opinioni

"Ad Orvieto un Istituto di Enologia e industria di trasformazione per nocciole e colza"

mercoledì 24 maggio 2023
di Fausto Prosperini

Pensare allo sviluppo di Orvieto, nel senso più moderno del termine, non è possibile se non lo si riconduce all'interno di un contesto geopolitico caratterizzato dalle varie guerre che stanno insanguinando diversi Paesi, compresa la nostra Europa, dal sorgere di nuove pandemie, dall'aggravarsi dello stato di salute del nostro Pianeta a causa di una disgraziata gestione delle risorse naturali e ancora dalle difficoltà sempre più crescenti di carattere sociale e finanziario che sono presenti nella quasi totalità del nostro Pianeta.

Ecco, dentro questo quadro, si deve muovere anche la nostra città. Orvieto è a un passaggio difficile della sua storia, forse uno dei più complessi dell'era moderna. È proprio per questo che necessita approntare un processo dentro cui vi sia una presenza attiva di tutte le forze vive della città che siano portatrici di una visione capace di recuperare i limiti gravi in cui si dibatte l'attuale Amministrazione Comunale. L'assenza di una base manifatturiera che crei ricchezza e la distribuisca tra i tutti soggetti che vi partecipano, contribuirà sicuramente a migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.

La difficoltà del settore terziario, largamente inteso, del pubblico impiego e dell'agro-alimentare stanno determinando un impoverimento complessivo del nostro territorio aumentando in maniera esponenziale le disuguaglianze sociali. Tragica testimonianza di tutto ciò è la gestione del Sistema Sanitario Locale. L'urgenza di ricostruire una sanità pubblica che metta fine a questa vergogna a cui è sottoposta la nostra città e l'intero comprensorio, compreso parte del territorio dell'alto Lazio e della bassa Toscana, non può più attendere un solo giorno.

Sono sempre più evidenti le difficoltà dei nostri governanti anche nella gestione del quotidiano che è ormai esplosa anche nel sentire comune dei nostri cittadini, sia nel centro storico che nel suburbio e nelle frazioni. È proprio in ragione di questo che necessita un cambiamento radicale, capace di conferire alla nostra città quel ruolo di guida di tutto il territorio che si riconosce in una parte importante del Sud dell'Umbria e con i territori confinanti di altre province e di altre regioni.

Penso che sia giunto il momento di abbandonare l'elenco delle doglianze giornaliere, non perché non siano fondate e serie, e provare ad individuare processi e percorsi che riportino la città dentro il quadro di ammodernamento, capace di migliorare la qualità della vita dei nostri cittadini. Sicuramente la situazione attuale di Orvieto sul versante socio-economico desta forte preoccupazione. Assistiamo ad un continuo calo della popolazione residente ormai decisamente inferiore ai 20.000 abitanti. Mai nella storia moderna della città si era raggiunto un tasso di residenti così basso da far prevedere, a breve, lo scivolamento dalla seconda alla terza città della nostra provincia.

Gli ultimi dati disponibili relativi ad immigrati ed emigrati ci consegnano un quadro veramente allarmante: 435 emigrati, 431 immigrati. Diminuiscono i secondi, aumentano i primi certificando così la miseria del nostro apparato produttivo. Qualsiasi iniziativa rivolta verso lo sviluppo economico della nostra comunità deve tener conto necessariamente delle qualità e quantità delle risorse umane presente. Gli ultimi dati disponibili nel nostro comune parlano di circa 8.000 occupati, circa 1.000 disoccupati e circa 6.000 persone con più di 65 anni. Quando il numero dei disoccupati è sommato al dato della popolazione con più di 65 anni è quasi pari a quello degli occupati, la situazione è veramente preoccupante.

