cultura

I Cherries dialogano con Susanna Tamaro. E "Arabica Phoenix" incanta la sala eufonica

giovedì 22 gennaio 2015
di Davide Pompei
I Cherries dialogano con Susanna Tamaro. E "Arabica Phoenix" incanta la sala eufonica

Più di una voce – che poi, sono cinque – un'anima – quella sì, percepita come unica anche se policroma. Più della favola retorica dei talenti inespressi confinati nel cassetto, insieme ai sogni, in attesa dell'agente musicale adatto per raggiungere platee più numerose del pubblico di casa, l'essenza di chi resta se stesso anche indossando tre pelli diverse. Più di Stefano Benini, Daniele Batella, Chiara Dragoni, Sara Paragiani e Veronica Troscia, provenienti da esperienze differenti, i Cherries On A Swing Set.

Insieme, a colloquio aperto, mercoledì 21 gennaio nella Sala Eufonica della Nuova Biblioteca Pubblica "Luigi Fumi" di Orvieto - tra i presenti, anche il suo progettista Giuliano Bastianello – per la proiezione del video di "Arabica Phoenix". "Contenti e un po' stupiti  - ammettono - della risposta che questo nostro percorso, iniziato cinque anni fa, sta avendo".

A due mesi esatti dall'uscita, il primo singolo del quintetto vocale presentato sabato 22 novembre al Teatro Mancinelli in occasione dello spettacolo "Phoenix, a cappella visual show", ha totalizzato oltre 2400 visualizzazioni su YouTube. Gotico e ascetico, evocativo, intriso della giusta dose di mistero e misticismo, ha suscitato non poche domande e curiosità. Pone le sue anche Susanna Tamaro, "una nostra amica che ci segue da quando abbiamo iniziato, una sorta di madrina". Offrendo loro il pretesto per parlare a ruota libera delle ormai celebri ciliegie del nome, nato durante i vocalizzi negro spirituals. E dell'immagine molto swing della donna sovrappeso in altalena. Ma anche delle difficoltà ad emergere che incontra chi, in Italia, decide di praticare il genere a cappella.

Esistono, infatti, realtà come i Neri per Caso o i Cluster – da lì viene Erik Bosio, autore della musica – ma "all'estero – spiega Stefano Benini, autore del testo in latino – un gruppo vocale ha maggiori possibilità attraverso le esibizioni live. Sono molto critico, ma spesso molta della musica che viene distribuita in radio risponde a logiche commerciali di massa. Viene da chiedersi se ce lo meritiamo. Se tornasse Luigi Tenco con la sua 'Vedrai vedrai', nessuno gli farebbe firmare un contratto, eppure spesso sento in giro tanti che potrebbero portare avanti un certo tipo di cantautorato di spessore.

La lingua che ho scelto, così affascinante ed evocativa, vuole essere un collante tra passato e presente, nella consapevolezza che la musica moderna è legata alla tradizione del contrappunto di secoli fa. C'è una matrice comune. Questa canzone rappresenta qualcosa di forte: la rinascita da un momento non facile che abbiamo attraversato nel 2014. Volevamo un messaggio universale che potesse arrivare a tutti. Il latino ha grande sonorità e cantabilità, anche rispetto all'inglese accomuna in maniera trasversale.

Non c'è una storia precisa, piuttosto la volontà di evocare sensazioni e immagini legate al tema eterno della fenice che risorge dalle sue ceneri. C'è il tema della rinascita, come possibilità aperta. L'arrangiamento è scritto per queste cinque persone e non per cinque numeri generici. Non siamo un coro di cantori che eseguono, ma un gruppo vocale di cantanti con personalità artistiche. Forti ma compatibili, come in un arcobaleno che ha colori distinti e percepibili, da soli e insieme".

"In una società che guarda al profitto – osserva, allora, l'autrice di best-seller – è sempre più difficile rompere il muro della banalità. L'artista non è più il portatore di un mondo unico di valore, ma un prodotto che deve rispondere a certi criteri di vendita prima di esaurirsi. Succede in musica, come in letteratura. La difficoltà a farsi produrre è la stessa che incontra chi vuole pubblicare un libro. C'è la volontà di appiattire i gusti. Anche nelle case editrici, ci sono editor che adeguano i testi, li banalizzano perché la gente non deve far fatica. Questa apparente semplificazione popolarizza e al tempo stesso impoverisce. È il segno dei tempi e della volontà di livellare, convinti che il livello significhi consumo, a discapito della qualità dei contenuti".

A vestire di immagini le note, senza sovrapporre ulteriori narrazioni ma dosando luci e ombre che trasformano i Cherries in angeli e demoni, ci ha pensato insieme allo sceneggiatore Valerio Sebasthian Saccà e al direttore delle riprese Miro Thuring, Valentina Dalmonte. "Ogni luogo – spiega la giovane regista – risuona, come la musica. Alla ricerca di location che fossero evocative e che valorizzassero il brano, mantenendone l'atmosfera gotica, abbiamo optato per la tomba del marchese Cahen, collocata all'interno del Monumentale Bosco del Sasseto, a Torre Alfina, e nella sagrestia di quella che era l'antica chiesa di Sant'Angelo". Quindici giorni di lavoro, notte compresa.

Domenica 25 gennaio alle 21, intanto, i Cherries saranno al Teatro Centrale di Roma per la serata finale del Festival dell'Ensemble Vocale, insieme agli altri sette gruppi vocali vincitori dei contest che si sono aggiudicati il Premio Voceania con i Baraonna. In quella stessa occasione, sarà presentato anche il cd all'interno del quale trova alloggio anche la loro "Arabica Phoenix". La casa fisica arriverà con la realizzazione del primo disco, che è nei progetti. Prima, però, c'è un brindisi beneaugurante. E febbraio, che farà comparire le ciliegie sul palco del Teatro Santa Cristina di Porano.