Quei 34 morti orvietani da non dimenticare
Castel Viscardo
Il 9 settembre 1943 il campo di aviazione militare di Orvieto, inaugurato nel territorio del Comune di Castel Viscardo, è occupato da un reparto tedesco (forte di una autoblindo con circa venti soldati al comando di un capitano). Tre giorni dopo, la mattina del 12 settembre, in località “Troscio”, mentre la vittima era intenta a zappare in un campo, distante circa 60 metri dalla recinzione dell’aeroporto militare, venne raggiunto alla schiena da una fucilata sparata, senza un apparente motivo, da un militare tedesco che si trovava all’interno della struttura. Allontanatosi da quel luogo per raggiungere la propria abitazione, il giovane venne soccorso lungo la strada, trasferito a casa morì poche ore dopo per le ferite riportate. Al fatto assistettero due contadini di Castel Viscardo, che si trovavano a passare lungo la strada provinciale adiacente il campo.
Baschi
All’indomani dell’occupazione tedesca dell’Umbria, la mattina del 13 settembre, un treno merci sosta presso la stazione ferroviaria di Baschi scalo, dove da poco era si insediato un distaccamento di soldati tedeschi che controllavano la linea ferroviaria. Visto che il treno non riparte, ben presto tra la popolazione dei centri limitrofi si sparge la voce di tale presenza e molti decidono di saccheggiarlo, come peraltro era successo qualche giorno prima alla stazione di Castiglione in Teverina. Così, verso le ore 20 un folto gruppo di persone si raduna nei pressi della stazione per assalire il treno, ma viene affrontato dai militari tedeschi lì presenti, alcuni dei quali con calci e pugni riescono a disperdere la popolazione; un soldato però non esita ad esplodere diversi di colpi di fucile, alcuni dei quali colpiscono il Tomba, uccidendolo sul posto.
Via delle Conce, Orvieto
Nel tardo pomeriggio del 1 gennaio 1944 un componente di tale reparto, il milite Mario Chiolle, penetra nella casa dei coniugi Ludovico Antonini e Efigenia Maccheroni mentre stanno cenando, con l’intenzione di rapinarli. Di fronte alle minacce del militare, l’Antonini afferma di avere denaro, mentre la moglie cerca di uscire da casa per chiamare aiuto. A questo punto Chiolle lancia una bomba a mano che esplode uccidendo sul colpo l’Antonini e lo stesso aggressore, mentre la donna rimane gravemente ferita e viene subito soccorsa dai vicini di casa.
Camorena
Nella notte tra il 6 e 7 marzo 1944, un reparto del battaglione M di stanza a Orvieto fa irruzione in una grotta in località Sermugnano, nel Comune di Castiglione in Teverina, in un terreno di proprietà del possidente Federico Cialfi, qui sorprende sei componenti del gruppo, guidato dall’antifascista Orderice Stornelli, costituito da giovani, tutti renitenti alla leva o disertori delle forze della RSI. Nell’azione vengono anche catturati quattro prigionieri inglesi e cinque contadini che li ospitano. Il 7 marzo è arrestato il possidente Federico Cialfi e il figlio Vittorio. I sei componenti del gruppo, insieme a Federico Cialfi, dopo un periodo di reclusione in cui sono sottoposti a sevizie al fine di estorcere loro informazioni, il 29 marzo vengono processati da un Tribunale militare tedesco insediatosi a Orvieto. Il Tribunale, anche e soprattutto per effetto delle pressioni esercitate dai vertici politici e militari fascisti locali, intenzionati a “offrire un ammaestramento per tutti”, condanna gli imputati alla pena capitale “per partecipazione volontaria a bande di ribelli. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno i sette vengono trasportati in una cava di ghiaia in località Camorena e fucilati uno per volta da un plotone di esecuzione formato da militi della 4. compagnia del battaglione M.
