cultura
Una riflessione storico-rievocativa sulla Primavera di Praga nel 40° anniversario. Lunedì 15 dicembre alle ore 17 al Museo “Emilio Greco”
sabato 13 dicembre 2008
40 anni fa la Primavera di Praga. 31 anni fa la morte del filosofo Jan Patocka, primo firmatario di “Charta 77”, il movimento per il rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione. Il 1° gennaio 2009 il Primo Ministro della Repubblica Ceca assumerà la presidenza dell’Unione Europea, e infine, il 16 gennaio 2009, cadrà il 40° anniversario del suicidio dello studente di filosofia Jan Palach, che si diede fuoco in piazza San Venceslao a Praga come estremo gesto contro la repressione militare delle truppe dell’Unione Sovietica verso quella stagione riformista, divenuto poi il simbolo della “Rivoluzione di Praga”.
Quattro circostanze cronologiche che sostanziano l’appuntamento culturale promosso dal Comune / Assessorato alla Cultura, dall’Opera del Duomo di Orvieto e dal Ceské Centrum / Istituto Culturale Ceco di Roma in programma Lunedì 15 dicembre alle ore 17 presso il Museo “Emilio Greco”. Un’occasione per riflettere, a quarant’anni dall’anniversario della Primavera di Praga e dopo la caduta del comunismo, per trarre un insegnamento da quella vicenda storica. Una riflessione insieme con Miloslav Hirsch, Direttore dell’Istituto Culturale Ceco di Roma su “La strada per la libertà e la democrazia alla luce degli avvenimenti della Primavera di Praga”; e con Giancarlo Baffo, Docente di Filosofia Morale dell’Università di Siena / Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo, che si soffermerà su “Vita, opere e morte di Jan Patocka: un Socrate a Praga”.
Patocka, “filosofo resistente” di Domenico Jervolino Jan Patocka (1907-1977) è un pensatore che sempre più col passare degli anni emerge sullo scenario europeo, non solo per la sua alta figura etico-politica, ma anche per la sua opera filosofica: egli appare come una delle personalità di primo piano del “movimento fenomenologico”, in compagnia di autori come Merleau-Ponty, Fink, Landgrebe, Ricoeur, che si collocano non solo dopo ma anche in qualche modo oltre Husserl e Heidegger. Il grande linguista russo Roman Jakobson, animatore del celebre “circolo linguistico di Praga”, lo aveva già annoverato, in un articolo appassionato, pubblicato dopo la tragica morte del filosofo, fra le tre personalità filosofiche ceche di livello mondiale, insieme al grande pedagogista del Seicento Comenio e al fondatore e primo presidente della Repubblica cecoslovacca T. G. Masaryk. Patocka, che era stato in gioventù uno degli ultimi discepoli di Husserl a Friburgo, fu tra i principali animatori del Circolo filosofico di Praga (costituito sul modello del Circolo linguistico), e tra gli organizzatori nel 1935 della celebre conferenza del suo maestro, conferenza che rappresentò il primo nucleo dell’opera postuma husserliana su La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Secondo l’anziano filosofo, come è noto, le scienze europee sono in crisi, nonostante i successi del progresso tecnico-scientifico, perché esse hanno perso il loro senso umano, che può essere recuperato solo a partire dal loro radicarsi nel “mondo della vita”. A questo tema il giovane studioso dedicò la sua tesi di abilitazione all’insegnamento universitario, presso l’Università Carlo, nel 1936 e si adoperò, nel 1938, alla morte del maestro, che era di origine ebraica e inviso al regime nazista, per il salvataggio della preziosa eredità dei manoscritti husserliani, che sono ora conservati e studiati nell’università cattolica di Lovanio, in Belgio. Purtroppo, Patocka non ebbe vita facile. Salvo brevi periodi dovette fare i conti prima con la barbarie dell’occupazione tedesca e poi con il lungo inverno staliniano. Nel 1968, fu uno dei protagonisti della breve “primavera” di Praga. Poi devette affrontare la repressione e una nuova più pesante emarginazione, costretto a dare seminari a un gruppo ristretto di discepoli in un sottoscala, mentre i suoi scritti potevano circolare solo in forma di dattiloscritti, clandestinamente. Fondatore e portavoce di “Charta 77”, movimento che rivendicava il rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione ma negati dal regime, morì dopo brutali interrogatori da parte della polizia in quello stesso anno, il 13 marzo 1977. All’opinione pubblica mondiale la sua figura appare come quella del “filosofo resistente”, secondo l’espressione del filosofo francese Paul Ricoeur, come l’esempio di un “socratismo politico” che testimonia con la vita e il sacrificio la dedizione alla libera ricerca della verità.

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