Canti, falò e tombole. Con la Pasquarella e la Vecchiarella, rivivono le tradizioni

Di porta in porta, tra poderi e case sparse, nella fredda notte dell'Epifania, intonando un canto antico nato come semplice lauda sacra e arricchitosi nei secoli di appendici e immagini profane o bizzarre, in cambio di elemosina. Tradizione centenaria, quella della Pasquarella – la prima Pasqua, dopo l'inizio del nuovo anno – radicata in diverse zone di Umbria e Lazio e perpetrata con l'esibizione corale anche dai cantori dialettali del Gruppo per la Pasquarella di Castel Viscardo (nella foto, sotto), che ogni anno partecipa al Raduno Interregionale di Cascia.
Erede moderno di quell'Opera Pia del Purgatorio, mirata alla raccolta di elemosine da utilizzare per la celebrazione di messe per la salvezza delle anime dei defunti del paese, i cui documenti sono conservati nell'Archivio Storico Parrocchiale a partire dal 1766 e le cui questue – di denaro, generi alimentari e legna – avvenivano con una certa frequenza durante l'arco dell'anno. Una decina, oggi, i componenti del gruppo che, cinti nelle loro mantelle, faranno rivivere l'antica tradizione ottocentesca già dal pomeriggio di sabato 5 gennaio, a partire dalle 16 e, a tarda sera, nelle vie del paese.
Per l'arrivo vero e proprio della Befana bisognerà attendere le 16 di domenica 6 gennaio al Centro Sociale e Culturale in occasione della tradizionale Tombola dell'Epifania, promossa in collaborazione con la Pro Loco di Castel Viscardo. Una per i bambini con premi consistenti in buoni per l'acquisto di libri e due per gli adulti con buoni spesa nei negozi e nei generi alimentari del paese. Al termine, rinfresco per tutti.
Strettamente legato alla tradizione contadina, invece, l'appuntamento che anima il borgo di Monterubiaglio. Qui, la Vigilia dell'Epifania è sinonimo di Vecchiarella, figura di bianco vestita e bianca anche in volto che, a dispetto del nome, oggi è interpretata da tre uomini. La festa popolare con raffigurazioni pagane e cristiane che vede protagonista questa anima del Purgatorio che torna sulla terra è ricca di simbologie, a metà tra il sacro e il profano, un contrasto tra la morte e la vita. La sua prosperosa opulenza la erige a simbolo di benessere, di "Grande Madre" preistorica da ingraziarsi.
Dal grembiule, quest'ultima, estrae confetti come semi. In mano, una rocca di lana con il fuso. Il filo reciso, come allegoria della morte. La sua preparazione ha inizio sabato 5 gennaio intorno alle 13 ma è solo all'imbrunire, non prima delle 16 che, grazie alla Pro Loco di Monterubiaglio che tra il 1996 e il 1997 ha riorganizzato la festa, la triplice Vecchiarella comincia il giro di tutte le abitazioni della frazione insieme ai cantori. Anticamente, le offerte erano prodotti della terra e degli allevamenti. Attualmente, consistono in piccole somme economiche impiegate per la celebrazione di messe o per sostenere le spese.
Al loro ritorno, intorno alle 22 in Piazza dello Statuto, l'accensione del grande falò con la rocca e la scopa "ennesima sovrapposizione, questa volta con la Befana, che simboleggia l'inizio del nuovo anno: si bruciano gli oggetti della morte per arrivare a nuova vita". E sullo stesso fuoco si cuoce carne da gustare, sfidando il freddo e brindando nel segno della convivialità.

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