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Come affrontare i temi della ripartenza. Bisogna aprire la "Costituente delle competenze e della buona volontà". Altrimenti ci impantaniamo nella melma.

martedì 26 maggio 2020
di Franco Raimondo Barbabella
Come affrontare i temi della ripartenza. Bisogna aprire la "Costituente delle competenze e della buona volontà". Altrimenti ci impantaniamo nella melma.

Ormai è un coro. Dovunque ti giri trovi qualcuno che invoca competenza, senso di responsabilità, raziocinio e cultura del bene comune. Lo ha fatto qualche giorno fa Ferruccio de Bortoli parlando di “Una classe dirigente che … deve mostrare di avere una cultura più profonda del bene pubblico”.

Domenica scorsa una raffica di invocazioni in tal senso: Galli della Loggia ha chiesto una classe dirigente dotata di solida cultura generale, capace di visione, ampiezza di orizzonti e scelte lungimiranti; Massimo Cacciari ha prospettato l’esigenza di una nuova “fase costituente”, una cultura del cambiamento antigerarchica e federalista, che smantelli le rendite di posizione e scommetta sull’intelligenza e la responsabilità diffusa; Piero Angela ha affermato che senza la scienza dei competenti non c’è governo razionale; Beppe Sala ha affermato senza mezzi termini che per ripartire “serve un governo di gente capace”.

Ieri poi Claudio Cerasa ha fondato la possibilità di ripartenza sul contrario dell’assistenzialismo, ossia sullo spirito d’iniziativa e sulla responsabilità. Un coro dunque. Ma la realtà in quale direzione sta andando? A me pare in senso esattamente contrario. Vediamo alcuni esempi a partire dal più eclatante.

1.   L’invenzione degli “assistenti civili”. Non si ha nemmeno la forza di commentare, perché quando la stupidità supera il limite le parole muoiono in bocca. Viene da chiedersi “ma che gente è questa, da dove escono questi inventori del niente, come si permettono di offendere il normale senso del pudore civile”. Dice che la proposta sia venuta dai sindaci. Attenzione, sono gli stessi che due anni fa hanno avuto la geniale idea, poi divenuta norma, di educare al senso civico i nostri giovani con un’ora di educazione civica ritagliata nel curricolo normale a danno di altre materie e lasciando inalterato tutto il resto. Una scempiaggine. Ed ecco oggi la nuova scempiaggine, quella di figure improvvisate, senza arte né parte, piccoli potenziali ridicoli sceriffi nelle mani di sindaci che si sentiranno sempre più investiti del sacro obbligo della moralizzazione pubblica senza minimamente preoccuparsi delle ragioni che rendono molti giovani privi di senso civico e in particolare di senso del limite e molti genitori impotenti di fronte alle pressioni dei figli soprattutto in quell’età particolare che è l’adolescenza. Non c’è affatto bisogno di figure speciali, perché l’ordine pubblico appartiene alle forze dell’ordine, e la responsabilità dei comportamenti individuali è degli individui se maggiorenni e dei genitori se minorenni. Ma se proprio c’è bisogno di aiuto, lo si chieda ai volontari, magari organizzati nella protezione civile, gente preparata, sperimentata, disponibile, responsabile. Basta dunque governare con ordinanze e non con servizi, inserendo poi nel sistema anche figure inventate (ricordate i navigator?) con distribuzione qua e là quando di soldi e quando di berretti con la visiera che solleticano la voglia di comando! Non sta avanzando la dittatura quanto piuttosto la povertà di pensiero. Non è meno pericolosa. Apriamo gli occhi.

