, i paesaggi sono un nostro fondamentale diritto collettivo e come tali vanno tutelati. Soprattutto dall'inizio dell'anno un ampio territorio dell'Alto Lazio e dell'Umbria, di estrema importanza per la presenza di un importante bacino idrico interregionale (i Vulsini), è in emergenza acqua per inquinamento da alluminio e ferro e/o arsenico ampiamente oltre i livelli di legge, e non è escluso che le cause siano riconducibili anche alla frenetica e smisurata attività estrattiva che sottrae ogni protezione alla falda sottostante. Ciò va contro la vocazione economica e culturale di questo ampio territorio naturalmente orientato verso il turismo e l'agricoltura di qualità. L'attività estrattiva, così come già avviene in Paesi più organizzati del nostro, va indirizzata verso moderne attività di riuso, recupero e riciclo di materiali inerti rivalorizzando provenienti da scavi e demolizioni dei cantieri in modo da contenere sempre più il numero delle cave che devastano il territorio. In ogni caso va avviato, tutelando i posti di lavoro degli addetti, un processo di riconversione del settore escavativo che ha ormai raggiunto dimensioni configgenti con gli interessi più generali delle comunità locali. E su questo sarebbe ora che la politica istituzionale uscisse dal silenzio assordante in cui da anni versa".

"La nostra battaglia continuerà: - concludono le associazioni - ci auguriamo infatti di ottenere il necessario sostegno della pubblica opinione per attivare concreti processi di salvaguardia e di recupero dell'Altopiano dell'Alfina, del suo paesaggio, della sua cultura e soprattutto della sua preziosissima acqua prima che tutto sia irrimediabilmente compromesso. Pensiamo infatti, contro le leggi della fisica, ma con la forza della ragione e nel più ampio interesse comune, che nelle scelte che riguarderanno nell'immediato l'Altopiano dell'Alfina l'acqua debba pesare ben più della pietra."