Zamagni: "Sulla questione dell'impegno dei cattolici in politica"

Secondo l’economista Stefano Zamagni la discussione va spostata verso altri orizzonti. Ad esempio sulla distanza che intercorre nella concezione del potere come “influenza”, che “ha l’obiettivo di incidere sui comportamenti umani”, o come “potenza”, che “pretende di modificare le regole del gioco, l’assetto istituzionale”.
“A me sembra che nell’ultimo trentennio nel variegato mondo cattolico del nostro Paese sia andata diffondendo la tesi secondo cui la responsabilità del mondo cattolico si esaurirebbe nel momento prepolitico, ovvero in quello dell’esercizio del potere come influenza”, dice Zamagni. Così il fenomeno che ne è derivato è quello della diaspora cattolica, con la conseguente “adiaforia etica degli stessi”, “una posizione di indifferenza”.
“È evidente che questo sta creando problemi seri”, spiega l’economista. “Nessuno sta pensando al partito cattolico, né a riedizioni della Dc”, chiarisce riferendosi alle voci che lo hanno riguardato negli scorsi tempi. Ma a un soggetto che si occupi delle grandi questioni, come la guerra o l’ambiente, che non possono essere rilegate “al livello strutturale”. “Giovanni Paolo II citò l’espressione ‘strutture di peccato’, ma tutti lo hanno dimenticato”, mentre “i cattolici vivono una sorta di auto-delegittimazione, come quella dell’essere lievito nella pasta”, o di “pensare di cambiare le istituzioni agendo sui comportamenti individuali”. Che può essere vero, ma solo nel lunghissimo tempo, sostiene Zamagni.
Possiamo aspettare, davanti alle ingiustizie, di cambiare il cuore di chi guida la danza?”. Sono le due posizioni di Sant’Agostino e di San Tommaso. Per il primo la politica serve solo a mettere un freno al male, il Katéchon, per il secondo serve invece a realizzare il bene. “Questo problema diventa oggi particolarmente rilevante quando si pensa alla comunanza etica nell’era del pluralismo etico, la grande sfida di oggi”. Davanti a cui, è la chiosa di Zamagni, “i cattolici devono battere un colpo”.

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