politica

10 domande a Anna Petrangeli

giovedì 31 marzo 2005
di Laura Ricci

In occasione delle Elezioni Regionali del 3 e 4 aprile 2005 Orvietonews continua le sue conversazioni con i candidati locali.

 Intervistiamo Anna Petrangeli, candidata in provincia di Terni per l'Udeur.

Che cosa l’ha spinta a candidarsi alle Regionali?

Intanto vorrei precisare che ho accettato questa candidatura per così dire in extremis, quando il mio nome era già stato speso, ma lasciando fino all’ultimo in sospeso i miei interlocutori. Avevo sottoscritto l’accettazione, ma tenendola per me, non consegnandola subito per aver modo di riflettere fino in fondo. Non sono decisioni che si prendono alla leggera. Poi ho deciso di accettare, intanto perché non devo fare nessuna carriera, né di lavoro né politica, quel che dovevo fare l‘ho già fatto; poi perché penso che chiunque si senta di poter fare qualcosa per il proprio territorio, la forza e l’animo di partecipare e dare ancora battaglia, lo deve fare, perché altrimenti ci ritiriamo tutti, deleghiamo tutto, e non va bene.

Perché con l’Udeur e in uno schieramento così composito come quello della Lorenzetti?

Apro una parentesi, una premessa. Oggi, in politica, parliamo tutti la stessa lingua, non esistono più quelle separazioni nette, sia ideali che ideologiche, che esistevano venti anni fa. Ma se diciamo tutti le stesse cose abbiamo perso un patrimonio, io considero deteriore questo livellamento, perché ci ha fatto perdere l’appartenenza. Se questo è, bisogna che riconquistiamo qualche cosa del nostro patrimonio, tutti, anche chi la pensa diversamente da me, altrimenti dove vanno a finire la dialettica, il confronto, il dibattito? Ci confrontiamo sulle necessità che sono le stesse per tutti, sui programmi che sono pragmatici, ma tutto questo non basta: non basta a soddisfare il desiderio dell’animo e della mente, le aspettative della persona. La mia piccola campagna elettorale non l’ho improntata su questi temi. Certo, le decisioni devono essere prese, perché ci sono aspettative pratiche e necessità, ma soprattutto bisogna riprendere il cuore alle persone.
Perché la candidata Presidente Lorenzetti, dunque. Mi ha convinto il suo modo di presentarsi, mi sono piaciute quelle sue “Idee di Programma” – così le ha chiamate e così ho avuto piacere di leggerle – perché se si chiama un progetto di amministrazione di un territorio vasto come la Regione “idee di programma” vuol dire che non si hanno chiusure, che c’è spazio per accogliere suggerimenti, anche se provengono da un’area che non è strettamente legata all’ideologia della sinistra. Io sono sempre molto aperta, non metto veline, non indoro la pillola, ma se c’è intelligenza sui fini ci si intende anche se le idee sono diverse, anzi auspico questa diversità, perché solo allora possiamo recuperare le persone alla politica. La politica muove tutte le cose del mondo ed è dunque un’aberrazione che i cittadini spesso non ne vogliano sentir parlare.

Se dovesse essere in Regione su quali punti vorrebbe impegnarsi particolarmente?

I problemi ci sono, non si può fingere che non ci siano: lavoro, invecchiamento, economia, sanità, che dovrebbe mirare meglio e altrimenti le sue risorse nel senso dell’efficacia e dell’efficienza. Presidente, Consiglio e Giunta regionale sono chiamati a risolvere problemi, tuttavia con l’impegno e la determinazione le cose possono e debbono migliorare. La questione è l’economia, perché se l’economia funziona, se rimette in circolazione il denaro, i proventi possono essere utilizzati per le odierne grandi necessità del sociale. Comunque su tre punti vorrei impegnarmi maggiormente: lavoro, scuola intesa come formazione al lavoro e, prioritariamente, sanità, anche per le competenze che ho maturato nel campo del lavoro.

Lei ha avuto molte esperienze, nel campo politico, del lavoro, del volontariato. Tra i due opposti poli – lavoro/volontariato – come considera la politica?

Del volontariato in genere non voglio parlare, proprio perché è gratuito e volontario lo ritengo un campo del quale, in certe occasioni, non si debba parlare. La politica, comunque, la considero un impegno volontario a favore degli altri molto difficile, se diventa un impegno interessato non è più politica.

