La storia di Alberto Sed raccontata da Roberto Riccardi. Così il Comune di Orvieto ricorda il Giorno della Memoria

"Il male, nel Terzo Reich, aveva perduto la proprietà che permette ai più di riconoscerlo per quello che è - la proprietà della tentazione. Molti tedeschi e molti nazisti dovettero essere tentati di non uccidere, non mandare a morire i propri vicini di casa, non trarre vantaggi da questi crimini e divenirne complici. Ma Dio sa quanto bene avessero imparato a resistere a queste tentazioni"
(Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli 1992)
Intenso ed emozionante incontro quello che si è svolto venerdì mattina presso la Sala Consiliare, presente il Sindaco Antonio Concina, con Roberto Riccardi nella sua veste di autore del libro "Sono stato un numero" (ed. Giuntina, Firenze 2009), storia della deportazione di Alberto Sed e della sua famiglia. L'iniziativa è stata organizzata dal Comune di Orvieto per ricordare il Giorno della Memoria.
Riccardi, ufficiale dei carabinieri, giornalista e direttore responsabile della rivista "Il Carabiniere", si è imbattuto nella storia della deportazione quasi casualmente, come egli stesso racconta, quando per il giornale che dirige ha scelto di celebrare la Giornata della Memoria del 2007 intervistando un sopravissuto ai campi di concentramento nazisti.
In questa ricerca ha incontrato Alberto Sed, ebreo di Roma che nel 1943, a soli 14 anni, è stato catturato con la madre e le sue tre sorelle dalla milizia fascista, a seguito di delazione, e trasferito prima a Fossoli, campo di concentramento e di transito situato in Emilia Romagna, e quindi ad Auschwitz.
Riccardi racconta l'incontro con Alberto Sed come uno dei più intensi e partecipati in cui, ad una prima sensazione di non riuscire a trovare, in quell'ambiente familiare e accogliente sorseggiando un caffé, l'orrore di Auschwitz , subentra, a poco a poco, la consapevolezza di ascoltare una storia che contiene aberrazioni tali a cui sembra impossibile che un uomo possa arrivare.
Separato all'arrivo al campo dalla madre e dalle sorelle, in quanto maschio, Sed riuscirà a sopravvivere all'orrore, alle torrture e alla fatica anche grazie agli incontri di pugilato che accetterà di fare per il piacere del comandante e degli ufficiali del campo e che gli consentiranno di avere qualche razione di cibo in più.
Ben diverso il destino della madre, che sarà avviata immediatamente alle camere a gas con la figlia Emma in quanto inabili al lavoro, e della sorella Angelica, che sarà sbranata dai cani per il divertimento delle SS davanti alla sorella Fatina, che dopo questo terribile trauma sarà anche sottoposta agli esperimenti del dott. Mengele. Fatina al suo ritorno resterà per sempre segnata psicologicamente nella convinzione di essere sempre ad Auschwitz.
Riccardi ha avuto il merito di raccontare questa storia, opportunamente contestualizzata in un percorso storico, con grande chiarezza e lucidità, senza quella patina di retorica che troppo spesso accompagna le celebrazioni della memoria e impedisce di andare oltre l'emozione.
Si inserisce - storia nella storia - l'incontro con Daniel Vogelmann, editore della casa Editrice La Giuntina che ha pubblicato il libro, il cui padre Schulim, deportato ad Auschwitz e poi a Sachsenhausen, fu l'unico ebreo catturato in Italia dalla polizia repubblichina che venne inserito nelle liste di Schindler.
Resta il rammarico che un'iniziativa di spessore come questa per la Giornata della Memoria, non abbia avuto una promozione istituzionale maggiore, per una celebrazione più ampiamente partecipata e non solo dovuta.

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