Allerona
All’inizio del giugno 1944, mentre i combattimenti tra le truppe tedesche e quelle britanniche infuriavano a sud di Orvieto e, in modo in particolare, nella vicina area compresa tra Civita Castellana e il lago di Bolsena, nel territorio di Allerona era attiva una piccola formazione partigiana autonoma, denominata “Villalba”, costituita da una ventina di giovani, per la maggior parte renitenti alla leva. Sorta tra il febbraio e il marzo del 1944, a partire dall’aprile 1944 la formazione fu protagonista di alcune azioni di sabotaggio contro i tedeschi e i fascisti della RSI. In una di queste, il 7 giugno, il diciannovenne Attilio Lupi mentre tentava di penetrare nella casa del fiduciario fascista della zona agricola, rimase ferito da una bomba a mano lanciata dall’interno della casa. Il giovane veniva trasportato da due compagni alla base della banda, lungo tragitto però, nei pressi del centro di Allerona, i tre partigiani si imbattevano in alcuni militari tedeschi e nello stesso fiduciario fascista. Nello scontro Lupi era raggiunto da colpi di pistola alla testa e alla gamba destra, mentre i due compagni riuscivano a fuggire. Il giovane fu ritrovato la mattina del giorno successivo ancora vivo ma «in stato pietoso», probabilmente anche a seguito delle sevizie subite dai tedeschi dopo che i compagni erano stati costretti ad abbandonarlo. Trasportato nella propria abitazione, il pomeriggio dell’8 giugno decedeva, prima di spirare accusava però della sua morte il fiduciario della zona fascista e i tedeschi.
Civitella del Lago
All’alba del 7 giugno 1944, ad una settimana dall’arrivo delle truppe britanniche, mentre sulla strada che attraversa la frazione di Civitella de’ Pazzi (attualmente Civitella del Lago) transita un autocarro militare tedesco gli viene gettata contro, probabilmente ad opera di civili, una bomba a mano. L’esplosione provoca la morte di due dei soldati che vi si trovavano. I militari superstiti iniziano subito a rastrellare la frazione senza però riuscire a identificare i responsabili, non esitano quindi a sparare all’impazzata contro le case limitrofe. La prima vittima, Giulia Morelli, viene colpita mentre si accinge a chiudere le persiane dell’abitazione, in quanto i quattro figli piangevano impauriti dai colpi d’arma da fuoco: raggiunta da due proiettili, muore sul posto. Poco dopo, una ventina di soldati penetrano nella casa alla ricerca degli uomini, ma la figlia maggiore della vittima dice che nella casa non ci sono uomini, i militari, alla vista del cadavere della madre, si ritirano. La seconda vittima, Teresa Fossati, è uccisa poco distante da casa con un colpo allo stomaco, perché era uscita dall’abitazione per aiutare il marito, Antonio Cinti, aggredito da alcuni soldati che volevano fucilarlo sul posto. Richiamati dalle grida della donna, i militari lasciano il marito, che riesce ad allontanarsi, raggiungono la donna e gli sparano. Quattro giorni dopo, cinque militari tedeschi, al comando di un ufficiale, tornano a casa della Morelli. L’ufficiale, fatti allontanare i soldati, tenta di violentare la figlia maggiore, ma non ci riesce in quanto la ragazza fugge. Il militare, estratta la pistola, impone però al padre di “mettere a sua disposizione” la figlia per il giorno dopo, minacciandolo che se non lo avesse fatto avrebbe fatto bruciare le case circostanti. A seguito di ciò, tutta la famiglia è costretta a fuggire da casa per evitare l’attuarsi di tale violenza. Nello stesso giorno è anche saccheggiata la casa di Teresa Fossati.
Allerona
Mentre i combattimenti tra le truppe tedesche e britanniche infuriavano a sud di Orvieto, in particolare nell’Alto Lazio, nella zona tra Civita Castellana e il lago di Bolsena, nel tardo pomeriggio dell’8 giugno il mezzadro Gennaro Guerrini, mentre stava ritornando in calesse al podere dove lavorava e viveva con la sua famiglia, venne fermato da alcuni militari tedeschi nei pressi di Allerona. I soldati pretendevano la consegna di quanto il mezzadro portava con sé, in particolare di un cavallo e una sella che il padrone del podere gli aveva affidato per nasconderli dai saccheggi. Di fronte al tentativo di resistenza dell’uomo, quest’ultimo venne malmenato, pugnalato e buttato in una scarpata; benché ferito, riuscì tuttavia a tornare a casa. La mattina dopo però la moglie e i quattro figli del Guerrini si resero conto della gravità delle sue ferite, e corsero a chiedere soccorso ai militari delle due batterie contraeree tedesche che operavano nei pressi di Allerona. Questi ultimi, ormai in procinto di ritirarsi, non prestarono però alcun aiuto e l’uomo morì nella mattinata stessa.
