cultura

Per dare un futuro alla Città

sabato 16 dicembre 2023
di Mirabilia Orvieto

È stato sufficiente assistere nella Sala del Consiglio Comunale all'audizione di Daniele Di Loreto, presidente della Fondazione per il Museo "Claudio Faina" di Orvieto, per apprendere quanto sia difficile, o meglio difficilissimo amministrare un bene in una città in forte declino. Operazioni bancarie, compravendite, piani di ammortamento, insomma una sana e attenta gestione aziendale per dare alla gente la possibilità di ammirare ancora la prestigiosa esposizione, nata dal coraggio e dalla lungimiranza del suo intraprendete proprietario. 

L’operato del presidente? Un vero e proprio vanto per la città di Orvieto e per il suo Comune. Un museo non è solo un museo. È il fascino di un’intera città sospesa nel vuoto, il duomo che splende alla luce rossastra del tramonto, il fascino senza tempo degli Etruschi avvolto ancora nel mistero, e infine il Pozzo di san Patrizio che può sembrare solamente un ‘buco’ ma che in realtà è in grado di svelare ‘significati’ da far rimanere chiunque senza fiato.

Tutto parte dal concetto di “Patrimonio culturale immateriale” e cioè quelle iniziative, attività e prodotti nati dalla capacità creativa delle piccole comunità e dei singoli che sono parte integrante dell’identità storica di un territorio collegato sempre più all’immaginario collettivo, universale, eterno del suoi luoghi. E questo non tutte la amministrazioni lo sanno o fanno finta di non saperlo, perché ancore ferme ad una visione della città anni ’60, dove i beni culturali sono visti esclusivamente come un’attrazione turistica e null’altro! 

Qui non si sta parlando di spettacoli, di manifestazioni o della singola manifestazione per promuovere un bene, ma di quella conoscenza e di quella sapienza accumulata e trasmessa di generazione in generazione: “Bisogna promuovere, bisogna fare pubblicità” - si continua a ripetere - senza considerare che la bellezza di un monumento o di un capolavoro d’arte non è solo estetica, ma uno “scrigno” di sapere da riscoprire, da mettere in gioco, da spendere!

Una città non è solo ciò che si vede di materiale, ma è soprattutto ciò che ancora non si vede e che aspetta ancora di essere “materializzato”, ossia portato alla luce, ricreato oggi per domani. Sempre più sta crescendo la necessità di mettere al centro dell’attenzione la dimensione immateriale del nostro patrimonio culturale inteso come “uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo sostenibile della società, anche in termini di prosperità economica”. Ad oggi, non si è ancora preso atto della immensa potenzialità insita nella dimensione immateriale dei beni culturali, non solo in considerazione del loro valore economico e turistico, ma anche come strumento di dialogo e interculturalità tra le nazioni. Infatti, attraverso l’attenzione all’immateriale si opera un superamento da una concezione statica di bene culturale, a una visione più dinamica.

Per esempio il Pozzo di san Patrizio non è solo un capolavoro d’ingegneria ma il simbolo della dimensione più profonda dell’esistenza, o meglio della ricerca di un’acqua spirituale e di una sete spirituale. Ogni persona umana infatti “ha sete e passa da un pozzo all’altro: una vagare incessante, un desiderio inesauribile, rivolto ai molteplici beni del corpo e dello spirito”. In questo modo, il bene culturale non sarà più inteso come statica testimonianza di una civiltà o un’epoca del passato, ma anche parte integrante della contemporaneità, uno strumento indispensabile per capire oggi chi siamo e dove stiamo andando.

In questa direzione si stanno muovendo sia le realtà regionali, che hanno sottolineato l’importanza di prevedere forme di protezione del patrimonio intangibile, sia l’Unione Europea con la “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società”. Tale convenzione, siglata a Faro (Portogallo) nel 2015 e sottoscritta dall’Italia nel 2013, ha ampliato ulteriormente la nozione di bene culturale associandola all’eredità, ai significati e agli usi che tali luoghi possono rappresentare. Il documento non si occupa di imporre o creare obblighi di azione, lasciando allo Stato aderente la possibilità di decidere come e con quali mezzi attuare le norme della Convenzione.

La finalità di questo scritto è dunque improntata alla creazione di una nuova nozione di tutela e gestione del patrimonio culturale, non esclusivamente concentrata sul suo valore scientifico ma anche sul ruolo di strumento per lo sviluppo e la crescita dell’uomo.


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