Ali ai piedi: la storia di Phil

Ci sono sere in cui una piazza si trasfigura in anima collettiva, diventa respiro condiviso, palcoscenico silenzioso dove le visioni si lasciano intuire più che raccontare. È accaduto sabato 7 giugno, in quella meraviglia raccolta che è Piazza XXIX Marzo, San Domenico, a Orvieto. Lì, sotto un cielo gentile di inizio estate, la danza ha preso il volto di una storia che conosco bene e che per questo mi ha toccato profondamente.
La scuola di danza Scarpette Rosse – Agorà – Area 51, con il Comitato Cittadino dei Quartieri di Orvieto, ha portato in scena Il sogno di Phil, una rappresentazione coreografica diretta con passione e sapienza da Loredana Materazzo. Un racconto dolce e potente: quello di Phil, bambino che sogna di muoversi a ritmo di libertà mentre il mondo adulto gli disegna un futuro da medico. Ma Phil non è un sogno astratto. È un bambino vero, amico del mio Elias. Un'anima leggera, capace di trasformare ogni gesto in poesia. E così, nel racconto di ieri sera, ho riconosciuto non solo il suo volto, ma il coraggio di chi sceglie la propria strada anche quando sembra andare controvento.
Il pubblico ha assistito a un gioco armonioso di corpi in movimento, luci curate da Amerigo Rampielli, immagini colte dall’occhio sensibile di Fabio Alessandrini, e l’intensa voce di Viola Ferrante che ha dato respiro alla scena. Un intreccio emozionante di tutti i corsi di danza, che ha saputo restituire bellezza e verità, senza retorica. Alla fine, Phil riceve quella lettera tanto desiderata: l'ammissione a un’accademia di danza. Ma il vero centro di tutto non è solo il traguardo, bensì l’abbraccio dei genitori che, finalmente, comprendono la vocazione del figlio e la accompagnano.
È questo il miracolo più grande: riconoscere la danza interiore di chi amiamo, e avere il coraggio di seguirla con fiducia e quella tenerezza che salva — la stessa cura amorosa che sa piegare le attese rigide, trasformandole in ali. Orvieto ha vissuto un momento raro. Non solo uno spettacolo, ma un inno delicato ai sogni, alla libertà di crescere secondo ciò che si è. E io, da padre e da uomo, ne sono uscito riconciliato. Perché la danza – come la vita – a volte inizia proprio dove finisce la paura. Continua a danzare, piccolo Phil.

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