Nel giorno di S.Lucia, disvelata la tela della dedicazione della città. "Orvieto Pulita" con la cultura

In tre mesi, è stato pulito un tassello. E dalla patina del tempo, è affiorata la sagoma della rupe. Ora, le cuspidi del Duomo si stagliano nitide sull'azzurro oltremare dello sfondo, ottenuto dalla polvere di lapislazzuli. Rappresenta la dedicazione della città di Orvieto alla Madonna con l'intercessione di San Giuseppe e Santa Lucia, la tela seicentesca rimasta chiusa per anni in un magazzino della chiesa di San Francesco e sconosciuta a molti.
Per presentarla pubblicamente alla città, l'Istituto Storico Artistico Orvietano – di cui quest'anno ricorrono i 70 anni dalla fondazione – ha scelto la giornata di sabato 13 dicembre, dedicata alla protettrice della vista, e la Sala Consiliare del Comune, ente proprietario della chiesa dove è stato rinvenuto il dipinto. Per l'occasione, gli allievi dell'Istituto Alberghiero hanno offerto dolci occhi di S.Lucia, a base di mandorle.
"Insieme al sindaco Giuseppe Germani – ha esordito l'assessore ai beni culturali Vincenzina Anna Maria Martino – siamo felici di essere qui. Ringraziamo l'intuito dell'architetto Satolli e la Cooperativa Beni Culturali di Spoleto, che ha consentito di avviare il restauro di una tela profondamente legata alla storia di Orvieto".
L'ha ripercorsa, il presidente dell'Isao Alberto Satolli chiarendo che l'operazione "Orvieto pulita" è volutamente provocatoria. "C'è l'oggettività di un tassello di pulitura effettuata su un bel dipinto – ha esordito – ma anche l'invito a pulire Orvieto attraverso la cultura. Incentivare, cioè, il livello culturale per prevenire fenomeni di abbandono e dimenticanze. Non è sufficiente guardare un quadro, occorre capire il suo significato". Non tanto la ri-scoperta di una tela, quindi, ma la sua conoscenza. E quella che lega la città al culto e all'iconografia della santa, già tra la fine del 1200 e l'inizio del 1300.
"Nel 1322 – ha spiegato Satolli – Santa Lucia era protettrice della città di parte guelfa. Era, cioè, la protettrice di chi aveva vinto e per questo chiamata l'imperatrice di Orvieto. Una dedicazione parziale alla chiesa è avvenuta nel 1315. È la notte di S.Lucia quando, nel 1449, una fazione di Monaldeschi scala la rupe e compie massacri. A lei è dedicata una cappella all'interno del Palazzo del Capitano del Popolo verso la fine del '300, poi spostata nel Palazzo dei Sette e nel Palazzo Comuale, dove oggi si trova un'annunciazione del 1700. Nel 1887, l'Opera del Duomo l'ha scelta per raffigurarla nelle vetrate del maestro perugino Francesco Moretti. Esiste anche una tela di Cesare Nebbia. Il culto di Santa Lucia era molto sentito, almeno fino a cinquant'anni fa. A Sugano si suonavano le campane tutta la notte, a Ficulle Lucia è presente nella chiesa dei Cappuccini".
La fase di pulitura della tela è stata illustrata, invece, dal restauratore della Cooperativa Beni Culturali di Spoleto Bruno Bruni. "Si tratta – ha detto – di una pala d'altare di medie dimensioni, tesa su un telaio di 168,5 x 121 cm e dipinta ad olio. Fra la tela e il colore, c'è uno strato preparatorio, steso per rendere liscia la superficie e impedire che il legante che si applica perda di saturazione. La tela è fissata lungo il margine esterno con lastrine di ferro a punta infisse nel legno, su un telaio di castagno di tipo fisso. Gli incastri sono bloccati da chiodi così da impedire il tensionamento di una tela nata dalla cucitura di due teli di poco più di 60 cm, tessuti su telai casalinghi e non industriali.
Ci sono pezze di tela incollate con colla animale, in corrispondenza di tre lacerazioni molto estese. Il telaio è piuttosto danneggiato e sono presenti diversi fori in prossimità della testa e del collo della Madonna e del Bambino, dove venivano cucite corone, applicate catene e lamelle sbalzate. È un'opera che da parecchi decenni non veniva spolverata con spugne abrasive. Le lacerazioni più evidenti interessano il manto della Madonna e il piede del Bambino. Sono inoltre affiorate pennellate di giallo che alterano la percezione dei colori e nel manto opaco di S.Lucia creano tensioni visive di profondità".
L'intervento, fin qui, è stato minimale ma prezioso e realizzato a titolo gratuito. Si è rimossa la polvere, recuperato le parti rotte del telaio, ricostruito le stuccature dei capitelli, rinforzato l'intero fissaggio perimetrale ed effettuato un saggio di ripulitura alla vernice per dare leggibilità all'opera.
È andato oltre l'annunciata analisi storico-critica della tela ipotizzando l'attribuzione dell'artista che l'ha dipinta lo storico dell'arte Bruno Toscano. "Sono ammirato – ha confidato il professore – della conoscenza che il presidente Satolli ha del territorio. Una volta si parlava di erudizione municipale, in realtà o la città la si conosce così o non la si conosce. Amministrare senza conoscenza è un mestieraccio. Così, vivere la città. Occorre una conoscenza che non si accontenta della superficie delle cose, ma la utilizza per sapere.
In questo, il recupero parziale della tela è emblematico. Negli ultimi 140 anni è stata abbandonata, ha mancato di manutenzione e quindi ora serve un restauro. L'invito è a curare di più la vita delle opere. Questa, in particolare, appartiene a un '600 avanzato. Lo rivela il panneggio non geometrico e astraente, ma gonfiato e frastagliato al punto da essere ricco di effetti e artifici. In un momento non così alto come la scuola di Bernini, il contesto comunque è quello romano. Opera di un pittore residente a Orvieto, come Colombi, che interpreta il gusto raffinato. Un erudito locale a cui giova l'apprendistato capitolino". Per ora, in vista del restauro completo e della sua valorizzazione espositiva, il dipinto ha riconsegnato alla memoria cittadina il simbolo di una storia antica che si fonde con una tradizione che, seppure mutata, gli orvietani ancora custodiscono.

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