sociale

Stranieri ad Orvieto. Come aprire un dibattito sul fenomeno immigrazione nel territorio orvietano

sabato 12 gennaio 2008
di Davide Orsini
Questo scritto rappresenta la prima parte di una più lunga inchiesta che ho voluto dedicare al fenomeno dell’immigrazione nel territorio orvietano. Una seconda parte verrà pubblicata la prossima settimana e riguarderà più da vicino gli aspetti quotidiani dell’immigrazione, i problemi, le speranze, le aspettative dei nostri “concittadini stranieri”. In questa prima “puntata” invece parlerò molto di dati. Per tentare di dare alcuni elementi iniziali di valutazione alle nostre lettrici ed ai nostri lettori sono andato a fare una chiacchierata con chi di immigrazione si occupa per responsabilità istituzionale e per lavoro: Cecilia Stopponi, assessore alle politiche sociali del Comune di Orvieto, e Alessandro Lardani, mediatore interculturale presso lo Sportello Immigrazione dei Comuni dell’Ambito N. 12 dell’Orvietano. Non nego che questa prima panoramica ha dei limiti evidenti, certamente non dovuti ai nostri interlocutori, che anzi ringrazio per la disponibilità e per la passione che esprimono. In primo luogo qui si offre una visione parziale del fenomeno, basata sulle percezioni e sui dati forniti da persone italiane (orvietane per la precisione). Insomma mancano i protagonisti principali: le donne, gli uomini, i bambini provenienti da altri paesi che vivono in mezzo a noi. Un limite che sento fortemente e che cercherò di superare in futuro. In secondo luogo, questa non è una ricerca di tipo “scientifico”, nel senso che mi sono adagiato sui dati che già erano disponibili, senza fare ulteriori investigazioni. Dopo uno scambio di idee con Laura Ricci, ho pensato che fosse tempo di dedicare la dovuta attenzione ad una parte cospicua della nostra società, quella degli immigrati extracomunitari. Vorrei farlo senza inutili e roboanti schemi interpretativi, ma col semplice intento di fornire una prima base di valutazione per stimolare li dibattito pubblico. Stereotipi in evoluzione Durante gli anni ottanta del secolo scorso gli italiani cominciarono a creare l’immagine stereotipo del “Vu’ gumbra’” o del “marocchino” che vende oggetti di poco valore – chincaglierie, diremmo – sulle spiagge assolate durante l’estate. Venti anni fa e più lo stereotipo dell’immigrato era monocolore, cioè nero. Gli immigrati africani, provenienti dal Corno d’Africa e dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, erano le uniche presenze visibili anche al di fuori dei grandi agglomerati urbani, come Roma e Milano, dove la popolazione immigrata è assai più variegata. La raccolta dei pomodori durante l’estate era un richiamo economico fortissimo per gli immigrati africani che si spostavano da una piantagione all’altra in cerca di quei pochissimi soldi che qualche decennio prima anche i braccianti italiani agognavano e per questo venivano sfruttati. Il panorama dell’immigrazione in Italia è enormemente cambiato da allora. L’iperbole migratoria cui abbiamo assistito dalla metà degli anni novanta ha assunto i caratteri di un fenomeno sistematico e non episodico. Lo stereotipo dell’immigrato di colore ha subìto nel tempo diverse evoluzioni. Via via, gli albanesi, i rumeni, i macedoni, gli ucraini hanno preso il posto degli africani nell’immaginario collettivo italiano (spesso connotato da forti accenti razzisti e discriminatori). Il flusso migratorio si è spostato massicciamente da sud a est. Il quadro regionale e provinciale Iniziamo da qualche dato. Recentemente la Caritas/Migrantes ha pubblicato il XVII° Rapporto sull’immigrazione arricchito da un interessante dossier statistico aggiornato al Dicembre 2005. In esso vi è una parte dedicata alla Regione Umbria consultabile sul sito della Regione a questo link. Secondo stime aggiornate al 2006 la presenza straniera nelle province di Perugia e Terni arriva a quasi 78.000 unità (Rapporto Caritas, 2007: 386) regolarmente provviste di permesso di soggiorno. Le nazionalità più presenti