cultura

Le due anime

venerdì 29 settembre 2017
di Mirabilia-Orvieto
Le due anime

Icona ortodossa, parabola dei due figli e della vigna

"I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio".
(Matteo 21, 31)

Anche qui due fratelli, come nella parabola dell’eredità contesa e del figliol prodigo.
E se in quest’ultime si parla di conflitti di eredità nati dal viscerale attaccamento ai beni materiali, nella parabola di questa settimana lo scenario è completamente diverso, considerando che questa volta Gesù non si rivolge ai discepoli, ma ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, cioè ai capi.
Così racconta il Vangelo: "Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va‘ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?" ( Mt. 21,28-30).
A dividere i fratelli non sono dunque i beni familiari, ma il loro comportamento di fronte alla vita. Figli dello stesso padre, eppure così diversi tra loro!
E’ come se il messaggio di Cristo si facesse più introspettivo, entrando nelle ragioni profonde del loro modo di comportarsi, di parlare e di agire. Infatti, alla sollecitazione del padre, essi manifestano un modo opposto di “stare” nella vita che alla fine determinerà inevitabilmente il loro destino; in pratica è la loro intima diversità a fare la storia di ciascuno.

A. Mironov, Parabola dei due figli

Per cominciare i due fanno esattamente il contrario di quello che dicono, con la differenza che a volte smentirsi, come nel caso del secondo figlio, non è segno di debolezza ma di forza.
Entrambi sapevano benissimo che lavorare nella vigna era la cosa giusta da fare, la più logica, la più normale; e mentre il primo è solerte all’invito, l’altro si rifiuta apertamente.
Il padre non dice nulla, non interviene, non fa morali, non giudica, non si precipita a elogiare la prontezza del primo e a biasimare nel secondo la sua negligenza. Egli lascia i suoi due figli liberi di fronte a se stessi e alle rispettive scelte.
Cosa accade allora nel cuore dei fratelli? Per quale ragione cambiano idea?
La risposta si può trovare proprio in ciò che accade dentro di loro.
Il figlio che accondiscende subito all’invito del padre, inconsciamente lo rifiuta, per cui ascolta ma non agisce di conseguenza!
A disturbare il suo animo è una resistenza interiore che ancora non conosce. Quindi dice e non va, o meglio, non riesce ad andare...c’è in lui una forza negativa che lo trattiene, un’opposizione che gli impedisce di andare.
Il fratello “disobbediente” invece non nasconde i propri sentimenti di resistenza e manifesta da subito quello che Jung chiama l’Ombra della sua personalità: conosce il suo rifiuto, la sua opposizione profonda, ma la affronta e la supera.

Raffigurazione della Teoria Junghiana sull’ombra

E mentre il primo figlio rimane, per così dire, prigioniero della “maschera”, accecato da una personalità farisaica, l’altro riesce nonostante tutto a guardarsi dentro, a rientrare in sé, a riflettere, a pentirsi, cioè ad aprirsi alle parole del padre, su cui medita e si ravvede.
Per il figlio ipocrita la vita è ferma, come paralizzata da una profonda cecità e impotenza. E’ meglio per lui pagare il dazio di un giudizio che prendere coscienza della propria Ombra e convertirsi.
Due fratelli, ma in realtà due aspetti dell’identità umana.
Con l’espressione “Un uomo aveva due figli” è come dire infatti “un uomo aveva due cuori”, perché ognuno di noi ha un cuore diviso, un cuore che dice sì e un cuore che dice no, un cuore che in pratica dice e poi si contraddice (E. Ronchi)
Ad illuminare meglio il senso della parabola vengono in aiuto le parole della mistica ebrea Edith Stein, dottore della Chiesa, che citando santa Teresa d’Avila così scrive: "E’ veramente una condizione strana, patologica, quella di non riconoscere la propria casa (cioè non conoscersi)...effettivamente molte anime sono così ammalate da essere incapaci di rientrare nel loro intimo".

Edith Stein, dottore della Chiesa e patrona d’Europa

Ecco dunque anche le due anime della Chiesa: quella che sa interrogarsi senza paura e che, mettendosi in discussione, sa anche trasformare poco a poco la propria vita, e quella che invece vive di apparenti certezze, dove ci si sente già dei buoni cristiani, ma che andrà incontro ad un sicuro fallimento.
Solo la consapevolezza di ciò che si è veramente può dare all’uomo un futuro, la voglia e lo sforzo di lavorare nella vigna, cioè per la sua vita, senza correre il rischio di aspettare dall’alto chissà quale provvidenza che non arriverà mai, che mai potrà cambiare magicamente le cose.
E’ quanto ci ricorda la scrittrice Etty Hillesum, morta come la Stein nei campi si concentramento tedeschi: "Ciò che attendiamo da un altro, dunque dall'esterno, lo abbiamo inconsciamente dentro di noi. Anziché attenderlo dall'esterno, dobbiamo svilupparlo dentro di noi, acquistandone consapevolezza".
Imparare a guardarsi dentro, dunque, per aiutarsi dentro e questa verità andrebbe scolpita nelle coscienza di tutti.
Alla fine, sorprendentemente, Gesù rivela ai suoi ascoltatori che saranno i “pessimi” ad essere più vicini a Dio, e lo dice rivolgendosi proprio ai capi del popolo che si ritenevano “perfetti” come si riteneva perfetto l’uomo della parabola: "E’ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli hanno creduto; i ladri e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli” (Matteo 21, 32).

Maria Maddalena nella casa di Simone il Fariseo


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