"...allora ci vediamo da Montanucci"

Ho conosciuto Reno che eravamo adolescenti. Fin da allora lo caratterizzava una sensibilità d'animo abbinata ad una naturale allegrezza, che lo rendeva particolarmente gradevole. Ci frequentavamo saltuariamente, poi, finito il Liceo, sempre più raramente; ma, quando mi capitava di incontrarlo le volte che passavo per Orvieto a trovare mio padre, ci fermavamo a parlare con piacere per aggiornarci l'uno dell'altro, come a riprendere il filo di un'amicizia che perdurava nonostante la vita ci avesse separati in due città diverse.
"...allora ci vediamo da Montanucci" è quasi un'espressione idiomatica del parlare Orvietano. Da Montanucci non si va solo per bere un caffè o per un aperitivo, ma è luogo d'incontro degli Orvietani, dove si commentano le ultime novità della città, si scherza e s'ironizza su fatti e misfatti del mondo.
Questa peculiarità del locale ebbe un ulteriore impulso dopo la splendida ristrutturazione degli anni '70 per opera dell'Architetto Alberto Satolli, con gli arredi della Bottega Michelangeli. Aldilà della fantasiosa eleganza delle composizioni lignee realizzate da quella famosa Bottega, colpisce l'originalissima idea della pavimentazione del locale, che è una continuazione di quella a sanpietrini del Corso Cavour.
Come dire: lo spirito di Orvieto entra e permea di sé tutte le attività e le relazioni dentro quello spazio: il Caffè Montanucci. Ebbene quella pavimentazione può essere a buon diritto presa come la quintessenza della personalità di Reno: spirito aperto ad un'innovazione intelligente che non dimentica le tradizioni, fine ed appassionato artigiano, amante del bello, della cultura in ogni sua forma, della storia millenaria di Orvieto, della verde natura che assedia tutto attorno la Rupe.
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