nella provincia di Terni sono la romena, l’albanese, la ucraina, la macedone, e la moldava. Nella sola provincia di Terni i cittadini stranieri residenti sono circa 16.000, poco più del 7% degli abitanti. Una questione centrale di tutti i fenomeni migratori è quella del mercato del lavoro. Come vivono gli “immigrati umbri”? I dati dell’Agenzia Umbria Lavoro (Aul) dipingono un quadro che conferma la realtà catturata dalle immagini della vita quotidiana. Gli immigrati in Umbria svolgono per lo più lavori legati al campo dell’edilizia ( 29% della manodopera impiegata nella regione), nell’agricoltura (9%), e come “badanti”. Per quanto riguarda questa ultima categoria, non esistono stime precise, data la natura piuttosto instabile del lavoro di accudimento delle persone anziane italiane in ambito domestico. Certo è che il 90% di coloro che svolgono tale mansione è costituito da donne, provenienti per lo più dall’Est europeo. La presenza scolastica dei figli degli immigrati è rilevante. Secondo il rapporto fornito dalla Caritas a Perugia gli iscritti stranieri sono 9.745 (il 10,8% su 90.053 studenti iscritti, mentre a Terni sono invece 2.319 unità (l’8% su un totale di 28.968 iscritti) (Rapporto Caritas, ibidem). Il quadro orvietano Quello illustrato sopra è, in breve, il quadro a livello provinciale. Cosa accade ad Orvieto e nel comprensorio? Anche per quanto riguarda Orvieto è bene partire da qualche dato per poi affrontare questioni più sostanziose. Secondo i dati a disposizione dello Sportello Immigrazione del Comune di Orvieto, la presenza di cittadini extracomunitari nell’ultimo decennio è andata via via crescendo. Come è possibile osservare dalla Figura 1, fino al 2003 il fenomeno immigrazione in valori assoluti è stato piuttosto contenuto. Tuttavia il numero dei residenti extracomunitari sul territorio comunale si è quantomeno triplicato negli ultimi quattro anni, raggiungendo un numero presunto di circa 1700-1800 unità. Il dato (da verificare statisticamente) non ancora ufficialmente aggiornato, mi è stato confermato anche dal responsabile dello Sportello Stranieri del Comune di Orvieto, Alessandro Lardani, il quale mi ha spiegato che l’aumento delle presenze di cittadini stranieri nel nostro territorio è più o meno analogo a quello registrato su scala regionale e nazionale, notevolmente incrementato sulla base della Regolarizzazione del 2002, dei Decreti flussi emanati dal Governo negli ultimi quattro anni, tra cui quello ingente del 2006 e dei ricongiungimenti familiari. I numeri qui riportati tengono conto soltanto delle presenze regolari, e dunque ufficialmente documentate. Ma accanto a queste esistono fenomeni di clandestinità che fanno lievitare il numero delle presenze reali di qualche centinaio di persone. L’immigrazione infatti non è un fenomeno legale, bensì un processo di ordine economico, sociale, e politico che viene regolamentato dai paesi “ospitanti” e che spesso sfugge ai confini e alle definizioni. Come nel resto d’Italia, la presenza di immigrati e residenti stranieri sul territorio orvietano è un mosaico di nazionalità. In Umbria se ne contano ben 72, mentre nel territorio comunale le nazionalità rappresentate nel 2003 erano 54, di cui 11 appartenenti all’Unione Europea e 43 di origine extracomunitaria. Anche se i dati in possesso dello Sportello Immigrazione comunale sono ancora in via di aggiornamento, Alessandro Lardani mi ha anticipato che i trend emersi fino al 2003 si sono mantenuti stabili anche negli ultimi quattro anni. La presenza più rilevante fra i cittadini extracomunitari è costituita, in ordine decrescente, da Moldavi, Ucraini, Albanesi, Macedoni e Rumeni (questi ultimi non più considerati extracomunitari in virtù dell’ingresso della Romania nell’UE), seguiti dai cittadini Statunitensi, il cui numero è aumentato in seguito all’insediamento di cittadini Usa con permessi di residenza elettiva e di alcuni programmi di studio di università americane sulla Rupe. Diverse anche le nazionalità dei cittadini