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Valeriano Venturi. Diritto, affetto e letteratura

lunedì 27 aprile 2020
di Fausto Cerulli
Valeriano Venturi. Diritto, affetto e letteratura

La forzata reclusione in Porano mi ha fatto sapere in crudele ritardo che Valeriano Venturi è morto. E la notizia mi ha colpito e ferito profondamente, e non nascondo che ho anche pianto. Non mi succede spesso. I miei soliti 35 lettori ne saranno meravigliati in quanto generalmente cerco di essere ironico fino la cinismo. Ma per me Valeriano è stato un vero e proprio e tenero nella memora punto di riferimento. Ho la presunzione di dire che Valeriano ed io siamo stati molto amici.

Specie negli ultimi anni, nel nostro tempo maturo. Lui cattolico senza infingimenti ma senza retorica clericale, io comunista con ingenua ostinazione. Eppure questi schematismi, che in lui e in me non sono mai stati tali, non potevano impedire che tra noi si creasse una solida una solida empatia, per usare un termine oggi in voga, ma che ben si attaglia al nostro rapporto. Ci incontravamo poco, negli ultimi tempi, e quando ci incontravamo lui era quasi sempre circondato da persone che gli volevano istintivamente bene e lui donava morbide lezioni di saggezza, senza essere saccente.

Molte cose potrei dire di Valeriano come avvocato, ma non aggiungerei nulla ai riconoscimenti che è addirittura ovvio riconoscergli. Posso e voglio dire che è stato un avvocato per molti versi all’antica,preparatissimo ma senza far pesare questa preparazione che lui viveva in maniera leggera, senza pensare neppure molto lontanamente a prevaricare, senza quelle feroci sgomitate così abituali tra tanti avvocati, giovani e non giovani, che mi è accaduto di conoscere. Non voglio ovviamente sparare a zero su una categoria che ha al suo interno altri professionisti seri, che non hanno bisogno alcuno di prevaricare, e mi viene in mente ora Manlio Morcella, che ha saputo affermarsi per la sua preparazione e per quella dose di intuito che distingue un avvocato da un azzegarbugli.

Ma torno a Valeriano, dando per scontati in lui preparazione ed intuito. Voglio ora ripercorre qualche momento della nostra strana dolce capacità di capirci a vicenda. Quando ho saputo che Valeriano è morto, la prima cosa che mi è venuta in mente è che negli ultimi nostri colloqui telefonici lui aveva l’abitudine di dirmi ciao cocco, un termine toscano, ma un termine nel quale non esisteva nessun paternalismo, ma un senso intimo di comunanza affettiva. Ricordavamo spesso che entrambi avevano cominciato tardi erva professare l’avvocatura, ma scherzando senza troppo scherzare, che avevamo fatto presto a recuperare il tempo perduto.

Ed altri particolari voglio aggiungere a questo piccolo diario di affetti: spesso gli telefonavo per farmi dire il contenuto di qualche articolo di legge, e lui mi rispondeva sempre molto cortesemente,anche se con una punta di meraviglia. Poi ha capito che io avevo fatto l’avvocato per quaranta anni senza mai aver posseduto neppure un codice ed allora, sempre con la sua garbatezza, volle regalarmi i quattro codici, in una edizione pregevole, che spicca ancora nella mia non grande biblioteca e che d’ora in avanti mi saranno ancora più cari. Qualche volta mi rimproverava di aver fatto l’avvocato alla Don Chisciotte, trovandomi così nella situazione di floridezza normale per un avvocato.

Ma una volta, pensando che versassi in difficoltà, inventò una specie di cassa mutua per gli avvocati,e mi fece avere una somma che mi fu molto di aiutò e che mi confemò  il suo saper venire in aiuto inventandosi una inesistente cassa mutua, per non far pesare l’atto generoso. Valeriano è stato anche persona di accurata cultura, anche in questo distinguendosi, lo dico con rammarico, da molti forse troppi nostri colleghi. Amava leggere molto, e con scrupolo. Una delle ultime volte che ci siamo incontrati è stato in biblioteca.

Non so come siamo venuti a discutere di Pisacane e della sua sventurata avventura in quel di Sapri: e fu lui a spiegarmi che alle imprese di Pisacane aveva partecipato anche un Orvietano, un Negroni. E fu felice che io gli proponessi di fargli leggere un recente libro sulla storia di Pisacane. E volle ricambiarmi con un libro sui rapporti tra letteratura e diritto. Per ricordarmi che ci univa, oltre al nostro affetto, anche una comune passione per la cultura. Ed ora mi sento di salutare Valeriano con un ciao cocco, e so che lui capirà.

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