cultura

Dalla Lectura Dantis al mistero di Maria: "Nel ventre tuo si raccese l'amore, per lo cui caldo ne l'etterna pace così è germinato questo fiore"

sabato 14 agosto 2010
di Loretta Fuccello
Dalla Lectura Dantis al mistero di Maria: "Nel ventre tuo si raccese l'amore, per lo cui caldo ne l'etterna pace così è germinato questo fiore"

Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore

La lectura Dantis ascoltata ieri sera in Duomo, di grande impatto emozionale e di elegante equilibrio tra le parti musicali e corali e la riproposta di testi centrali della Commedia, con una apprezzabile interpretazione mai retorica o enfatica, molto centrata sulla perfezione delle terzine dantesche e sulla pregnanza e vivezza dei personaggi, accende in me ogni volta una autentica passione per la grandezza, la magnificenza, l'universalità del Divino Poeta.
Questa sensazione diventa più forte, quasi estatica, di fronte al canto XXXIII del Paradiso: già nell'attacco "Vergine Madre, figlia del tuo figlio" è condensato il senso di un mistero che ancora oggi ci accompagna: il mistero di Maria.

Recentemente la filosofa, psicanalista e linguista Luce Irigaray, una delle pensatrici più originali del nostro tempo che ha dedicato la vita a indagare, a riflettere e a vivere la differenza uomo-donna, ha pubblicato un volumetto che porta proprio questo titolo "Il mistero di Maria" (Luce Irigaray, Il Mistero di Maria, Edizioni Paoline, 2010).

Venerata con devozione totale ai quattro angoli della Terra e riconosciuta come figura universale da tutte le religioni, Maria, la madre di Gesù, non necessita forse di ulteriori parole, che da parte nostra suonerebbero scontate e ripetitive. Direi che ha senso invece misurarsi con questa Vergine madre a partire dalla nostra umanità di oggi: cosa dice a noi, alla nostra vita di uomini e donne, credenti o non credenti, cristiani o di altre religioni, di cosa parla la vita semplice e intensa di Maria? A quale approdo di luce e di speranza può condurci?

Due spunti vorrei trarre dalla suggestione dantesca e da quello che sembra proporci il testo di Irigaray: il respiro di Maria e il silenzio di Maria.

Il respiro di Maria è quello che si stabilisce tra il soffio dello Spirito che alita in Lei la vita e il suo grembo materno laddove "si raccese amore"; Maria si fa custode del soffio generativo, del legame profondo tra essere umano e natura: la sua incondizionata accoglienza, il suo Sì nel rapporto dialogante con Dio, attraverso il suo messaggero nel momento dell'Annunciazione, non sono segno di un'accettazione passiva ma di una centralità di questa donna, del tutto umana, del tutto simile a noi, che stabilisce una relazione con il divino, una relazione non mediata dall'uomo. Questo fiore che germina in lei è all'insegna di un amore caldo e di un'eterna pace, del modo unico in cui una donna può generare la vita, in un rapporto che esclude la distruzione, la vendetta, l'invidia e la morte e fa spazio allo slancio vitale. Dice Irigaray: "In realtà, Maria sembra essere una donna che rappresenta una tradizione di saggezza in un mondo di uomini dove il fuoco è spesso predominante e perfino distruttore. Maria è quella che riesce a sedare la rabbia di Dio, a trasformare il suo bisogno o desiderio di vendetta in compassione, in amore. È la mediatrice fra Dio e gli umani. È quella che sorride alle loro follie... una simile trasformazione del respiro, in particolare amoroso, in luce che può salvare dal carattere distruttore del fuoco, è quasi sconosciuta da noi occidentali. E il ruolo che una donna può avere in una tale cultura della saggezza rimane ignoto e perfino disprezzato dalla maggior parte di noi. È però complesso e decisivo per il divenire sia vitale che spirituale del mondo".

L'altro punto, per me oggetto di grande riflessione, è quello del silenzio di Maria, strettamente legato al respiro, all'ascolto. Maria, esperta nel silenzio, ci insegna una dimensione a noi sconosciuta, il silenzio che parla, il silenzio che attende, che non è impaziente ma entra nella dimensione più profonda e interiore dell'essere umano per cercarvi una verità, una possibilità di relazione non scontata: "Maria è silenziosa, perché sa che la parola vera nasce dal silenzio. Non è rassegnata, è forte, dolce e rigorosa. La sua parola rara è autorevole."

Maria è l'emblema di una cultura della saggezza che trascende i tempi ma che noi nel nostro tempo spesso insensato sembriamo aver dimenticato. "Una cultura della saggezza - dice Irigaray - esige un lavoro interiore, un fare ma anche un lasciar farsi ed essere che accoglie, pur trasformandolo, ciò che avviene in sé. Un atteggiamento di cui le donne sono più capaci, almeno quando rimangono fedeli a loro stesse."

Tutto questo e ancora di più doveva aver capito Dante, uomo medievale tanto radicato nel suo tempo quanto proiettato nell'eternità, quando non solo ha riconosciuto in una donna, Beatrice, la mediazione tra sé e il divino, ma ha impiantato tutta la sua opera e la sua esistenza su questa relazione che gli è resa possibile sempre da donne: l'intercessione di Santa Lucia, la grazia illuminante, mandata da Maria a soccorrerlo nel momento dello smarrimento, che poi lo conduce alla porta del Purgatorio, Maria stessa che Dante nelle parole della preghiera di San Bernardo eleva a principio universale di amore, elevando la condizione umana:

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Credo che potremmo avere, se lo vogliamo, elementi su cui riflettere in questa celebrazione della festa dell'Assunta e avremmo, sempre se lo volessimo, un modello preciso a cui tendere, soprattutto quando dentro di noi regna il disordine e l'avversione per l'altro: il silenzio parlante di Maria, il suo respiro consapevole e caldo che accompagna la vita.

Nell'immagine "L'Annunciata e l'Angelo annunciante" di Francesco Mochi
Orvieto, Museo Modo, Chiesa di Sant'Agostino