comunitari, soprattutto tedeschi e britannici. Fin qui abbiamo parlato di numeri per mostrare l’entità del fenomeno. Risulta evidente che la presenza di cittadini stranieri, soprattutto extracomunitari, è in progressivo aumento ed assume oggi i connotati di un elemento strutturale della nostra società, al quale bisogna dare la giusta attenzione e fornire risposte con politiche che favoriscano l’integrazione fra diverse culture. In questo senso il Comune di Orvieto ha cominciato, ormai da qualche anno, a programmare una serie di iniziative per dare attuazione alle normative nazionali e regionali in materia. "Già dal 2004 - afferma l’Assessore alle Politiche Sociali Cecilia Stopponi - abbiamo istituito preso l’Ufficio di Cittadinanza uno Sportello Immigrazione che svolge sostanzialmente due funzioni: quella di ascolto e di supporto dei cittadini immigrati e quella di accesso alle informazioni riguardanti gli aspetti legali relativi ai visti di soggiorno, al ricongiungimento familiare, e via dicendo". Alessandro Lardani, che allo Sportello Immigrazione lavora con la qualifica di mediatore interculturale, conferma che "gli accessi ai nostri servizi da parte dei cittadini immigrati sono cresciuti progressivamente, grazie al passaparola, alla maggiore informazione, e ad una maggiore formalizzazione delle pratiche concernenti i permessi di soggiorno". Come si evince dal grafico in Figura 4, nei soli primi tre trimestri del 2006 il numero di utenze dello Sportello Immigrazione è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente, il 2005. Un incremento che ha sollecitato ben oltre le aspettative gli addetti al servizio. La stessa Cecilia Stopponi ed Alessandro Lardani hanno sottolineato che il boom di utenze da una parte incoraggia il Comune a proseguire sulla strada intrapresa e dall’altra evidenzia la necessità urgente di rafforzare lo Sportello Immigrazione per far fronte alle richieste sempre crescenti, non soltanto nel territorio comunale, ma anche nei Comuni circostanti. Infatti lo Sportello Immigrazione è itinerante: ciò significa concretamente che Alessandro e la sua collega Sandra Martelloni, responsabile dell’alto Orvietano, prendono la loro borsa piena di documenti e di pratiche, salgono in macchina e di volta in volta fanno il giro dei Comuni dell’Ambito No. 12 per ascoltare e consigliare i cittadini immigrati che vivono a Montecchio, a Baschi, ad Allerona, a Parrano e via dicendo. Un lavoro enorme, che andrebbe via via potenziato a livello logistico e sostenuto con maggiori investimenti e lungimiranza da parte dei Comuni. La gestione degli Sportelli Immigrazione è affidata al “Consorzio Noità” di Terni, con delega da parte del Comune di Fabro - capofila per il settore dell’ immigrazione. Per questa ragione non è stato ancora possibile inserire il personale precario che svolge questo servizio, divenuto imprescindibile per la comunità, direttamente all’interno dell’organico degli Enti locali territoriali. La carenza di mezzi necessari per offrire servizi più efficienti agli immigrati attraverso personale specializzato è un aspetto centrale del problema, non soltanto per ciò che attiene allo Sportello Immigrazione. Cecilia Stopponi sottolinea che "una delle emergenze più forti riguarda l’integrazione sui banchi di scuola. I bambini figli di cittadini immigrati hanno il grosso problema di apprendere la lingua italiana per poter integrarsi in modo completo nella nostra società. Se non si parla la lingua del posto in cui si vive si è automaticamente esclusi dalla vita sociale, con gravi conseguenze. Le maestre e le insegnanti delle scuole primarie e medie fanno spesso sforzi incredibili per dare risposte a questi problemi, ma devono farlo sovente fuori dall’orario di lavoro". Il Comune di Orvieto, sempre secondo le informazioni fornite dall’assessore, ha cercato di offrire un servizio per l’apprendimento della lingua italiana istituendo dei corsi serali presso il centro polivalente di Orvieto Scalo. Tuttavia le insegnanti sono delle volontarie che