cronaca

Allarme nell'Oasi di Alviano. Un vitello morto e uno sofferente: niente dolo, solo il normale ciclo naturale

martedì 18 ottobre 2005
Allarme nella zona dell’Oasi di Alviano denominata “acquitrini”, che è ben visibile per tutti coloro che percorrono l’autostrada nel tratto Attigliano–Orvieto. Nella giornata odierna, proprio percorrendo quel tratto, un frequentatore ha intravisto un vitello in postura sofferente e ha quindi avvertito le autorità preposte.
I vigili del fuoco, l’Ufficio veterinario della ASL e un operatore del WWF (l’associazione che ha in gestione l’Oasi) hanno subito effettuato un sopralluogo, che ha consentito un immediato soccorso al vitello in sofferenza. Nell’intervenire, gli operatori hanno purtroppo rilevato anche la presenza di un altro vitello, deceduto in circostanze ancora non note, ma certamente - secondo il direttore dell’Oasi di Alviano, il professor Gianni Cardinali - non dolose.

I vitelli presenti nella zona, che corrispondono a sette individui e condividono uno spazio di circa 14 ettari insieme a undici cavalli, svolgono un’importante funzione di controllo della vegetazione, affinché non si orienti troppo verso quella esclusivamente arborea e, con le loro feci, contribuiscono a un importante arricchimento dell’ecosistema palustre ai fini della produzione alimentare per gli uccelli acquatici che sostano durante l’inverno. Sono animali di proprietà privata che utilizzano, per un lungo periodo dell’anno, la grande produzione vegetale che la zona palustre riesce ad offrire anche nei periodi siccitosi.
Il professor Cardinali ha spiegato che, ad esercitare la stessa funzione, dalla parte opposta agli acquitrini, nella zona dei sentieri natura e ben visibili ai visitatori, sono presenti altri quattro cavalli e quattro asini, sempre di proprietà privata.

“In genere vivono molto bene – dichiara il direttore dell’Oasi – anche grazie anche alla varietà di piante a disposizione. Va detto tuttavia che qualche cavallo è piuttosto anziano e, invece che inviarlo al macello, si preferisce farlo morire secondo natura mentre svolge questo ruolo che contribuisce all’equilibrio dell’ecosistema. Anche gli altri cavalli e vitelli, quelli più giovani, come tutti i viventi possono ammalarsi e anche morire. Se non ce ne accorgiamo, come può capitare, dopo qualche giorno del malcapitato non rimane più nulla, se non le ossa: sono infatti i cinghiali a mangiarsi tutto, svolgendo quel ruolo di necrofagi che in altri ambienti svolgono gli avvoltoi”.
Al di là del normale ciclo biologico dunque, fatto di vita e di morte, non è il caso, secondo il professor Cardinali, di lasciarsi andare a quelle ipotesi romanzesche, di dolo o altro, che in alcuni ambienti oggi già circolavano.