economia

La nascita del Consorzio universitario, una nuova politica di sviluppo territoriale

domenica 19 marzo 2006
di Roberto Montagnoli
Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota di Roberto Montagnoli, Capogruppo DS al Consiglio Provinciale, sulla nascita del Consorzio universitario ternano. Di seguito la nota:
L’adesione al Consorzio per lo sviluppo universitario del ternano da parte del Consiglio Comunale di Narni, chiude una lunga fase che ha visto convergere tutte le amministrazioni locali verso un nuovo grande progetto di rilancio del territorio. In questi giorni di accesa campagna elettorale, ormai tutti sappiamo quanto questo Paese sia staccato di molte lunghezze dagli altri partner europei in tema di innovazione e qualificazione delle sue risorse umane, con le percentuali più basse di laureati e la perdita continua di competitività nell’export di prodotti ad alto contenuto tecnologico. Le ripetute crisi in campo industriale, che ormai da vent’anni attanagliano il territorio di Terni e Narni con conseguenti emorragie di produzioni e posti di lavoro, dimostrano che è il tempo di spingere l’acceleratore verso un progetto di medio lungo periodo, che vicino al consolidamento delle infrastrutture materiali costruisca un ambiente favorevole all’innovazione e allo scambio fra ricerca universitaria e impresa. Questo è il nodo politico che i contenuti del Patto di Territorio hanno posto alla riflessione delle classi dirigenti locali. Una Università autonoma, coerente con i caratteri peculiari di un’area a forte vocazione industriale, è quello che serve al ternano per guardare al futuro con maggior fiducia. Solo la messa a sistema dei centri di ricerca pubblici e privati (specie quelli delle grandi multinazionali presenti nell’area), di agenzie vocate al trasferimento tecnologico, associazioni di categoria e gruppi di imprese, troppo piccole da sole per stare sul mercato, può prefigurare un rilancio economico di questo territorio ancora prima dei costi delle materie prime o dei fattori di produzione. Serve un cambio culturale in chi guida questo territorio. Serve quindi uscire dalla logica degli interventi tampone, o del vivacchiare attraverso fondi esterni capaci di traghettare il sistema imprenditoriale al di là delle congiunture ma poco adatti al suo consolidamento strutturale. Cosa sarà questa parte dell’Umbria fra 10 o 15 anni, quale funzione svolgerà in ambito regionale e interregionale? La risposta sta nella capacità di trasformare il distretto tecnologico, le questioni della logistica, quello delle fonti rinnovabili, in progetti di lavoro veri e non solo sbandierati. L’università è l’inizio quindi di un percorso che vuole dotare un’area territoriale così importante allo sviluppo regionale, di quegli elementi necessari al suo ricambio culturale: in campo imprenditoriale, politico e perché no amministrativo abdicando a vecchi schemi autarchici che vedevano singole municipalità impegnate in fantomatici piani di sviluppo senza una visione di sistema territoriale. A partire dal 10 aprile, approfittiamo dei prossimi anni, senza la spada di Damocle del perenne elettoralismo, per fare scelte coerenti con obiettivi di medio lungo periodo, per fare cioè scelte coraggiose e come tali poco misurabili nell’immediato ma qualificanti per il futuro. Quello che si è fatto con l’Università, mettendo d’accordo il sistema istituzionale locale, può rappresentare lo schema entro il quale favorire un ambiente più aperto all’ascolto e alla progettazione di un modello di sviluppo finalmente nuovo, dove convivono industria, piccola impresa innovativa, valorizzazione del territorio e qualità della vita. Un modello di sviluppo in cui le istituzioni sempre più accompagnano le imprese in azioni coerenti agli obiettivi di crescita del sistema e sempre meno nell’esigenza di pareggiare i bilanci, compito di manager d’azienda e non di assessori, presidenti o sindaci. L’università, il distretto tecnologico e la sua governance, devono necessariamente consolidarsi in un livello territoriale specifico, dove convivono gli attori dello sviluppo. Questo è l’altro grande tema che avremo di fronte nei prossimi mesi, ovvero quello di abbandonare logiche d’apparato per abbracciare un metodo di lavoro che coinvolga tutta una comunità intorno alla progettazione del suo futuro.