cultura

L'eco centenario della Cappella di San Brizio

domenica 31 dicembre 2023
di Mirabilia Orvieto

Particolare scena dell’Anticristo, Cappella di San Brizio

"L’arte è stata sempre legata all’esperienza della bellezza". Sono queste le parole di Simon Weil che Papa Francesco riprende nel suo discorso agli artisti tenuto nella Cappella Sistina (2023). Lo sapeva bene Signorelli che dipinse ad Orvieto il ciclo dell’Apocalisse. Le sue immagini fanno sognare lo spettatore, aprendogli davanti uno spazio, in cui entrare, respirare, muoversi. 

Ed è allora che il capolavoro della rinascimentale cappella di san Brizio riprende vita, ritorna a parlare a me e adesso, a dire quale tipo di umanità o disumanità stiamo costruendo oggi sulla terra. L’arte mette in gioco in modo magistrale la relazione inscindibile fra corpo e spirito. Signorelli e il Beato Angelico sono come “sentinelle” appostate all'inizio del racconto, praticamente nel punto ideale dell’esistenza che è quello di essere spettatore, senza rischiare di compromettersi. 

Gli occhi dell’artista sono simili a quelli di un veggente o di un fanciullo, scriveva nel 1965 Romano Guardini, teologo e scrittore cristiano. Il primo infatti interpella l’osservatore mentre l’altro, sembra "scrutare l’orizzonte per scandagliare la realtà al di là delle apparenze". Chi entrando nella cappella non viene toccato subito nella sensibilità dello sguardo e della percezione, fino a sentirsi raggiunto interiormente nei pensieri, nelle paure e nei desideri più profondi, a conferma che "la bellezza seduce la carne per ottenere il permesso di passare fino all’anima"? È la capacità dell’artista di "andare oltre", in una tensione tra storia e profezia, tra presente e futuro che riesce a dilatare i limiti dell’esperienza umana, facendo passare chi guarda dal simbolo alla realtà. 


Particolare Resurrezione della Carne, Cappella di San Brizio

Questa è l’Apocalisse, questa è la rivelazione di qualcosa che non si era mai visto prima poiché Signorelli seppe "guardare le cose sia in profondità sia in lontananza". Le sue storie smentiscono "l’idea che l’uomo sia un essere per la morte". Se catastrofi, maremoti e terremoti si abbattono sul mondo per sancirne la fine, le grandiose scene apocalittiche sono anche un inno alla vita che nascerà proprio dalla Fine. Nella Resurrezione della carne i risorti escono dalla nuda terra per ammirare tutta la bellezza di un mondo che sta nascendo, che "si lascia desiderare e cercare". Una bellezza così meravigliosa da essere ammirata in eterno, come aveva predetto il libro dell’Apocalisse e ancor prima il profeta Isaia: "Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia: non ve ne accorgete!" (43,19). 

Ognuno esce a fatica dal suolo non per vivere per se stesso, chiuso nella propria individualità, ma per ritrovarsi insieme agli altri, a costruire, a meditare, a contemplare. Il nuovo genere umano non è la mera somma fisica dei singoli, piuttosto un solo popolo e un solo spirito, che aspira al medesimo destino: la felicità. Non così avverrà per la vita dei dannati che, precipitati nell’Inferno, soffriranno la più completa solitudine mentre ciascuno sarà schiavo del suo stesso demone. Questo mondo così “disumano” non è forse quel luogo di morte e di distruzione costruito dagli uomini sulla terra, ogni volta che non hanno saputo stringere legami d’amicizia e di pace, di concordia e d’amore?


Particolare Inferno, Cappella di San Brizio

I risorti invece sono in attesa di quei "cieli nuovi e terra nuova" che in vita non avevano mai cessato di sognare e anelare. E mentre nei fatti dell’Anticristo tutti sono immersi in un grande caos dove regna disuguaglianza e divisione, la scena della Resurrezione è il sogno realizzato, è la fine di ogni egoismo e conflitto, di ogni differenza sociale e culturale; anzi nel nuovo mondo che sta sorgendo "le diversità si integrano" in un’unità che non è uniformità, ma espressione della bontà del "molteplice". La molteplicità infatti non può essere confusa con la "globalizzazione omologante" che sottomette il mondo, anche quello  contemporaneo, alla tirannia dell’Anticristo.

Al suono delle trombe angeliche "i morti risorgeranno incorruttibili" perché l’energia di Dio, che è la potenza della sua grazia, eleverà tutti gli uomini sopra "le divisioni, le fazioni, i narcisismi" del passato. In questo mondo il più forte aiuterà il più debole per il raggiungimento del bene comune e di una pace universale. È la bellezza della nuova umanità che si traduce nei valori più alti dell’Umanesimo come "la difesa della vita e della dignità umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli". È la bellezza dei risorti che dialogano e si abbracciano fra loro, riflesso dell’armonia dell’Universo.

Per Signorelli, che accolse senza indugi l’arduo compito di dipingere ad Orvieto la più completa dottrina escatologica cristiana mai realizzata nell’arte, il potere dell’immagine era dunque superiore a ogni forma di sapere perché l’arte non è solo arte, ma conoscenza spirituale, e cioè disvelamento di una verità interiore, di una consapevolezza esistenziale!


Particolare Paradiso, Cappella di San Brizio

E quei corpi, così spiritualmente animati e nello stesso tempo anatomicamente divini, non rappresentano forse, al contrario dell’Inferno, "l’umanità dell’umanità" con cui rinnovare alla radice questa nostra civiltà chiamata ancora oggi a uscire dalla violenza della barbarie? Per far questo c’è però bisogno che la forza della volontà e della libertà umana attinga a quella stessa potenza che ha creato le stelle e che dà armonia all’orbita dei pianeti, a quella stessa luce visionaria senza precedenti che è, che era e che sarà il Verbo incarnato. 

Per questo l’arte della cappella Nova è un messaggio che attraversa le generazioni imprimendovi un segno, è una Storia che si protrae nel tempo e che dura millenni. Di fronte all’insieme delle situazioni esplosive e dei fallimenti planetari in atto come le guerre, la crisi finanziaria ed ecologica, le scene dell’Apocalisse sono l’invito più esplicito a riscoprire la speranza messianica, e cioè a ritrovare il piacere e l’emozione di vivere, contribuendo tutti al risveglio di un mondo che, scrive San Paolo, "ad oggi geme e soffre nelle doglie del parto" (Lettera ai Romani 8, 22) e che domani vedrà il suo pieno compimento nel Paradiso.