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L'intrepido Larth e il futuro di Orvieto

venerdì 3 ottobre 2025
di Angelo Palmieri

C’è un filo che unisce la storia etrusca di Orvieto alla nostra epoca segnata dall’opacità e dal bisogno di nuova speranza: è il Cammino dell’Intrepido Larth, progetto che in poco più di un anno è riuscito a intercettare l’anima profonda del territorio, trasformandola in esperienza condivisa, aperta, propulsiva.

Settembre ha fatto registrare numeri da record, con oltre 150 camminatori, e il bilancio del 2025 racconta ormai un raddoppio delle presenze, fino a sfiorare quota 2.000. Una cifra significativa, se si pensa che parliamo di turismo lento, di esperienze che non hanno nulla a che fare con i flussi di massa, ma con l’incontro paziente tra persone e territori.

L’itinerario, dedicato al guerriero etrusco Larth Cupures, si snoda per 60 chilometri tra Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio. È un percorso ad anello che parte da piazza Duomo e in tre giorni conduce il viandante attraverso la basilica di Santa Cristina, i calanchi, il lago, fino al ritorno ad Orvieto. Un itinerario culturale, naturalistico, archeologico e spirituale insieme. A chi conclude il cammino vengono consegnati l’attestato e l’opportunità di scattare una foto      accanto al cippo funerario dell’eroe etrusco conservato al Museo Faina.

Adesso i promotori – Luca Sbarra, Emanuele Rossi e Claudio Lattanzi – mettono in campo un secondo tassello: il Cammino del Miracolo del Corpus Domini, un percorso di 21 chilometri che unisce Bolsena a Orvieto, seguendo le tracce del miracolo eucaristico del 1263. Non sarà una targa o un cippo a far da simbolo, bensì una campanella: i camminatori la faranno risuonare all’arrivo come un piccolo rito laico e gioioso di compimento e di memoria, un suono che lega la fatica del viaggio alla leggerezza della festa.

Un progetto che è visione

Il giornalista Claudio Lattanzi, tra gli ideatori, sintetizza così la filosofia che muove l’iniziativa: "Il turismo non solo come remunerazione dell’investimento privato, ma bene pubblico e valore di comunità". Parole che aprono una prospettiva nuova: il turismo non come consumo, ma come costruzione di legami, come motore di un’economia civile, “un’economia che restituisce”, capace di nutrire non solo il PIL ma anche il capitale sociale di una città.

Claudio – amico irrequieto, instancabile, capace di entusiasmare e di far arrabbiare quando non risponde al telefono – è intrepido come Larth, animato dalla stessa urgenza di spingersi oltre, di non accontentarsi. Il suo stile è quello di chi non sta fermo mai, di chi vede prima e più lontano.

Turismo lento contro turismo convulso

Qui si apre la lettura più ampia. Un progetto come questo non porta soltanto camminatori, pernottamenti, ristorazione, indotto. Porta soprattutto una visione comunitaria, un’idea di sviluppo che intreccia economia e coesione sociale. È questa la differenza radicale: il turismo lento non è una corsa a collezionare luoghi, non si consuma nell’attimo fugace di una foto davanti a una vetrina, né nel pasto rapido di un panino mangiato al volo prima di ripartire. 

Il turismo lento è esperienza, immersione, ascolto, relazione: è il tempo che si dilata e permette di abitare i luoghi, di sentirli e condividerli. È, in fondo, una forma di ospitalità sostenibile, capace di restituire umanità al viaggio.

In questa prospettiva, la città smette di essere palcoscenico per sguardi frettolosi e si trasforma in spazio vivo, comunità condivisa, crocevia dell’esperienza profonda.

La ricaduta sulla città

È un’occasione che interpella anche l’amministrazione comunale. Il progetto è nato e cresce senza alcun patrocinio, segno della sua forza autonoma e della passione civile che lo sostiene. Proprio per questo diventa decisivo che le istituzioni sappiano riconoscerne la portata innovativa e inserirlo in una visione strategica per il futuro collettivo.

Una provocazione positiva

Questo cammino non è solo percorso fisico, ma metafora di un cammino sociale e culturale. È la possibilità di rifondare il Noi, di opporsi alle derive dell’individualismo e del consumo frettoloso. È la testimonianza che il futuro si costruisce camminando insieme, valorizzando l’intreccio tra natura, storia, fede e relazioni.

Orvieto, da crocevia etrusco e medievale, può diventare oggi punto d’incontro del turismo lento e della speranza comunitaria. Sta a noi non sprecare questa occasione.

 

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