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La rosina del bar

venerdì 20 luglio 2007
di Alessandra Carnevali
La Rosina era la padrona del bar più famoso del paese. Stava alla cassa, ben vestita e col rossetto forte e ad ogni avventore lei, con l’inconfondibile voce chioccia e alta, scandiva tipo di consumazione e prezzo. Salutava i suoi clienti abituali chiamandoli col titolo di studio o, in mancanza di quello, col nome della ditta per cui lavoravano. -Salve Dottore!!! Buonasera Ingegnere! Ben alzato Sip! – incalzando poi affettuosa e pungente le cameriere perché fossero svelte ed efficienti nel servizio: - Su, stellina ripiena, un caffé all’Avvocato!? - . Una volta, non sapendo come chiamare un tizio che faceva il tecnico al reparto di radiologia, dicono lo avesse accolto con un meraviglioso “Buongiorno Paramedico!” passato alla storia, come almeno un altro migliaio delle sue incancellabili uscite. A tutti i bambini lei regalava una caramella quando li vedeva entrare e quando voleva fare un complimento a qualcuno lo chiamava “raggio di sole”. Restava seduta alla cassa del suo bar dall’alba fino a sera. A mezzanotte in punto arrivava il fido Paolo che mandava via tutti, chiudeva il locale e scortava fino a casa la Rosina con l’incasso. Rosina Montanucci era unica. La vita non era stata sempre generosa con lei, di prove dure ne aveva avute, anche di quelle capaci di piegarti irrimediabilmente, ma lei era forte, era un personaggio, era la Rosina. Osservava tutto, sapeva tutto, non le sfuggiva nulla. Conosceva vita morte e miracoli di tutti i compaesani che passavano da lei. Dei clienti nuovi, occasionali o che venivano da fuori, quelli da un caffè e via per capirci, cercava di indagare il più possibile, nel tempo brevissimo di una consumazione. In questo era meglio di Tom Ponzi e Sherlock Holmes messi insieme. Lei, l’essere umano, lo capiva al volo. Da quello che chiedeva, da come lo beveva e perfino da come pagava il conto, la Rosina intuiva passato presente e futuro, semplice e anteriore. Un giorno entrai nel suo bar con un ragazzo di Roma con il quale uscivo da pochissimo e che sarebbe poi diventato mio marito. Ma quella era la prima volta in assoluto che veniva a trovarmi. La Rosina ci squadrò sin dal nostro ingresso, ci studiò durante l’aperitivo e quando fummo alla cassa per pagare si accorse che lui stava dimenticando di prendere il resto. Glielo fece notare e quando lui tornò indietro per ritirare gli spiccioli, lei sorniona sottolineò: “Distratto? (pausa) Capisco!” ed aveva detto tutto. Come imprenditrice poi, non aveva rivali. Uno dei suoi momenti più alti lo raggiunse un giorno di ormai quasi trent’anni fa. “Buongiorno signora Rosina, - le disse un tizio entrando per un caffè e poi aggiunse indicando l’altoparlante da cui proveniva una bella musica: - “Ciaikovskij???” – E la Rosina, implacabile : “ Due tosti al signore!”