Rivoluzione o rifondazione?

Gesù e gli Apostoli a Cesarea di Filippi
“Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “...Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”
(Matteo 16, 23)
Il Vangelo di questa domenica è la continuazione di quello della domenica scorsa, dove Gesù conduce i suoi discepoli all’estremo nord della Palestina, oltre la Galilea, nella regione pagana di Cesarea di Filippo (Matteo 16, 15).
La Palestina al tempo di Gesù
Il viaggio non è casuale. Il Maestro vuole portare i discepoli lontano dall’influenza della dottrina giudaica, cioè dal lievito dei Farisei e dei Sadducei, che impedisce loro di comprendere la novità del messaggio evangelico (Matteo 16, 5-12).
In quel luogo, fatto erigere dal figlio di Erode, Pietro risponde alla domanda rivolta da Gesù ai discepoli: “Voi chi dite che io sia?”.
Il pescatore della Galilea è il primo a parlare. Lo Spirito, e non la carne, gli rivela l’identità nascosta di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16, 16).
Una definizione da manuale di teologia...perfetta, ineccepibile.
Ma Pietro, come gli altri, non aveva ancora compreso appieno il significato di quelle parole, da lui stesso pronunciate, tanto che Cristo alla fine ordina a tutti di non parlarne con nessuno.
Cesarea di Filippi, resti archeologici
Un conto è infatti professare la fede in qualcosa, credere in una verità, un conto è comprenderla in profondità, assimilarla, sperimentarla. Il rischio è proprio quello di rinchiudere una rivelazione così grande dentro un “ideale” religioso, con le proprie categorie e i propri schemi mentali.
A far svanire qualsiasi equivoco saranno le parole del Maestro che dischiuderà la natura della sua missione (Matteo 16, 21).
Il Figlio di Dio dovrà affrontare opposizioni, rifiuti, odi e persecuzioni, fino alla morte sicura e alla resurrezione. Di fronte a tale scenario la fede di Pietro si gretola; improvvisamente tutto prende una forma inaspettata, imprevista, creando una distanza quasi incolmabile tra il pensiero di Dio e quello degli uomini, al punto da suscitare in Pietro un’accesa protesta: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai.” (Matteo 16, 22).
E’ il dissenso di chi ancora non ha capito, di chi pensa di trovare nella fede solo conferme alle proprie idee e ai propri sentimenti, di chi in sostanza pensa secondo la logica del mondo: “Ma egli, voltatosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Matteo 16, 23).
Ai discepoli non basterà quindi un “proclama” su Cristo: credere significa aprirsi al pensiero di Dio, entrare nella sua logica, nei suoi criteri, che sono diversi da quelli umani.
E questo a Pietro non piace, anzi ne rimane scandalizzato!
La confessione di Pietro a Cesarea si trasforma in una opposizione verso il Maestro, verso un’ idea di salvezza che esce completamente dalla sua immaginazione.
All’accesa contestazione dell’apostolo, Gesù alza ancora il tiro, non fa sconti a nessuno: “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Matteo 16, 26).
Monastero di Meteora, Grecia
Ma per credere bisogna ancorarsi a Cristo, radicarsi in lui, gettare su di lui le fondamenta, perché, come spiega il biblista, padre Alberto Maggi, è lui la “roccia” su cui costruire la casa: “E io ti dico: Tu sei Pietro (cioè la pietra, il mattone) e su questa pietra (la roccia di Cristo) edificherò la mia chiesa” (Matteo 16, 18).
L’espressione di Gesù non è solamente una investitura personale di Pietro, dettata dalla necessità di eleggere un capo, ma acquista in Cristo un senso molto più ampio, profondamente esistenziale: chi crede in me (la chiesa) sarà come una casa fondata su “luogo solido” e non sulla sabbia (Matteo 7,24), così che nessun potere potrà distruggerla, neanche quello della morte: “...e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Matteo 16, 18).
Ed è proprio questa la condizione che papa Francesco vuole oggi mettere al centro del suo pontificato: ricostruire la Chiesa a partire dalle fondamenta.
Quindi rivoluzione o rifondazione?
L’Osservatore Romano del 22 luglio, in un articolo di Giulio Cirignano, non esita a mettere in luce l’attuale crisi della Chiesa, da ricercarsi non solo fuori ma anche dentro. Per quanto l’argomento possa suscitare pareri discordanti, l’urgenza di una riforma della Chiesa è oggi ritenuta ormai da tutti una delle sfide più importanti dei prossimi anni.
Padre Alberto Maggi, esegeta e biblista
L’esegeta e teologo Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, Fondatore del Centro Studi Biblici «G.Vannucci», delinea con molta precisione le reazioni alla riforma portata avanti da papa Francesco:
“Sono delusi molti dei cardinali, che pure lo hanno eletto...Sono delusi i vescovi in carriera che rincorrono incarichi di prestigio...E’ deluso gran parte del clero che si sente spiazzato e non sa come comportarsi...
Delusi anche i laici impegnati nel rinnovamento della Chiesa e i super tradizionalisti attaccati tenacemente al passato. Per questi ultimi il papa è un traditore che sta portando la Chiesa alla rovina. Per i primi, papa Bergoglio non fa abbastanza, non cambia norme e legislazioni non più in sintonia con i tempi, non legifera, non usa la sua autorità di comandante in campo.
Mentre sono entusiasti di lui i poveri, gli emarginati, gli invisibili, e anche tutti quelli, cardinali, vescovi e preti e laici, che da decenni sono stati emarginati a causa della loro fedeltà al vangelo, visti con sospetto e perseguitati per questa loro mania della Sacra Scrittura a discapito della tradizione. Quel che avevano soltanto sperato, immaginato o sognato, ora è divenuto realtà con Francesco, il papa che ha fatto riscoprire al mondo il profumo del Vangelo” (dal blog di “Tempo perso”, portale “Quelli della Via”).
Papa Francesco

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