cultura

La fretta di Dio

lunedì 14 agosto 2017
di Mirabilia-Orvieto
La fretta di Dio

“In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città della Giudea. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò in grembo.” ( Lc.1,39-41)

Perché nel giorno della festività dell’Assunzione della Beata Vergine Maria il Vangelo ci riporta l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta?
Il racconto parla delle storia di due donne rimaste miracolosamente incinta: Elisabetta era, infatti, sterile e molto avanti negli anni, mentre Maria non aveva conosciuto uomo.
Così, di fronte ad un evento ad dir poco straordinario e inaspettato, la vita della futura madre di Gesù sperimenta uno sconvolgimento che non riesce a frenare, a contenere, tanto da spingerla a mettersi subito in viaggio, a camminare in fretta.
Chi sa se anche noi saremmo disposti a correre così “in fretta” verso un luogo o una persona, verso un bisogno, verso un evento.
Maria lo fa, andando da Elisabetta. Corre in fretta, perché in fretta bisogna vivere quello che Dio ha donato: una vita a lei è una vita alla cugina.
Ci sono due vite che si stanno facendo nel segreto del loro ventre e queste due donne ne gioiscono, e ne gioiscono in fretta, subito.
Ecco, non so se ancora siamo abituati a percorrere in fretta, quasi con impazienza, lo spazio che separa il nostro vivere quotidiano dal “vivere” che Dio ha preparato per noi.
A volte siamo un po' lenti, un po’ titubanti, un po' paurosi...abbiamo paura della fregatura: “Chi sa se questa cosa che sento, non sia poi che un fuoco fatuo, un fuoco di paglia che brucerà in qualche minuto...vedrò una grande luce, sentirò un grande calore, ma poi?...Ma poi il quotidiano mi catturerà nuovamente, e allora cosa avrò fatto? Avrò corso in fretta, perso fiato invano, perduto qualcosa della mia vita”.
Ecco, Maria ed Elisabetta non ragionano così, loro non hanno paura di perdere nulla andando in fretta.


Roger van der Weyden: La Visitazione,1435 -particolare

Come Maria va in fretta, così Elisabetta, all'istante, riconosce chi la visita in Maria, cioè Dio stesso e nel seno di Elisabetta c'è un evento così importante che queste due donne vivono insieme con tanta semplicità...esse sperimentano un mutamento di vita!
Chissà se noi, uomini e donne, abbiamo ancora la forza e la sapienza di riconoscere che qualcosa si muove dentro di noi, di sentirlo, e di apprezzarlo, fidandoci dei sentimenti che questo qualcosa evoca; oppure lo cassiamo, lo mettiamo di lato, come un sentimento improprio, inopportuno, sconveniente, forse menzognero.
Abbiamo forse perduto la capacità di lavorare “dentro”, affinché qualcosa dentro di noi accada, ad accoglierlo come qualcosa di bello. Non siamo quasi più abituati ad accettare che qualcosa di bello accada nella vita, proprio non ce la facciamo, neanche a dirlo...a pronunciarlo. È molto più facile dire il contrario: “O che brutto, o che noia o, Dio, che situazione!”, invece di godere di quei piccoli-grandi segni d’umanità che accadono intorno e dentro di noi.
Forse dovremmo preoccuparci di questa incapacità e desiderare di vivere la stessa sensazione di Elisabetta, che qualcosa si muove dentro, che qualcosa di bello sta accadendo.
E non solo a noi personalmente, ma anche al mondo che ci circonda, cioè al mondo economico, politico, e persino a quello religioso, che magari aspetterebbe una “parola” di incoraggiamento dal mondo cristiano, ma che molto spesso non riceve perché, a volte, la Chiesa sembra più impaurita e depressa dei suoi figli...perché non le si muove niente in pancia!
Allora, se c'è ancora un po' di speranza, dobbiamo svegliare questa Chiesa e dirgli "Madre, sobbalza al tuo interno!”, guarda cosa sta accadendo attorno a te.


Il bosone di Higgs, detto anche “ la particella di Dio”.

Basta pensare alla teoria del “bosone di Higgs” (detta anche particella di Dio) che non molto tempo fa aveva detto qualcosa di grande sul mondo, sull’universo, così complesso e meraviglioso. Ogni scoperta scientifica è infatti un inno a chi quelle cose le ha fatte.
Quanto avremmo gustato nel sentir dire da uomini di Chiesa: “Che bello!...Che bello vedere questa danza di pianeti che loda Dio continuamente, come Davide danzava attorno all’Arca”.
Ma noi siamo molto razionali e devoti, e non godiamo di questo mondo per la gioia di come è fatto, non riusciamo a danzare attorno all'Arca e quello che ci muove dentro non è la gioia, lo stupore della vita, la novità della vita, ma paure e preclusioni, quello che si deve fare e quello che non si deve fare.
Perché invece non ci chiediamo, piuttosto, di che cosa si può godere e di che cosa non si può godere?
Perché non si riesce più a sobbalzare dentro quando, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa si era aperta al mondo, a tutte le confessioni religiose, e anche al mondo ateo, agnostico, che pensa la vita in un'altra maniera, ringrazia la vita in un'altra maniera e ama la vita in un’altra maniera.
Abbiamo avuto questa gioia del Concilio che ce l'ha detto, e abbiamo avuto anche dei grandi freni; abbiamo detto che chi non è della Chiesa cattolica non è Chiesa, e l'abbiamo detto dopo il Concilio.
Ma perché è stato possibile scrivere la pagina del Concilio?
Perché a qualcuno si è mosso qualcosa dentro la pancia. Qualcuno è riuscito a pensare e a vedere la vita in modo diverso, in modo nuovo, proprio come Maria ed Elisabetta che hanno osato sperare proprio in qualcosa di nuovo.


Maria assunta in cielo - particolare della facciata del Duomo di Orvieto

E Maria è salita in cielo, non perché è stata portata magicamente in alto, ma perché ha saputo innalzarsi con tutta la sua persona, corpo e anima, ad una visione differente, a una speranza differente, a un mondo nuovo che le palpitava dentro con tutta la sua forza e che Elisabetta ha saputo riconoscere.
E’ questo “innalzamento” che ha trasformato la vita di Maria, che l’ha radicalmente e profondamente cambiata in un’altra vita, perché la vita eterna o celeste (il paradiso) non è “l’altra vita”, quella che ci aspetta dopo la morte, ma è esattamente la trasformazione di questa stessa vita; è insomma la vita terrena che si eleva, si riscatta, si innalza dal basso verso l’alto, dal fondo verso la luce, dal non-senso verso la realizzazione...e innalzandosi viene trasfigurata.
La fede vera non è, quindi, la fuga alienante in un mondo migliore, il mondo dell’aldilà, com’è nell’immaginario delle religioni antiche e nuove, ma è una vita che oggi esce dalla sua staticità, dal suo blocco, dalla sua pesantezza, dalla sua condizione depressa e disperata, dalla sua falsa prudenza, per muoversi in fretta, per camminare in fretta, perché vive oggi nella speranza di essere “rovesciata” e “ricolmata” come nel Magnificat.