editoriale

Il nostro obiettivo: far riacquistare la libertà agli orvietani.

domenica 25 maggio 2003
di Antonio Barberani
Se l'ingresso in un partito politico, per molti di noi risale a pochi mesi fa, la passione per la politica e l'amore per la nostra città è di antica data.

Solo che oggi ci troviamo di fronte una città diversa, trasformata: infatti basta guardarsi intorno, e troviamo il panorama stravolto dalle speculazioni edilizie, ma, soprattutto e peggio, stravolta pure la identità storica di Orvieto, i suoi connotati socio /antropologici. E' stata costruita, mai termine fu più appropriato, una città nuova.

Sono stati "costruiti", soprattutto, cittadini nuovi, mentre contemporaneamente veniva distrutto il tessuto connettivo che storicamente permeava questo territorio sostituendolo con un altro, plasmato ad uso e consumo di chi ha avuto la responsabilità dell'amministrazione di questa città. E' stata azzerata quasi per intero, e spesso con colpevole complicità della stessa, la classe borghese di estrazione culturale liberale, sostituendola con una nuova borghesia rossa.

E' stato fatto proprio un bel capolavoro! D'altra parte la storia politica della città è segnata dalla continuità più ossessiva: comunisti e dintorni sono al potere da 50 anni, democraticamente certamente, e Cimicchi amministra Orvieto da oltre 15 anni. Questa situazione non poteva che costruire un sistema di governo della città concepito come un sistema di potere, e non poteva che avere come conseguenza la riduzione degli spazi della dialettica politica ed il quasi azzeramento di ogni possibilità di alternanza.

L'alleanza storica di centro sinistra PCI/PSI raccoglieva consensi elevatissimi, contrastati da una DC che rappresentava un elettore su tre. Con la rottura dell'alleanza di sinistra si è passati, ai primi anni '90, ad una innaturale alleanza strategica con le gerarchie cattoliche.

Ma è stata ed è un'alleanza di potere, che non coinvolge e convince l'intero mondo cattolico che continua a guardare con speranza e convinzione alla nostra parte, in quanto, in special modo le giovani generazioni, attratte dalle posizioni del cattolicesimo liberale, sostengono con forza ipotesi di cambiamento. D'altra parte le liste cattoliche di sostegno al candidato della sinistra hanno sempre ottenuto percentuali poco significative.

Questo sistema di potere, mediante un ossessivo controllo del territorio, ha prodotto una fitta rete di consenso basato sulla necessità e sul privilegio. Tale situazione è naturalmente molto resistente al cambiamento. Mentre questa città ha bisogno urgente di alternanza e di una nuova classe dirigente, anche all'interno della stessa maggioranza di governo che ha amministrato in questi anni.

"Orvieto città narrante" recita un insignificante logo che accompagna ogni manifestazione cittadina, ma Orvieto non racconta più niente, ha ormai perduto la sua memoria storica, non racconta più la Orvieto dei Papi e del Signorelli, del mistero del miracolo del Corpus Domini, di Dante, D'annunzio, fino a Sigmund Freud. Orvieto ha smarrito il suo simbolico. Racconta solo la storiella incolore degli ultimi 50 anni di potere comunista, dell'antipolitica militante, della dittatura del pensiero unico.

Nostro compito è riaffermare che Orvieto, nonostante tutto, è la sua storia che l'ha collocata al cospetto del mondo intero e che non si identifica certo nelle discariche, nelle speculazioni edilizie, nei centri commerciali. Dobbiamo quindi essere noi in grado di provare a fare una rivoluzione, prima che politica, come sempre avviene, culturale. Ricostituire una nuova classe dirigente, svincolata da camarille di potere, autosufficiente, che con le proprie gambe e la propria testa, stimolata solo dall'amore per le proprie radici, sappia immaginare un modello di città nuova, cambiata soprattutto.

