Signor sindaca, i bambini aspettano ancora

Signor sindaca, batta un segno. Non per cortesia istituzionale, ma per ricordarci che Orvieto è ancora un luogo che sa guardare ai più giovani. Perché, a forza di discutere di turismo, di eventi, di decoro e di "rilancio", sembra che ci si sia dimenticati dell'unica vera infrastruttura del futuro: l'infanzia.
Oggi i giovani cittadini crescono tra spazi che non educano, strutture pubbliche che arrancano e famiglie che ogni giorno si reinventano per colmare le assenze. Non si tratta solo di disagi pratici: si tratta di povertà educativa, quella che spegne la curiosità, che isola, che prepara a una società diseguale.
Intanto aumentano – silenziosamente – i casi di disagio psicologico e di depressione tra bambini e adolescenti, che vivono anche la fatica di sistemi di sostegno non potenziati, spesso frammentati, incapaci di intercettare per tempo le fragilità e offrire risposte adeguate. Ma di questo, nelle stanze della politica, ci si interroga poco o niente.
Sventoliamo parole come "comunità", "partecipazione", "crescita", ma continuiamo a ignorare chi, di questa società, è il cuore più vulnerabile. Il diritto all'infanzia non è un tema di nicchia: è la misura della civiltà di una collettività. Quel diritto all’apprendimento, all’ascolto, alla possibilità di crescere con serenità è ciò che dà forma alla dignità umana.
Ma lei, signor sindaca, ascolta le famiglie? Le ha mai invitate davvero a un incontro per chiedere cosa si può costruire insieme? O è più comodo "appaltare" in fretta a terzi una domanda crescente, senza comprenderne le esigenze più profonde?
Forse è tempo che Orvieto ritrovi la grazia di farsi piccola per tornare grande: alla misura dei bambini, dei loro sguardi che sanno ancora disegnare lontananze. Signor sindaca, non servono slogan in conferenza stampa. Basta un gesto, ma che sia deciso. Un atto che dice che l'infanzia non è un capitolo a parte: è l'inizio di ogni storia possibile.
Siamo terribilmente in ritardo.
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