Pentecoste 2025
sociale

"Lo Spirito non discende su di noi se non trova lo spazio della concordia"

domenica 8 giugno 2025

Di seguito l'omelia di monsignor Gualtiero Sigismondi nella Veglia di Pentecoste in Cattedrale:

Fratelli, sorelle, “questa è l’ora dell’amore!”. Con questa espressione Papa Leone XIV ha dato inizio al suo ministero di Vescovo di Roma, raccomandando di costruire “una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia e che diventa lievito di concordia per l’umanità”. Una Chiesa chiamata non a parlare il linguaggio del mondo, ma impegnata a parlare al mondo, annunciando a tutti la gioia del Vangelo. Nessuno è capace di raggiungere i confini della terra come la Chiesa che, spinta dal vento dello Spirito, ha sempre avuto la forza di ambientarsi nelle varie culture, senza identificarsi con nessuna di esse, fedele al mandato del Signore di custodire, approfondire e trasmettere la fede.

La Pentecoste è, per la Chiesa, “l’ora dell’amore”, quella in cui manifesta la sua vera grandezza, che “vive nella varietà delle sue membra unite all’unico Capo, Cristo, pastore e custode (1Pt 2,25) delle nostre anime”. “Essa – osserva Leone XIV – è il grembo da cui anche noi siamo stati generati e al tempo stesso il gregge (cf. Gv 21,15-17), il campo (cf. Mc 4,1-20) che ci è dato perché lo curiamo e lo coltiviamo, lo alimentiamo con i Sacramenti della salvezza e lo fecondiamo con il seme della Parola, così che, solido nella concordia ed entusiasta nella missione, cammini, come già gli Israeliti nel deserto, all’ombra della nube e alla luce del fuoco di Dio (cf. Es 13,21)”.

Questo profilo della Chiesa, tracciato dal Santo Padre nel suo primo discorso tenuto al Collegio cardinalizio, ci ricorda che “tutti siamo costituiti pietre vive (cf. 1Pt 2,5), chiamati a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità”. “Lo Spirito santo – assicura Leone XIV – sa accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del cuore umano in un’unica melodia”. La comunione è un procedere al ritmo dello Spirito, la cui grazia, secondo Sant’Ambrogio, “non comporta lentezze”, così come non accompagna chiunque si muova in ordine sparso. “Il racconto biblico della Torre di Babele – avvertiva Papa Francesco – mostra cosa succede quando ciascuno parla la sua lingua”.

“La vera autorità della Chiesa, a partire da quella di Roma, è la carità di Cristo”: “si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù”. Incarico d’amore è, dunque, “pascere il gregge del Signore” (Officium amoris pascere dominicum gregem), amava dire San Paolo VI, facendo sua una nota espressione di Sant’Agostino. Si tratta di un servizio che, a giudizio di Leone XIV, impegna ciascuno di noi a “sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cf. Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. Questa è la “regola pastorale” da osservare per favorire una rinnovata fioritura missionaria, senza la quale non possono esserci germogli vocazionali di alcun tipo.

La “conversione missionaria della pastorale” ha bisogno di un passo più agile e di uno sguardo più acuto; tale processo ha il suo criterio di verifica nelle “diaconie”, asse portante delle “unità pastorali”. Consapevole che non è la “geografia ecclesiastica” a fare la storia della Chiesa – chiamata in ogni stagione a esplorare nuovi orizzonti e, nelle circostanze attuali, a invitare tutti a farsi “pescatori di famiglie” –, i confini territoriali delle “unità pastorali”, donec aliter provideatur, restano quelli riportati dall’Agenda diocesana 2025, riservandomi un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di eventuali cambiamenti o conferme definitive.

Fratelli e sorelle carissimi, non facciamoci illusioni: lo Spirito non discende su di noi se non trova lo spazio della concordia. Se non ci fosse il vento, dicono i cinesi, il cielo sarebbe pieno di ragnatele; analogamente, se non ci fosse la brezza dello Spirito santo, la casa di Dio che è la Chiesa, “colonna e sostegno della verità” (1Tm3,15), andrebbe in rovina. La Chiesa – sottolineava con forza San Paolo VI, il 9 maggio 1974, nel discorso tenuto al Consiglio di Presidenza della C.E.I. – è “una casa (…) di fratelli, un’officina d’intensa attività, un cenacolo di ardente spiritualità”. L’ardente spiritualità è il presupposto di un’intensa attività.

Il Signore sostenga la nostra fede e accrediti la nostra missione con la testimonianza del suo Spirito che, indisciplinato come il vento, è il “polline” di Dio sparso sui “semi del Verbo”, disseminati ovunque. Il Signore conceda alla nostra Chiesa particolare di essere viva voce dello Spirito. Impariamo da Maria ad attendere e ad affrettare nella speranza i prodigi della Pentecoste.

 

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