Una città del mondo moderno, dobbiamo essere in grado di progettare il moderno dentro il contesto che la storia ci ha consegnato, in uno scambio dialettico originalissimo, dove la storia è il plusvalore che Orvieto offre al mondo. In questa ottica alcuni a noi vicini avevano spinto perché lo spazio delle Caserme, tanto per accennare ad un esempio concreto, unica ed ultima occasione di sviluppo economico per l'intero territorio, venisse consegnato ad un concorso internazionale d'idee, affinché davvero fosse stata progettata la città del futuro da chi lo fa già mirabilmente in mezzo mondo(penso a Renzo Piano, Vittorio Gregotti, Kenzo Tange).

Invece ci ritroveremo un'altra volta nelle mani di chi ha già progettato l'inutile parcheggione, la funicolare similtirolese ed altre scempiaggini(parlo della RPA di Perugia per capirci meglio:progettatori di regime), oppure e forse peggio, ci ritroveremo, al solito, nelle mani delle aziende edili del giro. Quindi un'occasione mirabile, straordinaria di sviluppo sarà solo un 'occasione di consenso con qualche verniciatina di sociale, tanto per accontentare l'alleato storico.

Ad onor del vero, si è parlato nei mesi scorsi di una stimolante proposta, seppure solo abbozzata, del ministro Alemanno: non dobbiamo lasciarla cadere, ma valutarla con grande impegno in quanto va nella giusta direzione, anche perché del tutto incompatibile con gli scellerati progetti dell'amministrazione che circolano da tempo e che vorrebbero collocare in quello spazio, case popolari, ospizi, protezione civile e quant'altro.

A queste ipotesi noi ci opporremo in tutti i modi, nella consapevolezza della grande responsabilità che grava sull'opposizione tutta= sappiamo di essere a mani nude forse, ma con la forza delle idee e del senso civico, e nella consapevolezza che rispetto a temi determinanti per l'intera comunità, non si possa decidere solo nei palazzi della politica e mediante ancora più false partecipazioni. Come ci opporremo con grande forza alla politica dei rifiuti.

Il discorso nasce da lontano: dalle necessità di bilancio, dai buchi creati nelle casse comunali dalle improduttive attività di consenso. A meno che non si consideri una discarica un bene culturale, è inconciliabile l'economia di una città d'arte e di un territorio come il nostro con la selvaggia politica dei rifiuti. Il tutto dietro la vergognosa pecetta della solidarietà con la regione Campania, nel solito stucchevole gioco delle parti. Non va consentita tale devastazione del territorio in nome degli affari= L'azzeramento dei calanchi, prodigio della natura, che delinea le forme della creta con il vento, è una caratteristica storica del nostro paesaggio sin dalla pittura medioevale dove vengono ritratti.

Prendiamo esempio da Civita, dove è stato creato il Parco dei Calanchi, dichiarato Patrimonio dell'umanità da parte dell' Unesco, più volte descritto in letteratura. Oppure alle Terre di Siena, dove una risorsa geologica è divenuta addirittura un marchio di qualità per le produzioni agricole. In ogni caso, questa attività offende il decoro culturale di questa città e comporta forti danni d'immagine che debbono essere risarciti con pesanti abbattimenti delle tariffe.

Ma il marchio di fabbrica di questa amministrazione è stato ed è l'edilizia. "Non sarò il Sindaco della Deltafina" dichiarò Cimicchi: infatti è stato il sindaco non solo della Deltafina, ma anche di Molaioni, di Sferracavallo, delle innumerevoli lottizazioni e varianti al piano regolatore fino ad essere il sindaco della Veralli e Cortesi e del nuovo centro commerciale: la più grande speculazione edilizia del dopoguerra.

Proprio questo modo di amministrare conferma la bontà della nostra "Operazione trasparenza": cioè la richiesta di anagrafe patrimoniale di tutti gli amministratori all'inizio ed alla fine del proprio mandato. A questo sistema di potere, a cui ho fatto cenno, incentrato sul controllo asfissiante e capillare del territorio , sia in campo economico che in campo culturale, dobbiamo reagire con forza.

Lo slogan del nostro partito "FI forza di libertà" significa proprio questo: ridare slancio alle libertà individuali, ma anche creare strumenti per rendere le relazioni sociali ed economiche libere da condizionamenti. Il rispetto primario per la libertà d'impresa deve tradursi in strumenti per l'esercizio della propria attività senza dover contrattare niente con il PADRONE. Di qui il lancio della proposta della BANCA POPOLARE, strumento autonomo del credito al servizio esclusivo dello sviluppo economico del territorio orvietano, che ha già suscitato tanto interesse e che è già in piena fase attuativa.

