sport

Carmine Frola, il portiere con il piano B

giovedì 21 ottobre 2021
di Roberto Pace

Classe 2000, ventuno anni vissuti con il "credo" nei valori più importanti della vita. Carmine Frola, che alterna la titolarità a guardia della porta biancorossa con Riccardo Perquoti, riproduce la foto del ragazzo serio e per bene. Non il classico "bacchettone", più semplicemente un ragazzo abituato a vivere seguendo solidi fili conduttori. È di Napoli, si considera simpatizzante dei colori azzurri, a diciassette anni riempì la prima valigia per seguire il profumo del pallone. Ha una sorella più grande, un padre molto appassionato al calcio, la mamma costretta a far buon viso a cattivo gioco ogni qualvolta, il cocco di casa, essendo il più piccolo, tira fuori il discorso “partenza”.

Ciò non toglie, però, trovarla, sempre presente alle partite interne dell’Orvietana. Orvieto era già stata la sua prima meta. Giovanissimo, giocò, soltanto, in tre partite, senza aversene a male. Sapeva, intimamente, di non essere pronto per il Campionato d’Eccellenza, accettò la panchina senza protestare, continuò a studiare da portiere e come scolaro. Frequentò un anno al Liceo Scientifico “Majorana” distinguendosi per i risultati, prima di ricomporre la valigia e prendere la strada di casa. Dove la permanenza non durò tanto. Accettò la chiamata dell’Itri, paesone con diecimila abitanti in Provincia di Latina, per la squadra militante nell’Eccellenza Laziale. Anche lì l’ingresso fu dalla porta di servizio.

Aveva un anno in più e il carattere più formato, tale da consentirgli, in corso d’opera, di prendere la titolarità della porta. A fine campionato arrivò, subito, la proposta di conferma. La squadra si stava rafforzando, necessitando, tra l’altro, di un portiere affidabile. Le cose non andarono come sperato – “Mi chiedo ancora il perché” – e fu lotta strenua per non retrocedere alle prime avvisaglie del Covid. Che, come per tanti altri, condizionò Carmine nella successiva esperienza a Gaeta, sempre in Eccellenza, dove iniziò benissimo, prima dello stop temporaneo, cui seguì il minitorneo laziale, alquanto rimediato. Nel frattempo, proseguiva negli studi, portando a termine il percorso liceale e iscriversi alla Facoltà di Scienze Motorie nell’Università del capoluogo campano, dove è già al secondo anno, in perfetta linea con il piano i studi. Si diceva, all’inizio, dei fili conduttori sui quali ha impostato la vita.

Mette al primo posto la famiglia: “Senza una famiglia unita, difficilmente, finisce bene”, subito dopo lo studio e, in coda, il calcio: "Se sto in Eccellenza, significa che valgo questa categoria. Ciò premesso, mi rendo conto come, a questi livelli, le prospettive per impostare la vita sul pallone siano, praticamente, nulle. Ci si diverte, perché si è giovani, poi, ad un certo, punto finisce. Quindi, credo, sia indispensabile, un piano B, identificabile con la prospettiva di un’attività professionale”. Con Riccardo Perquoti, l’altro portiere, ha instaurato un ottimo rapporto : “Oltre alla sincera amicizia che ci lega, crediamo, tutti e due, che la rivalità non faccia al bene della squadra. I rapporti, quando sono tesi, potrebbero influenzare perfino il rendimento in campo e non è ciò che vogliamo”.

Ha una grossa stima per Vasco Di Domenico, preparatore dei portieri: “"È persona saggia e ama il suo lavoro. Con lui mi trovo molto bene. Corregge i tuoi errori, da consigli, insomma ti aiuta a crescere. Non sta a me dirlo, credo, però, d’essere migliorato da quando lavoro con lui”. La crescita passa attraverso il contenimento o l’eliminazione dei difetti: “Il mio tallone d’Achille erano le uscite. Adesso mi sento migliorato”. Un feeling simile lo si ritrova con gli altri compagni di squadra: "Guarda. A cominciare da quelli che giocano davanti a me, sono tutti ottimi compagni, nessuno escluso. Nel nostro gruppo non esistono prime donne, ci sentiamo tutti eguali, lottiamo insieme per la stessa causa, vogliamo raggiungere il nostro obiettivo”.

Gli apprezzamenti li estende al tecnico, Gianfranco Ciccone, come ai vari personaggi che ruotano intorno alla squadra: “Tutte persone che ti mettono a tuo agio, pronti a venire incontro ad ogni nostra necessità”. Lui, dopo essere stato, quasi spettatore nelle prime partite, si è trovato, più recentemente, a sbrogliare situazioni nei momenti cruciali delle partite: “ Proprio così. Ma va benissimo. Per noi portieri, il primo obbligo è mantenere alta la concentrazione, dal primo all’ultimo fischio dell’arbitro. Le distrazioni portano guai e non sono ammesse”. Sulla prossima partita, con il Gualdo Casa Castalda, ostenta fiducia: “ Non saranno mica tutte partite come quella di Castiglion del Lago. Lì la palla non è, proprio, voluta entrare”.