cultura

"Mario Bizzarri. Archeologo fuori dagli schemi" riporta a Orvieto la "Magica Etruria"

mercoledì 24 settembre 2014
di Davide Pompei
"Mario Bizzarri. Archeologo fuori dagli schemi" riporta a Orvieto la "Magica Etruria"

In sella alla moto, con la sigaretta in mano. "Parrebbe che io cavalchi una moto ma forse, da buon archeologo, non è che una chimera!". Dal bianco e nero di una foto, Mario Bizzarri sorride spiazzante, inconsapevole - o forse sì - di invitare chi lo osserva alla mostra a lui dedicata, nel centenario della nascita, dalla Fondazione per il Museo "Claudio Faina" con cui collaborò fin dalla sua istituzione nel 1957, realizzando campagne di scavo nella necropoli etrusca di Crocifisso del Tufo fino alla nomina a curatore del museo. In quegli anni, Bizzarri riordinò anche la collezione del Museo Civico Archeologico, allora ospitato presso il palazzo dell'Opera del Duomo.

In calligrafia corsiva è sintetizzata la personalità sopra le righe di un archeologo fuori dagli schemi. Figlio dell'architetto Arnolfo, soprintendente per la Regia Soprintendenza per la Conservazione dei Monumenti dell'Umbria e delle Marche. Nipote di Scipione, classe 1853, che aveva lavorato per l’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti delle Marche e dell’Umbria. "Mario Bizzarri. Archeologo fuori dagli schemi" è il titolo scelto per l'allestimento che aprirà i battenti negli spazi del museo archeologico di piazza Duomo, sabato 27 settembre alle 17, dove resterà fino a domenica 11 gennaio. In occasione della mostra, la Nuova Immagine Editrice di Siena ha ristampato i capitoli dedicati ad Orvieto e a Perugia del volume "Magica Etruria" scritto a quattro mani per Vallecchi nel 1968 con Claudio Curri e arricchito dagli scatti di Raffaele Bencini.

L'opera che ricorda "The Cities and Cemeteries of Etruria" di George Dennis ed "Etruscan Places" di David Herbert Lawrence, fu per l'archeologo l'occasione per lasciar correre la penna costruendo su solide basi scientifiche un percorso godibile anche per un lettore non addetto ai lavori. Si tratta, infatti, di una guida-non guida stimolante ancora oggi, a tanti anni di distanza per coloro che si avvicinano al mondo dell'archeologia e dell'etruscologia, in particolare, con curiosità ed apertura mentale. Alla presentazione del volume sarà presente anche l'editore Laura Neri.

"Ho avuto molte peripezie – scriveva Bizzarri nel 1949 in una lettera all'amico Carlo Poglayen – lavoravo al riordinamento del Museo di Terni finché un bel giorno le ‘fortezze volanti’ lo “riordinarono” definitivamente. Passai allora al Museo di Ancona ma anche esso venne riordinato, per via aerea, con lo stesso metodo. E non mi si dica che ero io a portare iella!". Otto anni prima si era laureato a Roma con una tesi dal titolo "Assisi Municipium romano" entrando poi a far parte della Soprintendenza ai Monumenti di Perugia, con giurisdizione sull'Umbria e sulle Marche, fino a curare la riorganizzazione dei musei di Terni ed Ancona.

Dopo la seconda guerra mondiale, passò alla Soprintendenza alle Antichità di Etruria con sede a Firenze, per conto della quale, grazie ad un finanziamento dell’Ente Maremma, condusse indagini archeologiche a Populonia, ad Albinia, nella Maremma Toscana e nelle isole del Giglio e di Giannutri. E s'impegnò anche all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Firenze: "Lavoro alla catalogazione delle sculture etrusche in marmo e pietra – scriveva all’amico Valentino Petrangeli – e ho messo i Penati (sapessi che pena, quest’inverno!) nella sala delle urne. Sono circondato da urne e sarcofagi: sui coperchi giacciono gli etruschi (più simpatici di quelli moderni!) con i loro ombelichi al vento e da un certo tempo che vivo con loro oramai li conosco tutti. Il museo è chiuso: quindi la polvere è davvero archeologica. Solo quel grassone laggiù senza testa (la deve aver persa per quell’altra signora, pochi sarcofagi più a destra, che si specchia la faccia procace da bacivendola) viene da me spolverato sistematicamente con amorevole cura. Non che mi interessi particolarmente; non ho avuto mai un debole per i grassoni tanto più senza testa. Il fatto è che su di lui metto il mio cappotto quando entro".

"Ora – diceva nel 1956 rivolgendosi ad Erika Pauli, che poi sarebbe diventata sua moglie – sono impegnato al Museo di Orvieto per la sua nuova sistemazione. È il primo lavoro importante che posso fare e vado alternando periodi di compiacimento a improvvisi scoraggiamenti. Abito, da solo, in un grande palazzo proprio davanti alla facciata del Duomo. La mia stanza non ha porta perché è uno dei locali che poi sarà museo - così ci sono, una dopo l’altra, altre sette sale. La notte quando prima di dormire leggo qualche cosa, il rumore che fa una pagina voltandosi, si ripete come un’eco per tutte le stanze”. "Presto - aggiungeva l'anno dopo - dovrò lasciare il Palazzo perché nella mia stanza di adesso dovrò mettere la Venere – sarebbe uno scandalo, anche se la Venere è del VI secolo!".

Mario Bizzarri, in realtà, non amava particolarmente i musei in quanto tali. "Ho ancora una visione romantica dell’archeologia e mi rimane dentro amaro e pungente il fascino dello scavo aperto e delle rovine in situ. I musei “vivi” mi piacciono, non questi ordinati cimiteri dei quali siamo i diligenti becchini. L’oggetto “catturato” e messo dietro il vetro mi dà una profonda malinconia e un vago senso di colpa". Nel 1964 venne trasferito presso la neonata Soprintendenza per le Antichità dell’Umbria. Tornerà a Firenze, mai abbandonata, due anni dopo in occasione dell’alluvione che colpì anche il museo archeologico.

In qualità di ispettore di Soprintendenza, sono molti gli interventi da lui effettuati nell'Orvietano. Le più eclatanti, le campagne di scavo nella necropoli di Crocifisso del Tufo, nelle estati del 1960 e 1961 e successivamente in quelle del 1963 e 1964. Insieme al rinvenimento, l'anno seguente, di un tratto di muro di terrazzamento/fortificazione posto lungo Via della Cava che ha contribuito a risolvere la vexata quaestio del riconoscimento di Orvieto nell'antica Velzna.

E poi ancora le tombe di Montecavallo, di Poggio Allocco a Titignano, di Monte Melonta presso San Marino nel Comune di San Venanzo. Le campagne di scavo a Plestia, presso Colfiorito di Foligno, dove riporta alla luce strutture pertinenti al municipio romano. Una carriera non lunga, ma intensa fatta anche di collaborazioni con varie riviste tra cui "Studi Etruschi", "Notizie degli Scavi" e "Athenaeum", e con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana (Treccani). Socio ordinario della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria e socio corrispondente dell’Istituto Nazionale di Studi Etruschi e Italici, Bizzarri resta a tutti gli effetti un archeologo fuori dagli schemi.