Ma "Forza di libertà" significa anche capacità di liberare risorse dai pesi che ne hanno ostacolato lo sviluppo, sia nel mercato economico che nella società in genere. Il concetto di libertà, che deve essere la suprema regola della convivenza umana sancisce la centralità della persona ed il primato della società civile rispetto ai vincoli e dello Stato e di qualunque amministrazione. Una forza di libertà come la nostra ha come compito primario quello di rompere la caligine omertosa che attanaglia questa città. Bisogna liberarsi da quella che abbiamo definito dittatura del pensiero unico e ridare la parola a quanti per paura, o peggio, per necessità, è stata negata.

A nessuno sarà consentito intimidire nessuno, il consenso dovrà essere guadagnato con le proposte e non con i favori, facendo passare i propri diritti per generosi previlegi! In questa città c'è una grande voglia di parlare e di contare qualcosa: la domanda di partecipazione riemerge immediatamente allorché i cittadini intravedono un progetto reale di cambiamento e si sentono motivati da grandi obiettivi.

La parola d'ordine del nostro partito dovrà essere: Risvegliamo le coscienze e ridiamo la parola ai cittadini. Ruolo di Forza Italia, insieme agli alleati della Casa della Libertà, è di lanciare la sfida, nella convinzione che la battaglia politica, per le caratteristiche che abbiamo descritto, nel nostro territorio, ma in tutto il territorio regionale, in tutte le regioni rosse, si configura come una vera e propria lotta di liberazione. La cultura politica di FI è in grado di rispondere a questa sfida e a questa necessità, come la storia politica italiana sta dimostrando.

E la gente è pronta a seguirci, molto di più di quanto si immagini o si intraveda: è la politica che si è allontanata dalla gente e non viceversa. I nostri simpatizzanti vogliono sentirsi coinvolti in un progetto di cambiamento: è questa la sfida vera! Il nostro partito ha e deve avere un grande ruolo, non solo per la sua consistenza numerica, ma per le ipotesi di modernizzazione e rinnovamento che sarà in grado di proporre. Bisogna far nostra l'affermazione di Marco Pannella: "Il pensiero liberale impone il dovere di rivolta, specialmente quando il potere è violento e negazione dei diritti"

Dobbiamo essere in grado di opporsi alla politica della CONSERVAZIONE che connota il centrosinistra, a cui dobbiamo contrapporre l'unione politica e culturale delle grandi aree del riformismo liberale: il cattolicesimo liberale, l'umanesimo laico, il liberalsocialismo. E' necessaria una forte convinzione nelle proprie idee nella consapevolezza che senza forti convincimenti ideali e culturali la politica si trasforma solo in bramosia del potere. Ed in tal senso bisogna liberarsi di ogni eventuale residuo di "cultura barocca della politica" cioè la nefasta vocazione perenne alla mediazione o peggio al compromesso che qualche volta abbiamo rilevato anche dalle nostre parti.

Forza Italia non deve dimenticare che oggi è partito di Governo, anzi è il partito del presidente del Consiglio. Nella logica della costruzione di un grande partito federalista, deve essere quindi in grado di formulare proposte che scaturite dal territorio dove si opera, abbiano la possibilità di essere ascoltate e recepite dal governo centrale. Nella nostra città, il ruolo attuale di opposizione del nostro partito dovrà radicarsi ed alimentarsi nella società civile, lasciando alle spalle il periodo passato dove forse si è fatta troppa politica solo all'interno delle ISTITUZIONI.

