economia

Ex Piave, Centro commerciale?

giovedì 10 febbraio 2005

Fabrizio Cortoni di "Altra Città" mette in luce le carenze nella progettualità della nuova Caserma Piave. Manca un centro commerciale che riporti una vita economica nella città, ma Confcommercio e Confesercenti dicono di no. L'intervento di Fabrizio Cortoni:

C’era da aspettarselo. Le posizioni espresse dai due Presidenti delle locali Associazione Commercianti (Confcommercio e Confesercenti) sono al solito tanto prevedibili quanto indicative del desolante grigiore di chi combatte ormai da anni battaglie di sola retroguardia. Di fronte ad una ipotesi, quella di Gianni Cardinali, che non ha avuto neanche la pretesa di essere una proposta, e che ha il merito di essere semplice, efficace e realizzabile, si contrappone la chiusura di chi invece dovrebbe dimostrare spirito d’imprenditorialità e capacità di analisi oggettiva della situazione.

Un centro commerciale in una parte della ex-Caserma di via Roma? Ma certo, e per parecchi motivi. Primo, perché è un’ipotesi realizzabile con facilità :la struttura esistente è già adesso adatta ad una destinazione d’uso commerciale, le modifiche da effettuare non prevedono costi rilevanti, le aree di parcheggio e servizio sono già pronte. Secondo, perché quello che manca al nostro Centro Storico è proprio la presenza di almeno una media superficie (1500 mq cica) di tipo “food”analoga a quella che ad Orvieto Scalo determina traino sufficiente alle economie delle attività limitrofe. Terzo, questa presenza finalmente limiterebbe l’emorragia di consumi che dal Centro Storico si riversa nelle zone commerciali limitrofe, offrendo ai residenti del Centro Storico un servizio che oggi è del tutto mancante e che oggi devono andare a cercare altrove. Quarto, perché se è vero, ed innegabilmente giusto, che la condizione fondamentale per la riutilizzazione dell’area è quella della integrazione nel tessuto cittadino, ebbene questa è una delle strade che necessariamente dovranno essere percorsa.

Eppure, le due Associazioni di Categoria non ne vogliono sapere. Le stesse due Associazioni che non riescono o non vogliono vedere che il tessuto commerciale del Centro Storico è ormai composto quasi esclusivamente da due sole tipologie di negozi (abbigliamento e articoli per turisti) e che ormai non si accorgono che senza cambiamenti importanti, sulla Rupe non rimane più nulla da difendere. Come si fa a non capire che un polo commerciale ad Orvieto Centro sarebbe l’unica possibilità di rompere quel regime di monopolio che di fatto esiste nel campo della distribuzione organizzata e che oggi è dislocato a piazza del Commercio?

Com’è che non si valuta che questo è l’unico modo che rimane per tentare di sottrarre mercato a quest’ultima entità commerciale cercando di limitarne la attuale innegabile necessità di espansione e distogliendola dal pericoloso nuovo insediamento nella zona Veralli-Cortesi? Perché il Presidente della Confesercenti è favorevole a questa ipotesi (2500 + 2500 mq vicino al casello autostradale) ed è invece contrario alla realizzazione di una più ridotta struttura per Orvieto Centro? Chi può spiegarcelo? Ma davvero qualcuno pensa che il fatto che l’attuale Piano del Commercio non preveda superfici commerciali di medie dimensioni ad Orvieto Centro possa davvero essere un ostacolo insormontabile?

Proprio in Italia, dove si fanno leggi a uso e consumo di chi le richiede? Ma com’è che non si riesce a capire che quando vengono restituite alla Città aree della dimensione pari a quella della ex-Caserma Piave, è indispensabile, legittimo e anzi dovuto che si riveda totalmente l’assetto generale dei piani di sviluppo e di regolamentazione delle attività? Concludo: sono sicuro che chi oggi ha la responsabilità di decidere sulle sorti di un’area che può risultare determinante per l’assetto futuro della nostra Città (non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello sociale e culturale) ha la necessità di concludere il suo mandato con la massima serenità ed il diritto di essere giudicato in base al lavoro svolto.

Rispettiamo questo assunto: se è un nostro diritto parlare di ipotesi per la ex-Caserma Piave abbiamo però il dovere di non condizionare il lavoro altrui. Quello di cui invece non sono sicuro è che le posizioni dei Sindacati possano in alcun modo difendere i legittimi interessi degli imprenditori commerciali orvietani. Le scelte autarchiche sono giustificabili solo per motivi temporanei e contingenti; quando diventano strutturali, denotano chiusura mentale, incapacità di confrontarsi con la concorrenza, assenza di reattività alle situazioni di mercato, in una parola “fallimento”. Se questo avvenisse, niente potrebbe salvarci da noi stessi.

Dalle Associazioni avremmo preferito la scelta di impossessarsi dell’ipotesi del prof. Cardinali, e rilanciare proponendo un’azione che le avesse viste tentare magari di organizzare una cordata imprenditoriale in grado di realizzare scenari commerciali innovativi. Ma in fondo siamo ad Orvieto, e questo è quello che passa il convento…