Una domanda ora, diciamo inevitabile, non la consideri biecamente femminista, è solo per cercare di capire. In tutte queste esperienze, nelle quali sicuramente ha dovuto investire molto impegno e molte energie, quanto ha pesato il fatto di essere una donna?

Non solo ho investito impegno e energie, ho dovuto fare battaglie, sostenere stress. Diciamo che sia nel lavoro che in politica ho vissuto il mio impegno con grande difficoltà. Faccio parte di una generazione che non ha visto orari ridotti o diritti femminili riconosciuti nel lavoro, non potevo contare su sorelle o su una madre – era già morta – avevo due figli che sono stati piccoli e ho un marito della vecchia generazione, che ha sempre delegato tutti i compiti di cura alla donna. Lascio dunque immaginare. Nonostante questo non sono mai stata femminista, non credo nelle quote e nella riserva, credo nella capacità. Ho vissuto le mie scelte con grande sacrificio personale, ma sono una persona che non demorde, anche se non ho preconcetti, sono sempre pronta a mettermi in discussione, ad ammettere l’errore e a cambiare le mie posizioni in un corretto confronto.

 Comunque, nonostante questa “fatica” è soddisfatta delle scelte operate?

 Delle grandi scelte sì, compresa quella di essermi allontanata dalla politica in un momento in cui la difficoltà superava qualunque piacere, perché le cose vanno comunque fatte con piacere. Mi ero trascinata dietro questa grande fatica per anni, in più non mi ritrovavo più nel clima politico di quel tempo - l’appartenenza allora si sentiva, si facevano scelte ideali – quindi vedere che un grande partito come la DC, al quale riconosco comunque grandi meriti nella storia della democrazia - avesse subito così improvvisamente questa caduta degli dei (ndr tangentopoli) è stato drammatico. Ripeto, l’appartenenza era forte e c’era. Anche la dignità mi ha fatto allontanare, non volevo collocarmi pur di collocarmi, senza convinzioni. Ancora oggi è difficile adeguarmi per me, faccio una scelta per impegnarmi, ma vorrei un centro. Considero infatti l’Udeur solo una parte del centro; ritengo infatti il centro spaccato, uno più schiacciato da una parte e l’altro, l’Udeur, un po’ meno allineato, autonomo in alcune occasioni: il contingente in Iraq, la legge sulla procreazione assistita, la posizione sulle cellule staminali. Nel vedere questo piccolo partito distinguersi su certe posizioni ho pensato: forse potrebbe essere l’inizio di una nuova strada.

 Come si sta muovendo nella campagna elettorale?

 Sto facendo una campagna elettorale molto sobria, senza pranzi, cene e grandi spazi. Giusto un piccolo spot televisivo, per il resto il partito sta pensando a manifesti, fac-simile, "santini" ed altro; per la prima volta qualcuno pensa a me. Tutto sommato sono in fase di attesa, di vedere quel che succederà: sul territorio per noi non c’è nessun militante, staremo a vedere che succede partendo praticamente da zero. Insomma, la mia candidatura è un punto di ri-partenza, per così dire l’inizio di un'esplorazione che non si sa dove porterà e come andrà a finire.

 C’è qualche critica che vorrebbe fare al modo di amministrare della Regione? O comunque, qualche consiglio che vorrebbe dare?

 E’ difficile non criticare, non solo la Regione Umbria ma chiunque gestisca o amministri. Sarebbe utopistico pensare che si possa soddisfare tutti. Forse bisognerebbe stare più vicini, sia nelle scelte che nella fase gestionale, a tutte le categorie di persone, informare tutti in modo più diffuso su notizie, finanziamenti, normativa. Insomma, bisognerebbe pubblicizzare meglio. Questo, del resto, anche nelle amministrazioni locali.

Per finire, le domande personali. Quali sono per lei i valori irrinunciabili?

La serenità: se si riesce ad essere sereni, a non maturare asti e rivalse, allora si può decidere con grande obiettività. Valore molto difficile, da conquistarsi con scelte precise, scremando e salvando pochissime cose importanti: ad esempio la famiglia, intesa non solo nel concetto cristiano che personalmente pratico, ma come cellula portante della società; il valore di patria anche, inteso non come nazionalismo, ma come legame con la propria terra, i conterranei, il prossimo.

E le sue passioni?

La politica direi, per me è una passione. Ed è la passione più grande della mia vita perché la intendo come un impegno per gli altri, come un’attuazione pratica degli insegnamenti della Chiesa per una vera solidarietà tra i popoli e tra le persone.