Cerreto - Castel Giorgio
La mattina del 10 giugno 1944, a pochi giorni dalla liberazione di Orvieto, che avverrà il 14 giugno, e nel pieno della ritirata aggressiva attuata dall’esercito tedesco, tre militari si presentano nell’abitazione del colono Cesare Pacetti e gli impongono la consegna di un’asina di sua proprietà, del valore di circa 15.000 lire. Di fronte all’opposizione del colono, i tre tedeschi lo minacciano con le armi e, mentre due lo tengono fermo, il terzo requisisce l’asina. I soldati si allontanano quindi con l’animale, ma vengono raggiunti dal Pacetti, che nel frattempo si era armato di una scure, gli esplodono allora contro diversi colpi di fucile mitragliatore uccidendolo all’istante.
Canale di Orvieto
Nel pomeriggio dell’11 giugno 1944 il trentenne agente di Ps Pietro Adami si imbatte in due militari tedeschi: questi lo aggrediscono, rapinandolo della somma di 25.000 lire ed esplodendogli contro alcuni colpi di rivoltella, a seguito dei quali rimane ucciso.
Orvieto
L’11 giugno 1944, a tre giorni dall’entrata a Orvieto delle truppe alleate nel tardo pomeriggio il Berardi, sagrestano presso una chiesa di Orvieto veniva aggredito da un militare tedesco che lo rapinava di una cavalla e lo uccideva.
Allerona
Il 14 giugno 1944 le truppe sudafricane della 6. South African Armoured Division, appartenenti al 13. Corpo britannico dell’8. Armata, raggiungono Orvieto; nel tardo pomeriggio del giorno successivo entrano ad Allerona. Il paese da giorni era attraversato da militari tedeschi in ritirata e sottoposto a bombardamenti; in particolare, tra il 14 e il 16 giugno risulta teatro di aspri combattimenti. E’ in questo contesto che nel tardo pomeriggio del 13 giugno una camionetta tedesca si reca in un casolare, distante circa due chilometri dal centro di Allerona, dove da pochi giorni si è trasferita la famiglia Ferretti per sfuggire dai bombardamenti e combattimenti che imperversavano nel centro abitato di Allerona. I militari prelevano Angelo Ferretti e il figlio Pietro, insieme ad un operaio che lavora, e vengono portati lungo la strada che conduce alla località di Villalba, poco distante da Allerona. Secondo i carabinieri di Allerona i tre vengono accusati dai tedeschi di aver rubato dei cavalli. L’operaio inizia a essere percosso con il calcio del fucile alla testa, ma riesce a fuggire. I due Ferretti sono legati insieme con filo di ferro e gli vengono gettate contro bombe a mano che li feriscono gravemente: i lamenti dei due uomini durano tutta la notte ma nessuno degli abitanti del posto si azzarda ad intervenire per paura dei tedeschi. Saranno ritrovati ormai morti, dopo un’agonia durata tutta la notte, la mattina del giorno dopo.
Bagni
Nella mattina del 14 giugno 1944, un gruppo di famiglie contadine della frazione Bagni di Orvieto si erano rifugiate in una grotta, sita nel vocabolo Casaccia di quella località, per ripararsi dai bombardamenti a cui era sottoposta la zona da parte dell’aviazione alleata. Attorno alle ore 11 sopraggiunsero nella grotta due soldati tedeschi, i quali sotto la minaccia delle armi costrinsero i cinque uomini presenti a seguirli in una casa vicina e, forse credendoli partigiani, senza dire una parola all’improvviso iniziarono a sparare: tre dei cinque uomini rimasero uccisi, due feriti. Prima di allontanarsi, i due tedeschi esplosero un’altra scarica di fucile mitragliatore sui corpi delle vittime ormai riverse a terra.
