cultura

Festival Valentiniano: la seconda parte

lunedì 1 ottobre 2012
di Elio Taffi
Festival Valentiniano: la seconda parte

Dopo i primi quattro pomeriggi musicali di altissimo livello, la seconda metà di settembre ha offerto ulteriori stimoli per gli appassionati della grande musica. Come da abitudine, Carlo Frajese impreziosisce la sua stagione concertistica con uno strumento inusitato e poco frequentato: quest'anno tocca al mandolino, strumento insospettabilmente ricco di possibilità timbriche ed espressive, protagonista del quinto concerto della rassegna.

Ekaterina Nepryakina è una giovane virtuosa proveniente da San Pietroburgo; il suo mandolino, anzi, la sua domra (una sorta di incrocio fra il liuto ed il nostro mandolino, dalla cassa di forma rotondeggiante) ha stupito il pubblico del Valentiniano che non avrebbe mai immaginato di ascoltare simili virtuosismi da uno strumento dall'aspetto fragile, quasi tenero.

Come tutti i musicisti scelti da Frajese, anche la giovane russa è vincitrice di importanti concorsi internazionali ed ha pienamente dimostrato il suo valore mettendo in luce una tecnica brillante; ma quello che ha più sorpreso gli spettatori è stato il gusto musicale di prim'ordine con cui la Nepryakina ha condito le musiche originali di Tsygankof, fra i massimi compositori per domra. Deliziosa, poi, l'esecuzione delle variazioni di Lukin sul tema principale del Capriccio n.24 di Paganini, che ha strappato lunghi e scroscianti applausi al pubblico del Ridotto.

Il giorno dopo ritorna ad Orvieto la violinista Dami Kim. Nello scorso anno la ragazza coreana aveva incantato con un'esecuzione strepitosa dei Capricci di Paganini, tra l'altro ascoltati su un vero Stradivarius, prezioso strumento originale che il governo giapponese le ha affidato a seguito della sua affermazione al Concorso Paganini.

Il Maestro Frajese ha accontentato i suoi affezionati che avevano richiesto a gran voce la presenza della suddetta violinista anche nell'edizione 2012; e tutti - colmo il Ridotto del Mancinelli - sono puntualmente convenuti per riascoltarne i prodigi. La Sonata n.1 in sol minore di Bach, vero capolavoro della letteratura violinistica di tutti i tempi, graffia la sensibilità degli spettatori; l'Adagio, per esempio, viene reso con una carica emotiva irresistibile. Ma è nel Presto che la giovane artista coreana rivela appieno la sua scintillante tecnica, che la pone a livello dei migliori virtuosi del mondo. Notevole anche la parte dedicata alla letteratura per violino e pianoforte, con brani conosciuti quali la Romance di Joachim e la Carmen Fantasy di Sarasate, eseguiti assieme alla pianista Kozeta Prifti. Ma non me ne voglia la brava accompagnatrice: Dami Kim possiede un talento unico, frutto della benevolenza del Signore, che si può apprezzare al meglio senza sostegni armonico e ritmico, seppure di pregevole fattura. Kim, da sola, con il suo violino. Anzi, col suo Stradivarius. Un incanto.

Tutto al femminile il secondo girone del Festival Valentiniano, perché a chiudere i concerti al Ridotto ci pensa Leila Shirvani, ottima violoncellista dalla splendida fisicità, che non sfigurerebbe neanche sulle passerelle di moda milanesi. La grazia e l'eleganza di questa ragazza hanno lasciato il segno, al pari della musicalità messa in luce nella sua apparizione orvietana. Un altro Bach, quello della Quinta Suite per violoncello solo, un altro capolavoro del sommo Maestro germanico ed un'altra grande interpretazione.

Densa la lettura della Shirvani, carnale e consistente il suo suono che restituisce integralmente la struttura architettonica della forma; curato il fraseggio, non una nota e neanche una pausa prive di spina dorsale; le sette parti della Suite sono scorse nella religiosa attenzione dei presenti. Per ogni violoncellista che si vuole fregiare di tale qualifica, il confronto con la Sonata op.8 di Kodaly non si può eludere. Il capolavoro assoluto del compositore ungherese (e dell'intero repertorio moderno per violoncello, secondo taluni critici), ha pienamente confermato la maturità tecnico-artistica di Leila Shirvani, per nulla irretita dalle spaventose difficoltà di cui ne sono caratterizzate le pagine.

Che dire? Ancora una volta, la sapiente regia organizzativa di Frajese ha ricomposto un calendario di indubbio fascino. Molto elevato anche l'interesse musicale che le scelte del direttore hanno sollecitato nei palati più raffinati. Indubbiamente, una ventisettesima edizione da incorniciare, resa affascinante dal ciclo dedicato al cinema muto svoltosi presso la Sala Eufonica della Biblioteca Comunale. Cinque film d'inizio novecento, a firma di leggendari maestri: Friedrich Murnau, Vsevolod Pudovkin e Fritz Lang, per i quali, negli anni settanta, fu commissionato il commento sonoro al già celeberrimo Carlo Frajese. Signori, semplicemente geniale il contributo del nostro Maestro! Ogni espressione oculare, ogni movimento degli attori, ogni cambio di scena: tutto è sottolineato da sapienti e caleidoscopici colori musicali; a riprova di ciò, provate a visionare quei film spegnendo la musica di Frajese...

E ora ci attende la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi, sull'ampio palcoscenico del Teatro Mancinelli di Orvieto; con l'Orchestra "Nuova Sinfonietta" di Roma; il "Coro lirico-sinfonico" e il "Coro Musicaomnia" di Stefano Cucci; con i solisti Francesca Bertini, Alice Margaret Baker, Gian Luca Zampieri e Armando Caforio. Sul podio, lui, unico depositario della suprema lezione toscaniniana: Carlo Frajese.