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Un magistrato di nome Silvia. Storia di un eroe dei nostri giorni...

sabato 23 maggio 2020
di Pasquale Di Paola
Un magistrato di nome Silvia. Storia di un eroe dei nostri giorni...

Nelle cose non sempre esiste il grigio. Esiste il bianco e il nero. I buoni e i cattivi. Questa è una di quelle storie. Parliamo di Silvia, giovane donna magistrato di 39 anni, distaccata alla Procura di Taranto che, praticamente da sola, ha scardinato un presunto sistema di potere basato su intimidazione, corruzione e velenoso e radicato mondo patriarcale. Si è trovata a fronteggiare da sola questo mondo.

Per tanto tempo, Silvia ha dovuto fingere un atteggiamento remissivo, trovandosi a fronteggiare ogni occasione di prevaricazione e di tentativi di sottomissione e condizionamenti. Per tanto tempo è stata oggetto di ogni genere di commenti, avances e apprezzamenti, a volte ripugnanti, a volte mortificanti.

Ad iniziare dal suo capo, l'attuale procuratore di Taranto Carlo Maria Crapisto. Ogni giorno il capo della Procura le diceva: "Non fare mai il passo più lungo della tua gamba. Ricordati che sei solo una bambina". "Ricordati che ti devi adeguare al clima e agli usi di questa procura perchè a me sta bene così". "E perchè sei e sarai sempre la mia bambina".

E la cosa che Silvia reputava più ripugnante era che lui si rivolgesse a lei sempre apostrofandola con quel mortificante "bambina mia". "Bambina mia". Silvia, una pm senza macchia e senza paura, che aveva firmato indagini su mafie, criminalità organizzata e aveva trattato con risolutezza e determinazione alcuni dei casi più duri e complessi degli ultimi anni.

E lui la trattava e considerava alla stregua di una sua bambolina. Prigioniera di un mondo e di un clima dominato da quel falso senso di superiorità inculcato da remore di congetture patriarcali e prevaricanti del cosiddetto "sesso forte". E lui forte di queste false sicurezze era convinto di poterla guidare e contenere.

Quanto si sbagliava. Silvia ha sempre incassato, sopportato, apparentemente subìto, dando a tutti la fallace sensazione di essersi in qualche modo integrata e adeguata a quel sistema di potere. È rimasta sempre in silenzio, in disparte. Con aria apparentemente innocua.

Apparentemente, appunto. Solo apparentemente. Perchè nella realtà, Silvia prendeva meticolosamente nota di tutto: i fatti e le parole, i commenti e i tentativi di sottomissione e condizionamento. E quando ha reputato di avere raccolto abbastanza prove, tutte inequivocabili e schiaccianti nella loro evidenza, ha denunciato, facendo saltare in aria quel sistema di potere, con un effetto domino che ha portato giù con sé, oltre al capo della sua Procura, ora agli arresti domiciliari, anche un altro suo collega magistrato, un poliziotto e tre imprenditori.

Tutti figure maschili, pessimi rappresentanti del cosiddetto sesso forte. Tutte persone di potere e abituate a dominare e comandare le cose. Questa è la storia di Silvia, un magistrato con la M maiuscola,la storia di una donna, di una servitrice dello Stato che ha onorato fino in fondo e col massimo delle sue forze il suo giuramento di fedelta’alle istituzioni democratiche.

E lo ha fatto senza timore o paura,nonostante fosse conscia di rischiare molto nel combattere quel mondo. Questa è la storia di un magistrato dei nostri giorni, la storia di una vera donna del Sud ,una vera rappresentante della Giustizia con la "G" maiuscola.

Una donna forte, libera e coraggiosa. La storia di uno straordinario magistrato che mai ha piegato la schiena e la testa, mai ha contrapposto il potere alla giustizia. Questa è la storia di una grande donna, una donna al cui prospetto inchinarsi.