Ma se Forza Italia, è forza di libertà non va dimenticato che in primo luogo libertà significa partecipazione, come cantava Gaber. Bisogna allora disegnare un partito aperto, sensibile alle istanze della società civile ed alle sollecitazioni dei cittadini, un partito capace di attrarre e non di respingere. Per stimolare anzitutto il confronto sui contenuti per poi costruire un grande contenitore : un partito-movimento radicato in ogni comune del territorio e che al proprio interno pratichi il metodo delle primarie per la scelta dei propri candidati istituzionali. Un partito in grado di confrontarsi senza paura a tutto campo, anche sui temi più controversi, ma tipici della cultura liberale, come, ad esempio, la ricerca scientifica, proprio nella città dove ha sede l'Associazione Luca Coscioni a cui aderiscono scienziati e premi Nobel di tutto il mondo.
Un partito che contribuisca da protagonista al rafforzamento della grande coalizione alternativa, in un rapporto leale e costruttivo con Alleanza nazionale, che in questi anni si è fatta carico dell' opposizione sociale spesso in modo esclusivo.
Un partito quindi che sappia coltivare il già fertile colloquio con quella parte dell'elettorato cattolico(che sappiamo essere maggioritario) che condivide un'ipotesi di cambiamento istituzionale in questa città. un partito che sappia anche intercettare stati d'animo insofferenti presenti in partiti, associazioni, singoli cittadini che magari storicamente sono collocati da un'altra parte, ma che non condividono il modo con cui il centro sinistra ha amministrato Orvieto. Dobbiamo soprattutto rivolgersi con attenzione verso i nostri concittadini più giovani, che vivono la città come provvisorio momento di transito, in attesa di emigrare dove saranno possibili scelte definitive. Queste fasce giovanili che purtroppo hanno, nei mesi scorsi, conosciuto inquietanti fatti di cronaca, che solo la fasulla idea di "Orvieto isola felice" cercava di far credere appartenenti solo ad altre realtà.

Dobbiamo essere in grado di costruire un partito che non può, non deve essere legato ad una visione municipalista, ma che deve essere consapevole che >Orvieto è la 2' città della provincia, e che per questo deve recuperare un rapporto forte con il territorio e gli altri comuni, al fine di costruire un bilanciamento dialettico e paritetico con Terni, con reciproco rispetto e reciproca lealtà, per la costruzione di un grande progetto comune di ampio respiro. Auspicando che anche in sede regionale si attenui lo sbilanciamento perugino, ma si consideri la regione come un sistema policentrico con pari dignità ed interessi convergenti.

Il progetto è certamente ambizioso e di lungo respiro, ma è un progetto che ha degli stati d'avanzamento ineludibili se si vuole lanciare la sfida del cambiamento. In questo senso ho accettato la proposta che mi è stata fatta di candidarmi all guida del partito. Ponendo però una condizione invalicabile: Ogni decisione, ogni scelta dovrà essere connotata dalla più ampia collegialità ed avere ampie convergenze. Il partito è di tutti, iscritti, simpatizzanti, elettori. A tal proposito ho recepito con attenzione e gli darò attuazione, se questo congresso mi darà la fiducia, la proposta del Coord. Reg. Dott. Rossi di costituire uno strumento che vada oltre gli organigrammi statutari: un Comitato politico-elettorale espressione di sensibilità diverse e che rappresenti ogni punto di vista del partito.

L'altra condizione l'ho fatta a me stesso: Oggi si volta pagina. Si deve voltare pagina e guardare solo avanti, nella consapevolezza che la prova che ci attende è stimolante e bellissima. Ma appunto per questo necessita del contributo di tutti. Voglio fare un solo rilievo: pensavo che la delegittimazione dell'avversario fosse un metodo di lotta politica appartenente solo ai comunisti, ho dovuto constatare come sia presente anche al nostro interno, discutendo di persone invece che di contenuti, facendo battibecco invece che politica.

In ogni caso, quanti condividono l'insofferenza per tutto ciò che esiste in questa città e che ha avvelenato l'esistenza nostra e delle future generazioni, non potrà tirarsi indietro. Non possiamo permetterci il lusso di sprecare energie, le nostre differenze le dobbiamo misurare sui contenuti e sui programmi e non sulle persone. Dobbiamo metterci in testa che il pluralismo è un dovere anche al nostro interno, ma rispetto del pluralismo vuol dire, come affermava Montesquieu: "rispetto e considerazione dell'avversario, senza mai denigrarlo, né tanto meno coltivare la volontà di annientarlo"