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Cibo sintetico, Slow Food fa chiarezza: "La soluzione c'è"

lunedì 21 novembre 2022

All'indomani della petizione promossa dalla Confederazione Nazionale Coldiretti che ha l'obiettivo di "promuovere una legge che vieti la produzione, l'uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia, dalla carne prodotta in laboratorio al latte 'senza mucche' fino al pesce senza mari, laghi e fiumi" - una petizione, firmata anche dal sindaco, Roberta Tardani, che può essere sottoscritta anche a Orvieto negli uffici Coldiretti, nei mercati contadini di Campagna Amica e in tutti gli eventi promossi a livello nazionale e locale - Federico Varazi, vicepresidente Slow Food Italia, interviene sull'argomento.

"La carne in vitro - chiarisce - è solo l'ennesimo grande affare delle multinazionali del cibo che distrae il consumatore, spostando gli interessi verso nuove forme di business. Il cibo che diventa merce di scambio come tante sui mercati internazionali, frutto di una deriva tecnologica che lo priva di qualunque significato culturale, del legame con i territori e con le comunità che ci vivono, con i loro saperi e le loro tradizioni.

Per molto tempo l’industria della carne ha inseguito la produzione di carne, latte e uova a costo sempre piu basso. Sono state selezionate razze animali ad alto rendimento che crescono velocemente per essere rapidamente pronte per il mercato, alimentate con mangimi a base di cereali e soia solitamente OGM, coltivati abbattendo foreste primarie. Tutto per soddisfare la fame di carne dei paesi ricchi e con l’unico obiettivo del profitto, cioè produrre a costi sempre più bassi per intercettare la domanda più ampia.

Quella che per anni è sembrata un’opera di bene, cioè dar da mangiare carne a tutti, aveva tuttavia dei costi nascosti enormi, anche per i supposti beneficiari. Allevare tanti animali tutti ammassati ha scatenato, infatti, malattie zoonotiche che sono state trattate con grandi quantità di antibiotici. Nei prossimi anni l’antibiotico resistenza, cioè il fatto che non riusciremo più a curare con gli antibiotici gli uomini, perché ormai i batteri sono resistenti, sarà una minaccia concreta per l’umanità dalla quale si sta già cercando di correre ai ripari.

Tutto ciò senza parlare delle malattie quali cancro e disturbi all’apparato cardiocircolatorio causati da un consumo eccessivo di grassi e carni rosse con cui abbiamo già a che fare. Ora che questo sistema è entrato in crisi e la produzione del cibo è al centro anche della complessa questione climatico ambientale le grandi multinazionali stanno strumentalizzando la sensibilità etica nei confronti degli animali per promuovere un nuovo business, quello della carne sintetica e dei prodotti a base di carne coltivata in laboratorio che contengono coloranti, aromatizzanti e addensanti necessari per dare la forma di hamburger o crocchetta e per dare consistenza e sapore ad una “finta” carne.

Carne sviluppata grazie a ormoni e lieviti Gm e a potenti bioreattori fortemente energivori. Una produzione che di per sé non può essere sostenibile e che usa lo stesso modello di business dell'allevamento intensivo con tutte le implicazioni ambientali che conosciamo benissimo. Non è un caso se le multinazionali e i finanziatori del settore, alcuni dei quali sono i responsabili dei danni prodotti dal sistema agroalimentare e zootecnico negli ultimi decenni, hanno investito miliardi in questo grande affare.

Ora per evitare questa ennesima speculazione a scapito del cibo va detto che non bisogna eliminare del tutto l’allevamento, solo quello industrializzato. Una buona agricoltura, che sia sostenibile e differenziata, ha grande bisogno degli animali e di allevamenti che ne prevedano meno, che rispettino i loro bisogni naturali e non li considerino solo macchine da carne, uova e latte.

La soluzione c’è. Limitare fortemente l'uso della carne a quella di buona qualità dei piccoli allevatori con una bassa impronta ecologica e ricorrere all'uso delle proteine vegetali mettendo in sicuro salute, gusto e ambiente. Una vera e propria transizione proteica nelle abitudini alimentari che cominci a sostituire proteine di origine vegetale, come quelle derivate da fagioli, piselli e soia, rispetto a quelle di origine animale.

Abbiamo da poco raggiunto gli 8 miliardi di abitanti sulla Terra e la popolazione mondiale aumenterà ancora. Non dobbiamo produrre più cibo, ma produrlo meglio, di buona qualità e locale, evitando i lunghi trasporti, che sia di stagione e soprattutto senza sprecarne un terzo come facciamo ora che ne produciamo inutilmente per 12 miliardi a fronte di 8".