2.    La vicenda della scuola. Ma è normale che ad oggi non si sappia ancora niente sulle regole generali e le condizioni operative per la riapertura a settembre? Non sono questioni di poco conto: scuola in presenza o no, oppure chi si e chi no e come; con quale calendario e quale orario; con quali organici; con spazi e trasporti organizzati in quale modo; con quali garanzie di accoglienza. E, dato sia il pregresso che ciò che ci aspetta, è normale accapigliarsi ancora, mondo politico, mondo sindacale, altri piccoli mondi, sulle modalità di reclutamento del personale quando si sa o si dovrebbe sapere dei danni fatti con la lunghissima serie di sanatorie che hanno trasformato la qualità del fare scuola (non dico dell’educare) in fattore puramente occasionale? Sembra che la regola non sia quella aurea e indilazionabile “diamo stabilità e spessore al sistema con modalità concorsuali serie e programmate”, ma quella consuetudinaria “stiamo alla larga da un sistema che insegni ed educhi”. Per di più alle responsabilità centrali si aggiungono ormai con palmare evidenza quelle locali. Tranne rare eccezioni, più presenti nei grandi che nei piccoli agglomerati, vi risulta che i governi locali si siano messi a censire esigenze, fare ipotesi sui provvedimenti strutturali necessari in un rapporto di collaborazione creativa con le dirigenze scolastiche, organizzare comunque le manutenzioni? Si invoca la crisi finanziaria e ci si copre dietro i ritardi del governo nazionale. Vero, ma non saremmo onesti se non dicessimo che c’è dell’altro: un po’ di povertà di pensiero, un po' di  noncuranza, un po’ d’incoscienza. Insomma, servizio in mano a classi dirigenti deboli e impreparate, con in testa un’idea di scuola lontana da quella di servizio essenziale di priorità uno.

3.   La vicenda della magistratura. È normale che dopo uno scontro pubblico con accuse infamanti di un alto magistrato membro del CSM contro il suo ministro entrambi restino al loro posto? Una regola minima di decenza imporrebbe che o l’uno o l’altro se ne vada dal proprio. No, accade il contrario. Ma non basta. Lo scontro all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati a seguito della pubblicazione delle chat del Giudice Palamara con colleghi (da cui emerge un malcostume consolidato di favori e lotte di potere lontane dalle garanzie di imparzialità), non stanno producendo altro che la consueta reazione emergenziale e gattopardesca del “cambiare tutto per non cambiare niente”. Eppure si sa che la ripartenza del Paese dipende in gran parte proprio dalla riforma del sistema di giustizia (lo dimostrano casi infiniti) e in esso del CSM. Ci sono proposte sensate note da tempo, ad esempio per il CSM quelle di Michele Vietti. Vedremo, ma per ora l’impressione è pessima. Anche perché dove volete che si vada con un ministro scardinato nella sua credibilità da un brutto dibattito parlamentare, istituzionalmente salvato ma eticamente dimissionato?

Si potrebbe continuare, ad esempio con le ostilità preconcette dei contrapposti ambienti populisti e sovranisti verso i fondi europei del MES o con le pulsioni antindustrialiste, neostataliste e assistenzialiste. Quadri di riferimento, strategia e progettualità generale? Lussi non pervenuti.

C’è dunque una classe dirigente in esercizio che va in direzione lontana da quel cambiamento invocato da tanti per far ripartire un Paese sconquassato e però ormai messo anche di fronte alle sue fragilità storiche e attuali, alle sue arretratezze e carenze di sistema. La verità però è anche che c’è un Paese che si dilania volentieri con tifo da stadio su tutto ciò che questa classe dirigente gli propina senza costrutto per guadagnarsi il fragile consenso di un giorno o di un’ora. Un circolo vizioso. In qualche modo bisognerà uscirne. Come?

Non mi pare ci sia una risposta facile, tanto meno pronta. Io non vedo altro modo che l’unione di spiriti liberi che hanno a cuore il destino delle proprie comunità. Trasformiamo le differenze in ricchezza, sulla base di valori fondamentali e progetti generali condivisi. Mettiamo da parte ogni appartenenza sclerotizzata e abbracciamo senza più remore e tentennamenti l’idea della fase costituente delle competenze, dell’intelligenza, della priorità del bene pubblico e della buona volontà. È uno sforzo che vale la pena di compiere.