Quando Sinistra sindacale mi ha chiesto di ricordare Ali Rashid, ho detto subito di sì. E come potevo negarmi? Non potevo per le compagne e i compagni che di Ali erano amici, non potevo per Ali con cui negli ultimi 18 mesi avevo una comunanza quasi quotidiana.
Vicinanza con me e col gruppo con cui abbiamo fondato l’Associazione “Gaza FuoriFuoco Palestina”, e messo in moto due mostre che stanno girando l’Italia, accompagnate da una miriade di incontri, conferenze concerti momenti artistici.
Delle due mostre, “Kufia”, cento disegnatori per la Palestina, è in realtà una mostra del 1988 recuperata, del tempo della prima Intifada, quando l’esercito israeliano sparava uccidendo i bimbi che lanciavano sassi. Mostra curata da Patrizio Esposito, che è anche il curatore della seconda: fotografie che ci arrivano dai fotografi di Gaza dal titolo evocativo rubato a una poesia di Tawfiq Zayyad: “Noi Resteremo qui”.
Di fronte ai primi attacchi israeliani chiamai Ali per un incontro sulle terrificanti conseguenze. Fu una serata densa di tensione e forza. Oltre ad Ali c’erano l’amico Moni Ovadia, il vescovo di Massa fra Mario, Vincenzo Calò dell’Anpi nazionale, i musicisti dell’Anpi Teatro alla Scala e tanti artisti a cui ancora sono riconoscente. Uscimmo da quella serata con una convinzione tutta politica che sarebbe accaduto l’indicibile e andava fatto tutto per non essere complici di quello che oggi è sotto gli occhi di tutti un genocidio. Da quel momento gli incontri si moltiplicavano ma non avevamo ancora trovato un modo per rendere più duratura e permanente l’iniziativa che rendesse visibile a tutti quanto stava accadendo.
Una sera all’Arci di Solaio, sulle colline versiliesi, durante un’iniziativa sulla Palestina dove erano esposte delle foto, dissi ad Ali che quello poteva essere uno strumento. Gli si accesero gli occhi e mi disse: “parliamo con Patrizio Esposito, con lui si può realizzare e riprendere il percorso di Kufia”. Così fu, fra mille difficoltà costruimmo l’associazione e in parallelo le mostre, incontrammo la Cgil Toscana e il suo segretario generale che furono decisivi nel sostegno.
Perché parlo di questo? Perché sono certo che Ali vorrebbe che si usi la mostra per quello per cui è nata, strumento per diffondere quanto il glorioso popolo palestinese sta subendo in termini di atrocità, e per rendere consapevole tutte e tutti di come quei fotografi rischino e in molti abbiano perso la vita per documentare i fatti e la vita in Palestina al tempo del colonialismo di insediamento. Il compito è far diventare l’emozione del momento un sentimento permanente, per far si che questi rimangano ricordi indelebili e mobilitazione a favore del popolo palestinese.
Mentre scrivo mi rendo conto di essermi preso un compito impossibile da adempiere perché come dice Aida, la figlia di Ali: “lui era sì mio padre, ma era di tutti”. E il suo vissuto è stato così profondo e ha attraversato un’epoca intera che solo un paziente lavoro di ricostruzione fatto da tanti potrà darne di conto.
Noi, e su questo parlo per conto di tutti i componenti di “Gaza FuoriFuoco Palestina”, ci saremo.
Adesso è ancora troppo presto, almeno per me, e nello scrivere emerge un dolore inconsolabile a trovare parole che non ho. Cosa possiamo fare se non impegnarci a mantenere le promesse e le speranze che ancora non abbiamo mantenuto. Davanti alla catastrofe di Gaza sappiamo tutti che nella nostra coscienza qualcosa non va.
Potrei parlarvi dei suoi tanti interventi delle lunghe discussioni, della sua infinita nostalgia per la sua terra, del non potervi tornare, del cognome imposto e di tanto altro, se ne parlerà e altri lo faranno meglio di me.
Potrei parlarvi dello scrivere che era diventato per lui un dolore profondo. Non era stato sempre così, una sorta di parto che quando usciva illuminava.
Potrei parlarvi della sua gentilezza, che restava intatta e persino si accresceva nella sofferenza, di una vena di in genuinità che lo accompagnava.
Anche Ali è stato strapazzato dal dolore per come il suo popolo era sottoposto alla spietatezza israeliana.
Tutto questo lo ha consumato. Anche Ali è vittima del genocidio, non sopportava più tutto quel dolore indicibile e da troppo tempo.
Per questo vi ho parlato delle mostre e la sua ultima opera da custodire e nutrire, come i bimbi di Gaza.
Il ricordo di Ali è per me un febbrile atto di sfida al buio che abbiamo davanti.
Giancarlo Albori,
Spi Cgil Massa Carrara, Associazione Gaza FuoriFuoco Palestina