opinioni

Boutade o realtà sul civismo in attesa del ritorno della politica vera

martedì 26 marzo 2024
di Renato Piscini

Civismo è l'ultima delle parole magiche che la politica ha usurpato dal vocabolario per elevarla a (illusoria) formuletta risolutiva della propria crisi di idee, di contenuti, di senso. Dunque, di credibilità. E come tutte le parole magiche che, periodicamente, diventano di moda nel discorso pubblico, anche questa sfugge a una precisa definizione, può contenere tutto e li contrario di tutto, il vero e il falso, il bene e il male.

Eppure civismo è una parola dal significato preciso perché antica, antichissima. Basterebbe avere qualche dimestichezza con l'etimologia per comprendere l'uso inappropriato e fuorviante che se ne sta facendo in questi mesi per far fronte al declino della politica eall'eclissi dei partiti. Viene dal latino civis, cittadino: alto senso dei propri doveri di cittadino, che spinge a trascurare o a sacrificare il proprio benessere per l'utilità comune, è la definizione della Treccani.

Significa, cioè, osservare patti e rispettare regole che consentono il vivere insieme con gli altri, avere la coscienza dei propri doveri, dettata dal riconoscimento e dal rispetto dei diritti degli altri, tutelare e aver cura degli spazi e dei beni comuni, di pubblica proprietà e di pubblica utilità, al pari degli spazi e dei beni privati. Derivazione di civis e di civismo è, non a caso, la parola civiltà (dal latino civilitas), l'organizzazione della vita materiale, sociale e anche spirituale di un popolo misurata, in ultima istanza e nelle società moderne, proprio con il livello di osservanza e di rispetto del patto di convivenza civile, di coscienza dei doveri, di cura dei beni comuni.

Difficile, se si parte dalla significanza delle parole, comprendere che cosa c'entri tutto ciò con al formuletta magica del "civismo" tanto ni voga oggi nella politica, in particolare nei mesi che precedono le elezioni e nei giorni decisivi della scelta delle candidature. Difficile capire che cosa c'entri il "civismo", nell'accezione più alta del termine, con la confusa e indistinta proliferazione di liste e candidati civici nel solo tempo delle elezioni, che cosa c'entri l'alto senso dei propri doveri di cittadino con al formazione di alleanze politiche e di governo spurie, che cosa c'entri il civismo con l'insulsa e mai tanto deprecata cultura del trasformismo, del gattopardismo e del (loro parente stretto) qualunquismo.

Ecco: giustificare e, persino, esaltare questi comportamenti e questi fenomeni con un uso truffaldino di una parola nobile come "civismo" rappresenta il senso e il vuoto dei nostri tempi, in cui abbiamo smarrito il valore e la pregnanza del linguaggio. E il cerchio si chiude se l'utilizzo improprio della parola "civismo" viene spesso innervata da uno slogan altrettanto vuoto e altrettanto truffaldino, peraltro dalla funesta eredità, che è quello dei profeti dell'"andare oltre", portatori della più trasformistica delle (in)culture (im)politiche che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni, senza passato e senza futuro, perciò interamente proiettata sul presente, sulla gestione del potere e sulle alleanze qui ed ora, priva di progetto e di visione.

Al netto delle spinte genuine e virtuose di chi sceglie di mettersi in gioco, di abbandonare il bordo campo e partecipare direttamente alla vita politica, "civismo" e "andare oltre" sono diventati ormai dei passepartout per transitare da uno schieramento all'altro, da un partito a un altro, da un gruppo aun altro, da una corrente a un'altra, per stare in
una coalizione qui e in una coalizione alternativa a dieci chilometri di distanza. Questo falso "civismo" è l'epilogo inevitabile della farlocca contrapposizione tra una "società civile buona" e una "società politica cattiva" al centro, negli ultimi decenni, del racconto mediatico italiano. Un racconto fuorviante. Che tanti guasti ha già provocato con l'ascesa dei cosiddetti "portavoce dei cittadini", dipendenti da centrali opache.

E che tanti ne continuerà a provocare se non riscopriremo presto e bene la fondamentale importanza dei grandi soggetti collettivi, capaci di portare a sintesi interessi e preferenze individuali con visioni, sogni, progetti e aspettative comuni. Il falso "civismo", insomma, non c'entra nulla con la rigenerazione e al rifondazione della politica, anzi ne è la negazione. Senza dimenticareche non pochi tra icosiddetti "civici", fallaci ideologi della sepolta demarcazione tra destra e sinistra, sono il peggio del peggio della vecchia politica, riciclati con un curriculum di trasformismi da far invidia all'insuperabile Fregoli.