cultura

Fernando Pedichini, un orvietano tra i cacciatori di esopianeti con "Shark"

sabato 24 febbraio 2018
di Davide Pompei
Fernando Pedichini, un orvietano tra i cacciatori di esopianeti con "Shark"

Un orvietano tra le stelle. Anzi, tra i cosiddetti esopianeti che non appartengono al Sistema Solare ed orbitano attorno ad una stella diversa dal Sole. È l'astrofisico Fernando Pedichini, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma e principal investigator di Shark-Vis. Nome in codice che sta per "system for coronagraphy with high order adaptive optics from R to K band". Una strumentazione ad altissima risoluzione per osservazioni in luce visibile ed infrarossa che equipaggia il Large Binocular Telescope, il grande telescopio binoculare situato in cima al Monte Graham in Arizona, che consentirà di studiare i pianeti extrasolari.

A progettare i due "squali" – questa la traduzione letterale di shark – un team di scienziati dell'Inaf. Quest'ultimo guida il progetto e il consorzio internazionale – partner, istituti tedeschi e statunitensi – che realizzerà i sofisticati strumenti, così come la loro gestione scientifica. Del team fa parte anche l'intelligenza orvietana, ospite lunedì 12 febbraio di un breve ma efficace momento di divulgazione andato in onda su Raiuno - recuperabile a questo indirizzo - all'interno del rotocalco televisivo "Uno Mattina".

Rispondendo alle domande dei conduttori Franco Di Mare e Benedetta Rinaldi, Fernando Pedichini ha spiegato come gli strumenti di nuova generazione consentiranno passi importanti nell'esplorazione spaziale. Con queste apparecchiature, infatti, finalmente sarà possibile dare un “volto” a molti esopianeti che orbitano fra le stelle nel vicinato galattico. E, al tempo stesso, caratterizzare meglio le loro proprietà, grazie anche alle immagini in luce visibile, prese per la prima volta nell'emisfero nord. I due "shark" saranno in funzione entro la fine del 2019. Si tratta di una coppia di strumenti – uno operativo nella banda visibile (Shark-Vis), l'altro in quella del vicino infrarosso (Shark-Nir) – che potranno funzionare in parallelo.

Come? Sfruttando i due specchi principali da 8,4 metri di diametro che equipaggiano Lbt, rendendolo il primo telescopio al mondo in grado di osservare contemporaneamente esopianeti in un intervallo così ampio dello spettro elettromagnetico. "Grazie alle ottiche adattive – ha spiegato l'astrofisico – questi strumenti rimuovono il disturbo della turbolenza dell'atmosfera terrestre e permettono di trasferire virtualmente il telescopio nello spazio. Avremo, quindi, immagini di altissima qualità dove sarà possibile osservare dettagli di questi sistemi esoplanetari con una precisione e un'accuratezza mai raggiunte prima. Inoltre, analizzando i pianeti in luce visibile e infrarossa, avremo la possibilità di capire le loro caratteristiche".