cultura

Dalla Terra dei Fuochi alla città del Duomo. La battaglia di padre Patriciello per dire basta all'Inferno

martedì 17 giugno 2014
di Davide Pompei
Dalla Terra dei Fuochi alla città del Duomo. La battaglia di padre Patriciello per dire basta all'Inferno

Quando si spegneranno i riflettori sulla Terra dei Fuochi, i fuochi riprenderanno ad ardere”. E questo padre Maurizio Patriciello non può permetterlo. S'infiamma quando parla, arde anche lui ma dalla voglia di giustizia per una terra, la sua, distrutta “dalla stupidità umana”. È stanco di vedere “ogni anno seimila roghi di rifiuti, che inceneriscono scorie industriali, sprigionano veleni, ammorbano l'aria e uccidono la vita nei campi”. È stanco di vedere figli passare dal seno materno alla chemioterapia. E di celebrare più funerali, che matrimoni. Atipico o forse così tradizionalista da sembrare rivoluzionario, il sacerdote della parrocchia di San Paolo Apostolo, Caivano, ha intrapreso una battaglia più grande di lui. “Contro il Sistema – dice – serve un sistema, la rete”.

In chiesa riceve, dibatte e, se occorre, organizza la protesta della piazza. Guai a definirlo anticamorrista o ambientalista”. Patriciello, effettivamente, è molto di più. Entrato in seminario non ancora trentenne, dopo aver lavorato come paramedico in ospedale, è nel quotidiano che ha imparato l'importanza della prevenzione prima ancora della cura. Nel giro di pochi mesi, è diventato il leader del movimento civile che chiede con urgenza la bonifica della Terra dei Fuochi. Megafono di una situazione insostenibile e simbolo vivente dell'urgenza di contrastarla.

Non possiamo più tacere” spiega al pubblico di Orvieto, incalzato dalle domande di Pino Ciociola, firma dell'Avvenire e autore dei video proiettati in Duomo lunedì 16 giugno nell'ambito della nona edizione del Festival Internazionale di Arte e Fede. “Forse non risolveremo il problema – ripete – ma almeno quelli che verranno dopo di noi, non ci malediranno”. La presentazione del suo “Non aspettiamo l'apocalisse” edito da Rizzoli, in una location profetica come la cappella di San Brizio, si rivela presto una lectio magistralis di impegno civico e morale. Un'immersione, anche per chi non sa nuotare, in un mare reso putrido. Uno squarcio di luce che ferisce gli occhi di chi finora non ha voluto vedere chi c'è dietro tutto quel nero. Un pugno ben assestato tra stomaco e sterno, da provocare istantanea apnea.

Lui, non ce la fa nemmeno a rimanere seduto mentre parla per oltre due ore, circondato da angeli e demoni del Signorelli. Per tornare nella sua amata terra trasformata in Inferno, gliene serviranno tre. “Chi non vive lì – ammonisce – non può comprendere a che punto si è arrivati. L'uomo stolto ha finito col distruggere se stesso. Quando abbiamo visto che tutto intorno a noi taceva abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa in più. Da sacerdote, mi sono fidato del Dio in cui credo. Abbiamo usato le armi dei poveri, dei deboli e dei disperati. Abbiamo portato le telecamere al cimitero per far comprendere a tutti l'entità di un problema diventato sofferenza, malattia, morte. Altri, hanno tutto il diritto di portare avanti questa battaglia da un punto di vista ambientale. Noi, da cristiani, la facciamo perché Dio ci ha raccomandato di dare respiro a chi lo chiede con le lacrime negli occhi. Per mettere fine a questo scempio, al dilemma se partire o restare a combattere".

Ai ministri e i politici che ha incontrato, l'ha ripetuto: "Non so fino a quando riuscirò a mantenere la mia posizione moderata". Il dialogo con le istituzioni non ha portato ancora risultati. "Gli esperti - prosegue - dicono che il picco delle conseguenze arriverà nel 2064. La situazione è stata paragonata alla peste del Seicento. Conosciamo la formula, ma non facciamo nulla per intervenire. A novembre siamo scesi a Napoli, eravamo centomila. Insieme a madri senza più figli, trasformate in guerriere. Tutto ciò che si sa sulla Terra dei Fuochi, da Giugliano ad Afragola, da Succivo a Caivano fino a Marcianise, è frutto del lavoro di volontari e mass media. Alcuni giovani spingono per fare più in fretta e confesso che ho paura. Se una sola persona dovesse pagare, per me sarebbe il fallimento totale. C'è tanta gente che ha le mani sporche e la voce rauca. Chi, invece, ha mani trasparenti e pulite, ha anche la voce forte. E allora grida”.

Una mano, nel suo piccolo, l'ha tesa anche il festival, fecondo da sempre non solo di suggestioni culturali ma anche di testimonianze e occasioni di approfondimento intense, a ridosso di un appuntamento centrale, per la città e per la Chiesa stessa, come il Corpus Domini. Un'altra, potrebbe presto concretizzarsi in una sorta di gemellaggio tra la comunità di Orvieto e quella di Caimano. “Voi che qui vivete il Paradiso, volgete lo sguardo a chi respira l'Inferno”.