cultura

Chiesa in Umbria: nel cuore di una crisi 

venerdì 12 gennaio 2024
di Mirabilia Orvieto

Il Cristianesimo, oltre che un’istituzione da conservare, è una realtà che riguarda il futuro. Duemila anni la chiesa ha continuato ad esistere, cercando di mantenere vivi il suo messaggio e la sua esperienza. La perennità è assicurata dal sentirsi responsabile del suo futuro, il quale è profondamente legato alla storia umana e alle sollecitazioni dello spirito. Ma nessuno può negare che attualmente piovono critiche ovunque, dall’esterno e dall’interno. Le frecce più appuntite vengono dai giovani: "La Chiesa? Un ostacolo alla libertà, c’impedisce d’essere noi stessi, come un terreno sul quale tutto è già costruito, dove non c’è più nulla da fare. Non siamo dei neonati!”.

Secondo l’Istat, durante gli ultimi due decenni nella nostra regione i ‘praticanti regolari’ sono scesi di oltre un quarto, altrettanto quelli saltuari. Di un quarto sono diminuiti i preti diocesani in servizio. Oggi, in Umbria, i preti diocesani in servizio con al massimo 40 anni di età, sono 31. I matrimoni celebrati con rito religioso sono calati di quasi il 40% e sono oggi meno della metà del totale. Nel frattempo, separazioni e divorzi hanno conosciuto un incremento notevole. Di quasi il 10% è calato il numero dei giovani che alle superiori si avvalgono dell’IRC (Insegnamento di religione). Di quasi il 20% è calata la quota di umbri che firma per destinare alla Chiesa cattolica l’8/1000(MEF). 

In breve, non solo si partecipa meno alla messa ed alla vita ecclesiale in genere, ma cala anche la quota di coloro che si dicono ‘cattolici’. Questa tendenza, certamente non solo umbra, ha però nella nostra regione ritmi ancora più elevati della media nazionale. Aspettare che passi la crisi senza fare nulla è come cercare di ripararsi da un uragano con l’ombrello! Purtroppo nessuno ne parla: occhio non vede, cuore non duole. La Chiesa sembra assomigliare a un vecchio che pensa di avere sempre ragione, mentre i giovani se ne vanno via di gran carriera. 

Anche la cattolicissima Italia che un tempo era nota per essere patria di santi e missionari si sta avviando ad assomigliare sempre di più alla Francia o alla Germania, dove la religione è ormai un elemento quasi marginale nella vita delle persone. 

Sempre più si fa strada una visione della ‘pietas cristiana’ legata alla dimensione spirituale e non morale dell’esistenza. È diffusa l’idea che questa chiesa appartenga a un’altra epoca, con il suo linguaggio, i suoi riti, i suoi ‘ornamenti’, una realtà rimasta al medioevo, sebbene c’è chi ancora si augura che rimanga tale e quale come l’ha conosciuta un tempo.


Gilbert Cesbron 

Il tipo di atteggiamento di molti cattolici appare giuridico,  moralista e autoritario, quando invece ci si dovrebbe ispirare in ogni momento alle parole di Cristo: "I cristiani si riconosceranno dall’amore". Si registra così un crollo della fede tra gli italiani; uno su due non crede più e gli atei sono quasi raddoppiati, senza contare che la partecipazione alla messa è in picchiata. Cosa si può fare per una chiesa che tarda a rinnovarsi di fronte all’attuale sviluppo e progresso nel mondo? Così si esprime Gilbert Cesbron, scrittore e filosofo contemporaneo: "Dobbiamo ammettere d’aver indotto il mondo a credere che le nostre mani giunte erano il contrario di quelle aperte, di quelle attive, di quelle tese".

Una chiesa dunque che si deve aprire al mondo, deve vivere nel mondo per allargarsi fino ai confini del mondo.