Come in Thomas Mann

E apparve lei, la dolce Inge, con lo stesso abito
che aveva allora, la schiena nuda, la gonna
che le arrivava alle caviglie, pudore ancora
e sfacciataggine. E lei rideva di me, la bionda Inge
e del mio modo goffo di guardarla. Era cominciata
la danza, nella stanza illuminata da candelabri
che avrebbero adornato una cattedrale normanna,
e solo il fruscio dei piedi e come in sogno la musica
di Strauss. Inge aveva il pallore affaticato
di una morte inventata, e nel volo del ballo
lentamente, come una bambola Lenci, decise
di cadere, ma non era un abisso, lui la sollevò,
era leggera come il vento che ogni notte
sorvola Vienna e le case ed i sospiri.
E allora fu un rossore sul volto di lei
e l’accenno di un bacio. E da allora
io sto tra due mondi e nessuno
è il mio.

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