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"Bisogna fermare questa catena perversa che sta distruggendo l'agricoltura e l'agricoltore"

domenica 4 febbraio 2024
di Fausto Prosperini

Ci sarà un motivo se tutto il mondo riconosce l'Italia come il Paese dove si mangia bene e dove i prodotti agroalimentari sono oltre che buoni anche i più sicuri. Tutto questo è possibile non solo perché l’Italia è geograficamente collocata al centro del Mar Mediterraneo o perché i nostri chef sono bravi, certo anche questo conta, ma tutto ciò è possibile perché i nostri agricoltori hanno apportato importanti innovazioni, sia nei processi che nei prodotti che hanno, nel corso degli anni, portato l’Italia ad essere tra i primi paesi al modo per qualità delle nostre produzioni agroalimentari.

Questo è costato lavoro, sacrifici, rinunce e adesso tutto è messo in discussione soprattutto per i giovani imprenditori che si trovano ad affrontare una situazione che mina la sopravvivenza delle proprie aziende e delle proprie famiglie. Quando si è costretti a produrre in perdita, anche in maniera consistente, si può resistere un anno o al massimo due, dopodiché si lascia l’azienda con tutto quello che comporta: abbandono del presidio del territorio, dissesto idrogeologico, inselvatichimento del territorio, aumento degli incendi, perdita completa della biodiversità e via elencando.

E poi questi agricoltori dove vanno, a fare cosa? Ecco questo è quello di cui si parla, mai come oggi, nelle nostre famiglie, nei bar e in tutti i luoghi di ritrovo. Ne parla anche la politica, ma non sempre in modi appropriati. Alcuni pensano più alle prossime elezioni che al destino di centinaia di migliaia di agricoltori che stanno vivendo una crisi che non ha precedenti dalla fondazione della nostra Repubblica.

L’Unione Europea ha le sue responsabilità, non solo perché riduce l’impegno finanziario verso le imprese agricole, per l’eccessiva burocratizzazione e per mancanza di una visione che va oltre le innumerevoli direttive che si susseguono nel corso delle varie annate agrarie. Unitamente a quelle dell’UE ci sono colpe gravissime dei vari governi che si sono susseguiti in questi ultimi 50 anni ed oltre; non si è mai voluto affrontare l’elemento strutturale delle composizioni fondiarie del nostro sistema agricolo. Come può competere un’azienda agricola italiana con una media di circa 10ha contro altri paesi europei che hanno queste dimensioni: Francia 53ha per azienda, Regno Unito 79ha, Germania 56ha, Danimarca 65ha, Repubblica Ceca 152ha.

Necessiterebbe, da subito, varare un provvedimento legislativo che agevoli con mutui e tassi convenienti l’acquisto di terreni, soprattutto per i giovani imprenditori per incrementare la propria maglia poderale. Necessita inoltre restituire status sociale al coltivatore troppo a lungo sbeffeggiato (contadino sinonimo di cafone, villano) che anche per questo, in alcuni casi, lasciava l’azienda agricola per rispondere alla richiesta di mano d’opera a basso costo nell’industria e nei servizi.

Ma oggi in presenza di una mobilitazione, soprattutto giovanile, con livelli alti di competenze e di cultura, che ha pochi precedenti nella storia recente, non possiamo più aspettare che si spengano i riflettori mediatici per poi continuare come prima. No!!!!

Bisogna fermare questa catena perversa che sta distruggendo l’agricoltura e l’agricoltore. Da una parte la grande distribuzione intasca il 50% del prezzo finale al consumo, all’agricoltore va il 10% ed il resto è suddiviso tra l’intermediario e la logistica. Così non può più funzionare.

Tutte le istituzioni, da quelle europee a quelle nazionali, fino a quelle locali, regionali e comunali, debbono uscire dal torpore che le ha avvolte unitamente alle organizzazioni professionali e concertare un percorso che è stato ampliamente e chiaramente indicato in questi giorni da decine di migliaia di coltivatori che con i loro trattori hanno divelto una politica che sta portando all’impoverimento fino alla scomparsa del bene più importante di questo nostro paese rappresentato dall’agroalimentare, dal paesaggio e dalla biodiversità.

Ma come può venire in mente, dentro un quadro così drammatico di tassare i terreni agricoli (IRPEF), di innalzare il prezzo dei carburanti agricoli, di mettere a riposo almeno il 4% dei terreni (obiettivo questo che si può raggiungere facilmente con una intelligente rotazione delle produzioni), di importare prodotti agroalimentari dal Sud America e via elencando.

Tutto questo è la dimostrazione di una assoluta incapacità ed incompetenza dei nostri governanti e non vorrei che dietro si celasse un disegno che vuole distruggere il comparto economico primario a tutto vantaggio dell’intermediazione parassitaria e finanziaria.

Anche per questo necessita attenzione verso coloro che cercano di prendere la testa di qualche manifestazione, e che non sono veri agricoltori, ma solo figure in cerca di visibilità per altri motivi che certo non sono la difesa degli interessi dell’agricoltura e degli agricoltori.

Concludo con una scritta che ho letto su un cartello appeso ad un trattore che stazionava ad Orvieto Scalo:

100 kg grano = 90 kg farina
90 kg farina = 108 kg di pane
108 kg di pane = 380 euro
100 kg di grano = 25 euro

Non ho altro da aggiungere…