non possono garantire in modo costante la loro presenza. Per di più non è semplice coniugare le varie esigenze di orario dei lavoratori stranieri, specialmente nel caso delle cosiddette “badanti” che non possono lasciare soli i “nostri” anziani. Già, il rapporto fra le “badanti” e gli anziani di cui esse si prendono cura non è sempre rose e fiori, anzi si rivela spesso conflittuale per varie ragioni. La lingua è certamente l’ostacolo iniziale, ma anche le differenze culturali si trasformano in incomunicabilità ed intolleranza reciproca. Gli anziani che vengono accuditi hanno esigenze specifiche, sovente legate a precarie condizioni di salute che esigerebbero un’assistenza specializzata o almeno un’attenzione particolare, per esempio nella somministrazione dei farmaci. Per questo motivo un paio di anni fa, l’Assessorato alle politiche sociali aveva avviato dei corsi di preparazione per le collaboratrici domestiche straniere con l’intento di fornire loro nozioni di cura dell’igiene e per la corretta somministrazione dei farmaci. Tutto questo ha portato alla creazione di un “albo delle collaboratrici domestiche formate” che certo potrebbe facilitare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, garantendo degli adeguati standard di affidabilità. Le iniziative promosse sono encomiabili ma, come ammette la stessa Cecilia Stopponi, "a causa della cronica carenza di fondi non possono essere programmate stabilmente e sono implementate sporadicamente, a seconda delle disponibilità di risorse umane ed economiche". Uno dei progetti a cui l’assessorato alle politiche sociali sta lavorando è la costituzione della “Consulta dei Migranti”, in sostanza una assemblea rappresentativa che secondo Cecilia Stopponi "dovrebbe essere il luogo nel quale gli immigrati residenti sul territorio orvietano discutono dei loro problemi ed elaborano proposte per la loro soluzione". "Ma tale iniziativa - tiene a sottolineare l’assessore- non può e non deve esaurirsi nell’attribuzione meramente formale di competenze consultive ad uso e consumo delle istituzioni locali. La “Consulta dei Migranti” deve innanzitutto essere un’occasione stabile di confronto e di dialogo fra tutti i cittadini stranieri residenti nel comprensorio, i quali devono sentirsi protagonisti ed artefici del proprio futuro. Per questa ragione, al di là delle varie ipotesi tecniche al vaglio della Giunta comunale, io credo che debba esserci la ferma volontà di garantire la più ampia autonomia e rappresentatività a questo organo". Esperienze di questo tipo sono già operanti in Italia. I rischi che le cose non vadano per il verso giusto, come qualcuno teme, esistono. Ma dei rischi esistono in qualsiasi progetto che abbia l’ambizione di interpretare le dinamiche sociali future. Al sottoscritto, tuttavia, non sfugge l’indubbia potenzialità di uno strumento di dialogo e di integrazione come la Consulta, che potrebbe fungere da valvola di sfogo per le inevitabili tensioni interetniche che una comunità di immigrati così composita necessariamente sollecita. Non va dimenticato un aspetto allo stesso tempo pratico e simbolico: la lingua ufficiale delle Consulta sarà l’italiano. E’ suggestivo immaginare la nostra lingua come veicolo comunicativo e culturale che mette in relazione persone provenienti da diverse parti del mondo. Le lettrici ed i lettori che avranno avuto curiosità e pazienza di leggere fino a questo punto si renderanno conto della complessità della materia trattata e di quanto altro ancora bisognerebbe parlare con maggiore profondità ed in dettaglio. Se in questo momento vi starete ponendo delle domande, avrete obiezioni da muovere, o vi starete chiedendo dove potreste reperire altre e più complete informazioni, questo significa che avrò raggiunto in parte il mio scopo, cioè quello di stimolare l’attenzione sul tema dell’immigrazione sul nostro territorio. Magari nella seconda parte di questa piccola inchiesta riuscirò ad offrire nuovi spunti e a rispondere a qualche domanda. Alla prossima settimana.