Nicola Piovani a Orvieto: "Così musica e bellezza sono entrate nella mia vita"

"Tornare a Orvieto, dove mancavo da troppo tempo, è un piacere". È forse per questo che Nicola Piovani si è concesso, con generosità, al pubblico della rassegna in corso "Il Libro Parlante". Lo stesso che nel lontano 1998 vide debuttare sul palco del Teatro Mancinelli lo stabat mater "La Pietà", offerto nella Pasqua dell'anno seguente alla cittadinanza di Betlemme come messaggio di pacificazione della Terra Santa. Un legame, quello stretto con la città del Duomo, che dal 2002 gode anche del sigillo della cittadinanza onoraria.
"La prima che ho ricevuto – dice – è quella di Corchiano, il paese di mio padre. La seconda è venuta da Orvieto e la terza da Betlemme. Sono orgogliosissimo di tutte e tre, senza gerarchie". Il pretesto per dialogare con il Premio Oscar per le musiche del film "La vita è bella" nell'Atrio del Palazzo dei Sette, martedì 9 dicembre, è offerto dalla recente pubblicazione del libro "La musica è pericolosa", edito da Rizzoli. Prima, però, c'è l'accoglienza al Caffè Montanucci che con la crema ricama una chiave di Sol sul celebre Semolino.
Una grande nota in legno e un sorriso grato, invece, è l'omaggio prestigioso della Bottega Michelangeli. Dall'assessore alla cultura Vincenzina Anna Maria Martino, arriva "la gioia di un benvenuto che è un bentornato e il ringraziamento perché, nel contesto di 'Orvieto Città Narrante', ci permette di sostenere un percorso teso alla costruzione di un futuro basato sull'economia della conoscenza".
"Il libro – mette in chiaro Piovani – non è un'autobiografia, ma il racconto di una vita cantabile, appunti per un saggio autobiografico, fatto di incontri con registi e note che fanno da colonna sonora alla vita". Dalle canzoni del Festival di Sanremo che Domenico Modugno e Claudio Villa gli facevano arrivare per radio quando, 13enne, stava al Trionfale di Roma, fino alle arie di Mascagni e le opere di Beethoven che lo hanno trasformato in ascoltatore onnivoro. E, da universitario, musicista per matrimoni, funerali e pianobar. Alla ricerca di un titolo che parlasse di musica e che suonasse bene, la scelta è caduta così sulla frase cara a Fellini, ma in un'accezione diversa da quella data dal grande regista.
"Lui – spiega – aveva quasi paura della musica, lo commuoveva senza contenuti. Diceva: 'Il lavoro mi fa da scafandro protettivo. Due note hanno la capacità di strangolarmi di emozioni'. Nel libro, il senso di paura è un altro. È quello di una bellezza che prende e cambia alla fine di un viaggio dentro qualcosa di sconosciuto. Dentro la bellezza, non siamo più come prima. È la stessa sensazione che pervade Keplero, quando scopre che la terra gira intorno al sole. Una scoperta che talvolta può anche essere disturbo. La bellezza può essere pericolosa a tanti livelli, lo sa bene chi si innamora. Anche la vita, se vissuta con la profondità di mettersi in discussione, non è rassicurante e quindi pericolosa".
"Nella modernità – prosegue – non c'è abitudine all'ascolto. E non ascoltarsi, trascina nel pantano culturale, ideologico e sociale che impedisce di portare alla dialetticizzazione di ciò che si dice. Impera il linguaggio pubblicitario, anti dialettico per definizione, drogato com'è da una serie di sensazioni emotive ed evocative che fanno passare un'idea senza doverci entrare dentro. Tutto ciò si è trasferito anche in politica dove si urla e si chiama dibattito, quello che dialogo non è. Tutti i grandi artisti sono stati anche grandi ascoltatori. Di un bambino, che sta dicendo qualcosa di apparentemente sconnesso. Di chi blatera fesserie, che occorre ascoltare per poterle smontare. Chi ama la musica ha sviluppato un buon esercizio all'ascolto e, forse, anche alla vita".
"Anche se poi – ammette – entrambe hanno la capacità di sorprendere, stupire, spiazzare. La nostalgia può portare a vivere con la testa girata all'indietro, c'è sempre il rimpianto di un mondo che ricordiamo migliore. Io, dal canto mio, non ricordo finora un giorno senza musica e spero che non arrivi mai. Quella oggettiva, ininterrotta, è diversa dal commento musicale. Così come la finzione della rappresentazione teatrale è diversa dalla credibilità costruita dal cinema. Offre quest'ultimo un tipo di comunicazione quantitativamente in declino. Nonostante tutto, produciamo film che si impongono nel mondo come 'Gomorra', 'La Grande Bellezza' e le pellicole di Nanni Moretti. Abbiamo una grande cinematografia, nonostante la tentazione di guardare all'estero.
Le prime idee mi nascono a matita, di mattina, come un disegno. Poi, lavoro al computer e limo le partiture che talvolta mettono in contatto con l'oltre e con l'altro, così come avviene per un kamikaze. La musicalità è nell'approccio alle cose. Ora comincio a godere della bellezza delle domande che non hanno risposte. Di livelli di partecipazione che si fanno tangibili sotto forma di accendini in un contesto insolito come la Scala o negli applausi di una Tosca portata all'Olimpico. Andrebbe coltivata l'abitudine di far ascoltare Mozart negli asili, far conoscere fin da bambini la bellezza come atto d'amore quotidiano. La musica aiuta".

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