Fontana di San Zeno
Il 14 giugno 1944 il settantaduenne Salvatore Palazzetti veniva aggredito da un gruppo di militari tedeschi in ritirata, forse perché accusato di aver fornito indicazioni ai primi soldati alleati entrati in città, rimanendo ucciso.
Orvieto
Nella tarda mattina del 14 giugno 1944 il trentatreenne Romolo Bacci, mentre si recava dal parroco della chiesa di San Giovenale don Antonio Cinelli, presidente del CLN cittadino, veniva aggredito da un gruppo di soldati tedeschi in ritirata i quali, nel corso di una violenta colluttazione, lo colpivano con diverse pugnalate. Ferito gravemente, veniva trasportato nel locale ospedale dove decedeva.
Pomarro, Allerona
Nel tardo pomeriggio del 14 giugno due soldati tedeschi in ritirata si presentano nel podere Sant’Annunziata della famiglia Bacchio, dove si trovano sfollate le famiglie Peresso e Zaganella di Allerona. I due militari con le armi in pugno impongono la consegna di un cavallo di proprietà dei Zaganella; chiedono quindi di essere accompagnati al podere Pomarro, abitato dalla famiglia Ciuchi, dove però erano sfollate altre famiglie di Allerona, tra cui i Foscoli e i Belli. Il diciottenne Dino Zaganella viene costretto a fare da guida ai due tedeschi, nel tragitto il gruppetto incontra altri tre giovani, Benito Bacchio, Egerio Peresso e Ivo Zaganella, cugino di Dino, costretti ad aggregarsi al gruppo. Raggiunto il podere Pomarro, vi trovano Waine Zaganella, fratello maggiore di Ivo, Ernesto Foscoli, Giuseppe e Marsilio Belli, Gino e Ottavio Ciuchi, gli ultimi due coloni del podere. I militari, in uno stentato italiano, ordinano la consegna del cavallo di proprietà dei Ciuchi, di fronte al diniego posto da Gino Ciuchi, sospingono tutti i presenti lungo la parete del casale, minacciandoli che se entro tre minuti non fosse stato consegnato quanto richiesto sarebbero stati «kaputt». Trascorso il tempo, i due militari fingono di allontanarsi, percorsi però pochi metri si girarono di scatto e iniziano a sparare con i fucili automatici contro il gruppo: due giovani, Bacchio e Peresso, si salvano riuscendo a fuggire per i campi; Marsilio Belli rimane incolume essendo riuscito a gettarsi a terra, tutti gli altri furono invece colpiti, rimanendo uccisi o feriti.
Montegabbione
Tra il 14 e il 15 giugno 1944, lungo la strada tra Montegabbione e la frazione di Faiolo, il ventinovenne Tersilio Brozzolo, insieme ad altri contadini, tutti residenti nella frazione, incontrano un drappello di soldati tedeschi che gli impongono di trasportare a spalla dell’equipaggiamento militare sino Montegabbione, per una distanza di circa 4 chilometri. Il giovane, percorso un buon tratto di strada è costretto a fermarsi, sfinito a causa del peso trasportato, e si rifiuta di proseguire. Uno dei militari reagisce al rifiuto ed esplode tre colpi di pistola, che colpiscono al viso il giovane uccidendolo sul posto, getta quindi il corpo senza vita fuori dalla strada.
Monteleone d'Orvieto
E’ nei pressi di Monteleone d’Orvieto che, come emerge dalla denuncia fatta nel settembre 1944 alla locale stazione dei carabinieri da Onelia Gobbi, quarantenne casalinga componente di una famiglia di mezzadri che lavorava un podere di proprietà dall’Amministrazione Marocchi Mazzuoli, nella tarda mattinata del 18 giugno 1944 l’esplosione di una mina, “posta nei giorni precedenti dalle truppe tedesche in ritirata per il nord”, provoca il crollo parziale della casa colonica in cui abitava la donna, causando la morte del marito e dei tre figli della stessa.
Comitato elettorale per Stefano Biagioli Sindaco di Orvieto
dai dati dell’Atlante delle stragi nazi-fasciste in Italia