cultura

La salute ritrovata

venerdì 13 luglio 2018
di Mirabilia-Orvieto
La salute ritrovata

La guarigione del cieco nato

"...scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano".
(Marco 6,13)

Parlando di Dio, l’autore del libro della Sapienza scrive così: "Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza. Le creature del mondo sono sane, in loro non c‘è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra" (Sap 1,14).
Abbiamo qui, in pochissime righe, il motivo per ripensare radicalmente tutto ciò che nel passato si è detto su Dio, sull’uomo, sul mondo e sul peccato originale.
Quante volte si è creduto nella corruzione della natura umana che, a partire dal medioevo, ha condizionato e continua ancora oggi a condizionare il pensiero e l’agire dell’uomo? Quante volte si è detto che è praticamente impossibile cambiare le sorti della nostra vita terrena a causa di colpe individuali e collettive che vengono trasmesse, per così dire, ‘geneticamente’ di generazione in generazione?
Le parole della Sapienza sembrano contraddire coloro che interpretano gli uomini e le donne come costitutivamente ‘malati’, soprattutto nello spirito. Ebbene, se le creature di Dio sono sane, questa è Parola di Dio...l’altra no!

Il rotolo delle Scritture

Come è possibile che in nome di Gesù si è immaginato un’altro mondo, un’altra religione, un’altra Chiesa? E come è possibile che questa semplice verità l’aveva capita un uomo dell’Antico Testamento (l’autore del libro della Sapienza) vissuto prima di Cristo?
A rispondere è la storia di quella donna del Vangelo che per ben dodici anni, sottolinea l’evangelista Marco, soffriva di perdite di sangue. Molti medici avevano provato a curarla, ma la sua salute, invece di migliorare, peggiorava. Perdeva sangue che nel linguaggio biblico significa ‘perdeva vita’. Disperata per ciò che gli stava accadendo, ella non crede in cuor suo che il male di cui soffriva fosse la punizione di qualche colpa, come credevano i capi del popolo. Se fosse stato così non si sarebbe nemmeno avvicinata a Gesù.
Diceva tra sé: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita” (Marco 5,28). Dopo aver sentito parlare Gesù, si getta infatti tra la folla e subito sentì nel suo corpo di essere stata guarita. La fede e prima ancora la convinzione di non vedersi più malata, ma sana, fece uscire da Gesù una potente energia di vita, così potente che egli si voltò immediatamente per vedere chi lo avesse toccato.

L’emorroissa

I medici avevano solo aggravato la malattia della donna, come l’avevano aggravata certi Scribi e Farisei con le loro convinzioni, così come - arrivando fino a noi - l’hanno aggravata tutti quegli uomini che hanno detto al popolo cristiano che era colpevole e che il centro della vita cristiana era ‘emendarsi’, senza considerare che la giustizia di Dio consiste proprio nell’emendare in anticipo e gratuitamente chiunque.
Quando, di fronte a uomo cieco dalla nascita, i farisei interrogano Gesù di chi fosse stata la colpa perché egli nascesse cieco, Cristo risponde: “Nè lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifesti la gloria di Dio” (Gv 9,3). Non c’è quindi né colpa né condanna, ma la fiducia in un Dio che vede tutte le creature sane, perché in loro non c‘è veleno di morte.
Guai dunque a trovarsi nella condizione di Sisifo, personaggio mitologico del mondo greco, la cui pena fu quella di trasportare sulle spalle un macigno, cioè la propria colpa. Impresa questa impossibile. Ogni volta che Sisifo provava a spingere il masso verso la cima della montagna, il suo peso lo riportava disperatamente verso il basso, al punto di partenza. Nessuna espiazione o sacrificio potrà mai far nascere la vita; la vita si dà solo dove c’è il desiderio di vivere, dove c’è l’amore per la vita.

Sisifo

Ma la donna del Vangelo, l’emorroissa, lo sa. Lei sa che è fatta per generare ed è proprio questa consapevolezza che la libera dal senso di colpa e la fa gettare con coraggio verso dove vede vita; essa è certa che basta toccare la frangia del mantello di Cristo per tornare a vivere, per tornare a generare e avere un futuro.
Ogni spiritualità deve dunque ripartire da qui, da questa consapevolezza. E fino a che ci sono delle Religioni e delle Chiese che addossano sulle spalle degli uomini e delle donne pesi insostenibili, anziché rimuoverli, esse continueranno come la donna del Vangelo a perdere sangue, a perdere vita, a non generare più, a non avere più futuro.
Ecco perché nel brano del Vangelo di domenica (Marco 6,7-13) i discepoli sono mandati a imporre le loro mani su malati e spiriti malvagi. Quelle guarigioni non sono solo dei miracoli, ma la conferma che c’è un Padre buono che ha creato tutto per l’esistenza: per Lui le creature del mondo sono sane e in loro non c‘è e non ci sarà mai veleno di morte.

Marc Chagall, La creazione dell’uomo

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