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L'ultimo viaggio di Lucio Magri. Il ricordo di Alfonso Gianni

mercoledì 30 novembre 2011
di Alfonso Gianni
L'ultimo viaggio di Lucio Magri. Il ricordo di Alfonso Gianni

Pubblichiamo un ricordo di Lucio Magri, cofondatore del Manifesto, che si era recato in Svizzera nei giorni scorsi e che è morto, per sua volontà, servendosi del suicidio assistito. In sua memoria, oggi la Camera dei deputati ha osservato un minuto di silenzio. Ringraziamo Alfonso Gianni che ne ha autorizzato la pubblicazione.

Lucio Magri se ne è andato. Una delle intelligenze più vivaci e creative che io abbia mai incontrato non è più con noi. In queste ore saranno in molti a ricordarlo. Anche chi ha qualcosa da farsi perdonare, come è giusto che sia. Lucio ha lasciato scritto che non vuole commemorazioni, specie se ufficiali. Ne conosco la ragione. Tempo addietro, ma non molto, a conclusione della cerimonia funebre per la scomparsa di un famoso e autorevole compagno, Lucio commentò con alcuni di noi che sentire certi discorsi è come assistere a una doppia sepoltura. Oltre quella fisica, anche quella intellettuale. Nessuno, egli diceva, ha il coraggio di raccontare la vita di chi se ne è andato, di dire veramente che cosa ha rappresentato, quali sono state le sue caratteristiche, quale il suo apporto specifico, quali i suoi punti deboli. Così di ognuno si ha una immagine sfocata, menzognera, che non rende merito né alla storia dell'individuo né a quella della comunità cui ha appartenuto. Nella melassa tutto è insapore.

La tua vita, Lucio, no. Non è stata così. Ha avuto il sapore invidiabile di una spericolata avventura intellettuale. Hai attraversato il tuo secolo con la consapevolezza di vivere la storia come presente. Ti sei sempre sforzato di guardare oltre e di comprendere tutto ciò che ti aveva preceduto. Il tuo ultimo libro, quello che ti ha trattenuto in vita un poco di più, quello che ora ci parla con le diverse lingue nelle quali è stato tradotto, "Il sarto di Ulm" insomma, ce la racconta quella storia. So quale era il tuo intento. Ce lo hai ripetuto diverse volte, un po' perché non ti fidavi che ci arrivassimo da soli, un po' per studiare le nostre reazioni. Volevi dimostrare che la storia del comunismo italiano - e non solo - non era stata quella che gli stereotipi postottantanoveschi avrebbero preferito consegnarci. Non era fatta solo di errori e di orrori. Volevi preservare quel filo rosso che si annodava attorno ad un nocciolo fatto di ragione, di analisi, di critica dell'esistente, di fiducia in un'alternativa possibile oltre che necessaria. Vedevi i nuovi movimenti nascere e infrangersi contro la dura scorza di un capitalismo che sa rinnovare se stesso, ora frantumando le intelligenze che gli si ergono contro, ora curvandole verso di sé. Sapevi perfettamente che senza un pensiero forte, senza il recupero e l'innovazione di un progetto generale, senza la spinta e il rovello - perché essa non è mai interamente realizzabile - di un'idea altra e alta di vita e di società, la nuova battaglia contro il nuovo capitalismo sarebbe stata nuovamente perduta. Non sopportavi perciò che nella sinistra che pur con generosità voleva mantenersi e innovarsi come tale, la retorica facesse agio sulla persuasione.

Per te così minuzioso nell'analisi, determinato nella costruzione politica, ironico e realista, quel certo conformismo dell'alternativa risultava insopportabile. E perciò non perdevi occasione, con tenacia e lucidità,  con chi ti capitava a tiro, a condizione che meritasse la tua attenzione, di riaprire la discussione sul cosa  e sul come fare. Fosse stato solo per questo, non ci avresti abbandonato anzitempo. Chi attribuisce la tua scelta al senso di sconfitta, non ti ha conosciuto ed ha perso l'occasione di farlo anche in questa suprema occasione. No. La tua dipartita è un atto d'amore, non di rassegnazione. Non è sempre così. A volte il tempo rende le persone impermeabili. Nel caso tuo è successo il contrario. E' come se il tempo ti avesse reso più accogliente, avesse scavato in te aumentando la capacità d'accogliere sentimenti, affetti, emozioni, amore. Credo - ma qui mi sporgo con cautela - che questa sia stata la tua vita con Mara. Per questo hai concluso non ci fosse modo di sopravviverle, malgrado gli sforzi delle compagne, dei compagni e degli amici di una vita, se non per ultimare ciò che anche  a lei, soprattutto a lei, avevi promesso. Così facendo hai restituito a noi che viviamo nella e di politica, la nostra dimensione perduta di persone. Hai voluto morire da vivo. E anche questo lo hai fatto nel modo migliore, non lasciando nulla al caso o al furore. Quindi continuerai a vivere con noi, nei nostri cuori e nelle nostre menti. Vogliamo tenerti con noi, per sempre.

Alfonso Gianni

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