È quasi inutile fare l'elenco di tutto quello che sarebbe utile attivare per ridare forza e slancio ad un nuovo e qualificato sviluppo che veda soprattutto i giovani protagonisti di questo nuovo inizio. Occorre attivare tutto l'attivabile facendo leva sulle nostre risorse, materiali ed immateriali. Mettere in campo un lavoro che, come detto, coinvolga l'intera città per offrire aree, riconvertendo anche l'esistente non più utilizzato, destinato ad ospitare centri di manifattura moderna, corredati di infrastrutture di nuova e nuovissima generazione.

La manifattura moderna è indispensabile per supportare la transizione ecologica e quale territorio meglio di quello orvietano potrebbe offrire un ambiente così straordinario con un paesaggio integro e non inquinato, con beni storico-artistici invidiati da tutto il mondo, collegato con le vie di comunicazione più importanti del Paese, compresi porti ed aeroporti a meno di cento chilometri dalla città?

Questa sonnolenza in cui è avvolta la componente della maggioranza politica della città, imprigionata dentro la chiacchiera che va da Piazza della Repubblica alla Torre del Moro, va rimossa, attivando tutta la nostra comunità che non è solo il centro storico, ma anche e soprattutto il suburbio, le frazioni da sempre motore e spinta dell'innovazione che hanno attraversato la nostra città nel tempo trascorso.

Concludendo avanzo solamente due idee in modo schematico, riservandomi a breve, di intervenire su altre proposte che possano, insieme ad altri suggerimenti ed indicazioni, attivare quel nuovo sviluppo capace di portare lustro e benessere nella nostra città e a tutto il nostro comprensorio. Orvieto è conosciuta in Italia e nel mondo come la città del vino, unitamente a tutto il resto. Riconoscimento ben riposto anche perché in questi ultimi cinquant'anni il mondo della viticoltura e dell'enologia orvietana hanno fatto passi da gigante.

Abbiamo investito – soprattutto lo hanno fatto i nostri produttori – risorse finanziarie e saperi che hanno trasformato una viticoltura di sussistenza in una filiera che compete sui mercati mondiali con successi non trascurabili. Ma perché a supporto di quanto fatto e di quanto ancora dobbiamo fare, non avanzare attraverso l'Amministrazione Comunale, la richiesta alle autorità competenti di istituire nella nostra città un Istituto Tecnico Superiore di Enologia e Viticoltura?

Un istituto con queste caratteristiche diventerebbe un punto di riferimento per il Centro e il Sud d'Italia, ospitando studenti provenienti da più parti della nostra Penisola. Sarebbe di grande utilità, non solo per il supporto al nostro settore vitivinicolo, ma porterebbe anche incremento demografico, crescita culturale ed economica. Non scopro niente di nuovo giacché a Corigliano è stato istituito nel lontano 1876 e tanto benessere, non solo economico, ha portato a quella comunità. Pensateci sopra, come direbbe il Presidente della Regione Veneto, Zaia.

E da ultimo come non accorgersi che le pratiche colturali nelle campagne del nostro comune si sono modificate a favore di impianti di noccioleti e di semina di colza. Perché non convocare tutti i soggetti interessati e, insieme a loro, candidare la nostra città ad ospitare strutture di manifattura per la trasformazione del prodotto e contemporaneamente aprire un'interlocuzione con i grandi marchi nazionali per confezionare i loro prodotti ad Orvieto?

Vorrei segnalare che a Viterbo già operano consorzi che si stanno muovendo in questa direzione e che i produttori del nostro comprensorio conferiscono il loro prodotto. C'è, quindi, il rischio che anche qui arriviamo secondi o terzi, come è già avvenuto recentemente per la candidatura della città a Capitale Italiana della Cultura per il 2025.

Vorrei segnalare, infine, che i nostri cittadini non ne possono più di vedere la sanità allo sfascio più completo, di non trovare lavoro per i più giovani, di non ricevere l'assistenza per i propri anziani, di vedere il Palazzo dei Congressi chiuso o sottovalorizzato e di tanto altro ancora e di assistere impotenti ad una decadenza della città che non ha precedenti a memoria d'uomo.